
In una piccola percentuale di casi al momento di venire alla luce il bambino si presenta con la testa in alto e le natiche puntate verso il basso: ...
Eutocico, distocico e cesareo: si procede con un tipo di parto oppure con gli altri a seconda delle condizioni della mamma e del feto. Vediamoli nel dettaglio.
Tutti lo conosciamo come parto naturale, anche se sarebbe più opportuno chiamarlo parto vaginale. Il suo nome tecnico è parto eutocico, quello che avviene spontaneamente senza che vi sia l’ausilio di strumenti né che venga indotto il travaglio tramite ossitocina. Il parto vaginale o eutocico si svolge in quattro fasi:
Questa tipologia specifica di patto eutocico non è consigliata dall’Organizzazione mondiale della Sanità se non in casi specifici in cui c’è una oggettiva difficoltà di espulsione o se il travaglio si protrae eccessivamente.
Il medico pratica l’episiotomia, ossia una piccola incisione del perineo per agevolare l’espulsione del feto. Non è priva di effetti collaterali, e può prolungare il tempo necessario per il recupero post-parto. Per questi motivi dovrebbe essere utilizzata solo quando effettivamente necessario, anche se spesso non è così e la sua diffusione è più alta delle reali necessità.
Idealmente, in prossimità del parto il bambino si rivolge posteriormente (verso il dorso della donna), con faccia e corpo girati su un lato e collo flesso: si tratta della cosiddetta presentazione cefalica, ideale per un parto naturale. Se questo posizionamento non avviene e insorgono complicazioni si parla di parto distocico, che richiede un intervento medico.
Per diversi motivi (presentazione del bambino o complicazioni materne) diventa quindi necessario intervenire con specifiche manovre di riposizionamento fetale, attraverso il forcipe o la ventosa (intervento operativo) oppure con taglio cesareo (intervento chirurgico).
Il forcipe oggi in realtà è quasi in disuso: era un attrezzo che si “agganciava” alla testa del bambino, agevolandone l’estrazione, potenziando la spinta della madre. Più usata è la ventosa: una coppetta in silicone o in plastica che aderisce alla testa del bimbo esercitando trazione e aspirazione.
Si può rendere necessario un parto distocico quando il feto è in condizioni di malposizionamento o malpresentazione. Ecco le più comuni.
Si tratta della più comune presentazione anomala. Il feto è in presentazione cefalica, ma con il viso verso l’alto (verso l’addome della madre).
Seconda posizione o presentazione anomala più comune. Il feto è rivolto verso il canale del parto con le natiche o con i piedi. Le complicanze in questo tipo di parto sono meno frequenti se la presentazione podalica viene individuata prima del travaglio, come avviene nella maggior parte dei casi.
In una piccola percentuale di casi al momento di venire alla luce il bambino si presenta con la testa in alto e le natiche puntate verso il basso: ...
Le altre presentazioni anomale, che se il feto non cambia in prossimità del parto rendono necessario un parto distocico, sono:
Questo intervento chirurgico consiste nel praticare un’incisione nella parete sia dell’addome sia dell’utero materno. Si procede in questo modo soprattutto quando il parto vaginale non è possibile, per diverse ragioni:
Anche nel caso in cui la gravidanza è gemellare si ricorre quasi sempre al parto cesareo. Sono due le tipologie di taglio cesareo: elettivo e d’urgenza.
Il parto cesareo (o taglio cesareo) è una pratica sempre più diffusa: indicazioni, benefici e rischi rispetto al parto naturale.
Viene programmato intorno alla 38^ settimana di gestazione se ci sono problematiche di mamma o feto che vengono attentamente valutate dal medico. Il parto cesareo può essere anche una scelta della madre, che va ponderata attentamente.
A differenza del parto spontaneo, la mamma non va incontro alle contrazioni del travaglio poiché la nascita avviene tramite intervento chirurgico che si svolge in anestesia. Non è tuttavia un intervento privo di rischi, e per questo motivo la scelta deve essere valutata attentamente dalla donna e dal medico curante.
Si effettua quando la donna ha già le contrazioni, ma durante il travaglio insorge una complicazione tale da rendere impossibile la prosecuzione per via naturale.
Articolo originale pubblicato il 6 novembre 2019
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