Quello che per molte donne appare facile e scontato per altre non lo è. Anche per quel che riguarda l’allattamento al seno, infatti, esistono una serie di controindicazioni che ne compromettono la fattibilità. Molte donne si domandano se la presenza di un capezzolo piatto costituisce un problema per l’allattamento.

È importante innanzitutto capire cosa si intende per capezzolo piatto e precisare fin da subito che la presenza di questa particolare conformazione del capezzolo non corrisponde all’impossibilità di allattare. Scopriamo perché e come aiutare le donne che possono incontrare difficoltà nell’attaccamento del proprio bambino.

Capezzolo piatto: cause e morfologia

Il capezzolo, la sporgenza posta all’apice della mammella nella quale confluiscono i dotti ghiandolari che permettono al latte materno di fuoriuscire, può essere di diverse forme. Si parla di capezzolo piatto quando non sporge dall’areola.

Questa particolare condizione può riguardare un solo capezzolo o entrambi e la causa può dipendere dalla lunghezza dei dotti lattiferi, dalla quantità di grasso che costituisce il seno o dalla densità del tessuto connettivo presente sotto i capezzoli.

Nelle donne con capezzolo piatto può capitare che questi sporgano durante la stimolazione sessuale, se esposti al freddo, ma anche durante la gravidanza o entro la prima settimana di vita del bambino. Anche i capezzoli, così come tutto il seno, possono subire delle modificazioni durante la gravidanza e non è raro che donne con capezzoli piatti si ritrovano con capezzoli “normali” e tali da consentire un allattamento agevole.

In altri casi, invece, il capezzolo rimane piatto e non protrude neanche se sollecitato.

Capezzolo piatto e capezzolo introflesso: differenze

Nonostante siano entrambe condizioni che incidono sulla classica forma, il capezzolo piatto è differente dal capezzolo introflesso. Nel primo caso il capezzolo non sporge dall’areola, mentre nel caso di quello introflesso il capezzolo è leggermente concavo rispetto alla superficie della mammella.

Per capire se il proprio capezzolo è piatto o introflesso è possibile premere l’areola in prossimità del capezzolo utilizzando il pollice e l’indice imitando il meccanismo di suzione del bambino; se il capezzolo si ritrae si tratta di una forma di introflessione, altrimenti se non c’è alcun tipo di movimento si parla di capezzolo piatto.

Capezzolo piatto e allattamento: come fare?

Come abbiamo anticipato la presenza di un capezzolo piatto non è di per sé un impedimento per l’allattamento al seno. Questo perché, innanzitutto, come dice l’espressione stessa, si parla di allattamento al seno e non al capezzolo.

Nonostante qualche difficoltà iniziale (possibile anche per le donne con capezzoli non piatti), il bambino riesce a stimolare la produzione di latte e ad assumerlo correttamente mettendo in bocca sull’areola. In questi casi il capezzolo svolge comunque la sua funzione necessaria per l’allattamento.

Difficoltà più serie possono verificarsi con i bambini nati da un parto prematuro e con quelli che presentano dei problemi di suzione; anche in questi casi però, con un po’ di pratica e di precauzioni, è possibile permettere al bambino di nutrirsi al seno o di prendere il latte materno. Scopriamo quali consigli e accorgimenti seguire per facilitare le operazioni.

1. Trattamento dei capezzoli

Nonostante opinioni contrastanti in campo medico, esistono diverse tecniche e trattamenti per migliorare la gestione del capezzolo piatto durante l’allattamento. Una delle più note è la cosiddetta tecnica di Hoffman che consiste nel posizionare due dita sulla base del capezzolo, premere verso l’interno e per poi distendere le dita in modo da allentare la rigidità dei tessuti del capezzolo contribuendo a farlo sporgere verso l’esterno. Inoltre in commercio si trovano anche siringhe con lo scopo di estrarre, simulando la suzione, il capezzolo.
Ognuna di queste soluzioni va valutata prima di essere eseguita e sebbene generalmente non hanno controindicazioni è preferibile consultare il proprio ginecologo, un’ostetrica specializzata o un professionista dell’allattamento per ricevere consigli e informazioni sulla procedura migliore da seguire.

2. Uso del tiralatte o di altri dispositivi di aspirazione

Per l’allattamento in presenza di un capezzolo piatto, specie nei bambini che presentano difficoltà nell’attaccamento, l’utilizzo di un tiralatte o di un altro strumento di aspirazione può rivelarsi molto utile. Il tiralatte si rivela utile sia per l’estrazione del latte (da dare al bambino tramite biberon) che per stimolare l’uscita del capezzolo e consentire l’attacco del bambino.

3. Spremere il latte manualmente

Similmente a quanto detto per il tiralatte anche la spremitura manuale può essere utilissima per quei bambini che non riescono a prendere il latte attaccandosi al seno. Si tratta di una procedura molto semplice che può essere appresa rapidamente ed eseguita in qualsiasi momento.

4. Tirare indietro la mammella

Se il capezzolo non sporge durante l’allattamento si può “premere” la mammella verso l’interno in modo da favorire l’attacco del bambino. È sufficiente tirare verso l’interno il tessuto mammario intorno all’areola in modo da consentire al bambino di prendere il latte direttamente dal seno materno.

5. Conchiglie proteggi capezzoli

Esistono anche dei dispositivi, come i paracapezzoli (sebbene per questi ci siano opinioni controverse in quanto, tra le altre cose, sembrerebbero ridurre la quantità di latte), che si adattano alla mammella e permettono di proteggere i capezzoli e favorire la loro estrazione per migliorare l’attaccamento del bambino.

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