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L'esperienza del parto è ancora oggi oggetto di pregiudizi e stereotipi. Analizziamo quelli intorno al dolore del parto.
Partorire, uno degli eventi probabilmente più intimi e personali della vita di una donna e di una coppia, è ancora oggi oggetto di numerosi stereotipi, pregiudizi e luoghi comuni. In modo particolare lo è il parto naturale. Dal parto naturale idealizzato al cesareo visto come scelta di comodo, dall’epidurale accusata di “rovinare l’esperienza” al dolore considerato inevitabile, le opinioni, spesso frutto della sola esperienza personale, rischiano di condizionare le donne e far vivere loro un senso di colpa e inadeguatezza del tutto infondato.
Il modo di partorire è cambiato nel corso dei secoli. Anche lo stesso parto naturale, pur mantenendo invariati alcuni fisiologici elementi, è oggi una procedura diversa rispetto a quella di pochi decenni fa. Basti solamente pensare al fatto che in passato si partoriva in casa e come questa scelta sia oggi altrettanto criticata dai fautori del parto vaginale nudo e crudo. Di certo c’è la diffusa necessità di disquisire e giudicare sulle scelte altrui, in modo particolare quelle che attingono alla sfera intima com’è, appunto, l’esperienza del parto.
Il parto naturale è per sua natura doloroso. Una dimensione che, anche in relazione alle note parole della Bibbia (tenendo conto di interpretazioni diverse della vulgata comune del testo sacro), ha radicato l’idea che il dolore fosse una sorta di passaggio inevitabilmente legato alla sofferenza, quasi un destino inscritto nella condizione femminile. Da qui il rifiuto o quasi l’imbarazzo nell’accogliere l’idea che si possa partorire senza soffrire. Che è quello che consente in molti casi la partoanalgesia, in modo particolare quella farmacologica con l’epidurale.
I punti della questione sono diversi e intercettano sia la dimensione culturale che l’idea che soffrendo meno si abbia minore controllo sull’accaduto. Motivo per cui anche lo stesso parto cesareo viene visto come una modalità di qualità inferiore rispetto al parto vaginale. Di per sé, però, l’epidurale non eliminare il controllo delle contrazioni e il ruolo della donna nella nascita del bambino. Senza considerare che paradossalmente se è vero che l’epidurale diminuisce i dolori, spesso prolunga la durata del travaglio, rendendo il parto più faticoso e stressante.
Inoltre, qui come altrove, il pregiudizio più che sull’epidurale in sé sembra essere sulle scelte delle donne, replicando schemi visti ampiamente anche in altre realtà. Il punto non è tanto quanto si soffre durante il parto, ma dover commentare e giudicare le scelte altrui. In questo senso per molte donne aumenta la paura del parto anche perché convinte che l’epidurale sia pericolosa, quando l’evidenza scientifica mostra il contrario.
Il pregiudizio sull’epidurale e sul modo in cui le donne scelgono di partorire ha portato molte gestanti a maturare convincimenti sbagliati. Spesso, come evidenziato dalla Società Italiana Studi di Medicina della Riproduzione (Sismer), molte donne hanno richiesto il taglio cesareo perché convinte fosse meno pericoloso e doloroso, quando in realtà non è così. Infine, non va sottovalutato come lo stesso parto naturale non sempre sia del tutto spontaneo e privo della necessità dell’intervento medico.
Esistono molti modi per partorire. C’è il parto naturale vero e proprio, che avviene spontaneamente senza interventi esterni, e c’è il parto vaginale assistito, in cui il medico o l’ostetrica intervengono con strumenti o tecniche specifiche quando il travaglio presenta difficoltà. A queste forme più comuni si affiancano altre possibilità sempre più diffuse come il parto in acqua, scelto da chi desidera un ambiente più intimo e rilassante, o il parto in casa, praticabile solo in condizioni di totale sicurezza e con la presenza di personale qualificato. In alcuni casi può rendersi necessario il parto cesareo, programmato o d’urgenza, oppure si può optare per l’induzione farmacologica del travaglio. Esiste anche la possibilità di un parto vaginale dopo un precedente cesareo, se le condizioni cliniche lo consentono.
Questa breve panoramica per dire che tutte le opzioni sono valide e che la scelta è frutto della decisione individuale della donna e delle evidenze mediche che possono più o meno sconsigliare o controindicare una tipologia di parto. È doveroso però sottolineare come in questa tipologia di scelte la sola dimensione medica e clinica non risolve ogni problema. E scegliere soluzioni magari non propriamente aderenti alle linee guida nazionali e internazionali non significa non credere nella scienza, nella ricerca o nella medicina, ma preferire alternative più in linea con la propria personalità e sensibilità. Dimensioni queste troppo spesso trascurate in nome di un parto eccessivamente medicalizzato, espressione utilizzata oltretutto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Oggi a differenza del passato le opzioni per partorire sono diverse e le donne hanno a disposizione più strumenti e risorse per vivere questo momento in maniera migliore. È una scelta che si basa sui propri convincimenti personali. La decisione su come partorire, quindi, deve essere libera e consapevole e per essere tale deve essere realmente informata. Non si tratta di imporre un metodo rispetto a un altro, ma di consentire alla gestante di vivere l’esperienza del parto nella maniera meno difficoltosa possibile. Le possibilità ci sono e al netto delle preferenze e scelte personali è necessario che ogni donna possa poter accedere a tutte le soluzioni disponibili.
Anche perché non è solamente la dimensione fisica quella che va presa in considerazione. Uno studio pubblicato sulla rivista Psychofenia: Ricerca ed Analisi Psicologica mostra che il parto non incide solo sul corpo ma anche sulla sfera emotiva. Subito dopo la nascita, chi partorisce in modo spontaneo può vivere maggiori stati di ansia, mentre il parto cesareo tende a lasciare tracce più profonde sul piano depressivo e fisico, soprattutto per chi ha già avuto altre gravidanze. Nel lungo periodo, però, il parto spontaneo appare più favorevole per l’equilibrio psicologico, mentre il cesareo, essendo un’esperienza più passiva, può risultare più difficile da elaborare. Ogni donna, in quanto persona individuale, vive e sceglie di vivere l’esperienza del parto nella maniera non più naturale, ma più serena possibile.
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