
Parto in casa e in ospedale a confronto: i risultati dello studio
Partorire in casa non aumenta i rischi per il bambino, dice uno studio: a patto, però, che si verifichino alcune condizioni fondamentali. Ecco qua...
Partorire in casa può essere una scelta che punti a una nascita "naturale" e serena, ma occorre ponderare bene tutti i rischi e le possibili complicazioni: ecco cosa bisogna sapere prima di pensare al parto in casa
Avete mai pensato di partorire in casa? Mettere al mondo vostro figlio nel calore della tana che avete preparato per lui, in uno spazio che conoscete, circondate dal resto della famiglia e, ovviamente, da persone qualificate che garantiscano sicurezza e assistenza.
Partorire in casa non è una scelta così “naif” come potrebbe sembrare, ma una valida opzione da tenere da conto, a patto che sussistano determinate condizioni e che ci si affidi a personale di comprovata esperienza. In alcuni paesi occidentali, infatti, il numero delle madri che decidono di dare alla luce i propri figli tra le mura domestiche sono in aumento negli ultimi anni.
Non si tratta di una decisione semplice: il parto è un momento estremamente delicato, in cui sono sempre possibili imprevisti e complicazioni (anche se la gravidanza è stata del tutto fisiologica e priva di qualsiasi inconveniente o rischio).
D’altro canto, i vantaggi di natura psicologica, oltre al risparmio per il sistema sanitario, sono innegabili. Di solito, inoltre, il parto in casa consente un maggiore coinvolgimento del papà, e la mamma può avere sempre accanto a sé eventuali fratelli maggiori.
A me (anche se personalmente non ho preso in considerazione l’idea di partorire in casa) è sempre parsa anche una scelta in qualche modo in linea con la natura, che evita un eccesso di medicalizzazione della nascita, favorisce l’allattamento e il “bonding” immediato tra genitori e figlio.
Per poter pensare di partorire in casa, bisogna però tenere in considerazione tutta una serie di fattori, a cominciare naturalmente dall’assenza di complicazioni durante la gravidanza, che deve inoltre essere giunta a termine.
È molto importante, poi, verificare l’esperienza di chi dovrebbe la puerpera nel parto a domicilio: per aiutare un bimbo a nascere in casa, l’ostetrica aver assistito, negli ultimi cinque anni, ad almeno venti parti in casa o in una Casa di Maternità (o in alternativa aver acquisito una documentata esperienza, per lo meno quinquennale, in una sala parto ospedaliera e in un reparto di neonatologia).
Partorire in casa non aumenta i rischi per il bambino, dice uno studio: a patto, però, che si verifichino alcune condizioni fondamentali. Ecco qua...
Il mio consiglio, inoltre, è di studiare bene i tempi di un eventuale trasferimento d’urgenza in ospedale. Gli imprevisti, durante il travaglio, sono sempre possibili, ed è fondamentale avere la possibilità di accedere a cure specialistiche in modo più che tempestivo.
In qualche caso, anche pochi minuti di ritardo nel soccorrere un nascituro in difficoltà possono fare la differenza tra la vita e la morte. Valutate quindi di rivedere i vostri piani per il parto qualora il più vicino ospedale attrezzato per una eventuale emergenza non sia, dopotutto, così vicino!
Il parto in casa, inoltre, è sconsigliato quando il travaglio comincia troppo presto (prima della 36ima settimana), se il bambino si trova in posizione podalica o se la mamma ha avuto un cesareo in precedenza.
È opportuno ricorrere al ricovero in ospedale anche quando il bambino o la madre siano affetti da qualche patologia (incluse anemia o ipertensione), o in presenza di anomalie nell’inserimento della placenta e nel battito cardiaco fetale. In caso di rottura delle acque, infine, è assolutamente fondamentale recarsi in ospedale se il liquido amniotico non è limpido, o se le membrane sono rotte da oltre 24 ore e il travaglio non è ancora concluso.
In Italia sono sorte negli ultimi anni diverse “Case della maternità” che permettono di partorire in un ambiente familiare e accogliente, meno medicalizzato dell’ospedale e più simile, in qualche modo, a un’abitazione vera e propria. Mi sembra un compromesso molto interessante per chi voglia vivere un’esperienza di nascita più “naturale” ma garantirsi comunque l’accesso immediato a cure ospedaliere di alto livello.
Credo infine che anche in ospedale si debba andare nella direzione di un minore ricorso a pratiche invasive (dall’induzione del travaglio alla scollatura delle membrane, dalla rottura forzata delle acque all’episiotomia) e a una filosofia che metta al centro il benessere, anche psico-emotivo, della partoriente.
IMPORTANTE:
La scelta del parto in casa deve essere eventualmente valutata con le figure professionali preposte, nel rispetto delle indicazioni scientifiche.
Suggeriamo la lettura di questi contributi sul The Lancet e sul sito dell’ISS – Istituto Superiore di Sanità.
Articolo originale pubblicato il 10 agosto 2020
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