
Per essere efficaci i paracapezzoli vanno usati e scelti correttamente. Solo così possono aiutare le mamme che hanno problemi con l'allattamento.
Cosa significa avere il capezzolo introflesso? Ecco quali sono le cause, le conseguenze e i 7 consigli su come gestire l'allattamento.
Il più delle volte si tratta di una particolarità congenita senza conseguenze gravi, che tuttavia può provocare difficoltà nell’allattamento. Ecco i 7 consigli per allattare più facilmente.
Il capezzolo introflesso rappresenta una particolare tipologia di capezzolo che tende a ripiegarsi all’interno del seno; non diventa turgido se non al freddo o alla stimolazione manuale, anzi, a volte non sporge nemmeno in questi casi. Questa caratteristica può riguardare sia uomini che donne, e può comparire in un solo capezzolo o in entrambi.
Nella maggior parte dei casi si tratta di una caratteristica ereditaria. Altre volte può derivare da un’infiammazione.
Il capezzolo introflesso, di per sé, non è indice di una patologia, ma è piuttosto un’anomalia congenita. Una delle cause più comuni si riconduce ai dotti galattofori corti. Tra le altre cause ci sono infiammazioni, come la mastite, o interventi chirurgici.
Avere questa conformazione del capezzolo, quindi, non deve allarmare. Bisogna però prestare attenzione quando l’introflessione è accompagnata dalla fuoriuscita di sangue oppure è in concomitanza di un nodulo. In questi casi la causa potrebbe essere un tumore al seno.
Il più delle volte il capezzolo introflesso non ha conseguenze per la salute, ma potrebbe rendere difficile l’allattamento.
Quando l’introflessione è lieve e non troppo evidente, il bambino non avrà difficoltà ad attaccarsi al seno (soltanto nei casi di nascita prematura il neonato potrebbe avere qualche problema nella suzione).
Quando invece l’introflessione è consistente, il capezzolo si ritrae completamente alla pressione dell’areola e di conseguenza l’allattamento sarà compromesso. Il bambino non riesce ad attaccarsi per prendere il latte perché il capezzolo è tutto ripiegato all’interno. Esistono dei modi per risolvere il problema, a volte trattando il capezzolo durante la gravidanza, più spesso dopo il parto (prestando attenzione alla posizione in cui si allatta).
Non tutti i medici sono d’accordo a trattare i capezzoli durante la gravidanza. Diversi esperti sostengono che i cambiamenti ormonali della gravidanza, fino al parto, possono modificare in modo naturale il seno e i capezzoli per favorire l’allattamento.
Ecco alcune strategie da utilizzare quando il neonato ha difficoltà ad attaccarsi al seno a causa del capezzolo introflesso.
I modellatori di capezzolo aiutano a far sporgere i capezzoli; si applicano su di essi prima di indossare il reggiseno. Vengono adoperati in gravidanza, quando la pelle è più elastica e riescono così a far sporgere il capezzolo verso l’esterno. Dopo la nascita, si applicano per circa 30 minuti prima di allattare.
Si tratta di una tecnica usata sia in gravidanza sia dopo il parto, volta a distendere il tessuto alla base del capezzolo per farlo fuoriuscire verso l’esterno.
Il tiralatte aiuta il capezzolo a protendersi per rendere più facile l’attaccamento del neonato al seno.
Si può stimolare il capezzolo maneggiandolo con le dita per un paio di minuti: questo ne facilita la protrusione.
Si tratta di una piccola mammella in silicone che si appoggia sul capezzolo; è fornita di piccoli buchi che fanno uscire il latte e permettono al bambino di attaccarsi con più facilità.
Per essere efficaci i paracapezzoli vanno usati e scelti correttamente. Solo così possono aiutare le mamme che hanno problemi con l'allattamento.
Trovare la posizione più comoda per allattare è fondamentale, soprattutto per chi ha il capezzolo introflesso, perché il bambino deve imparare ad attaccarsi bene.
Si consiglia di allattare il prima possibile, appena dopo il parto e almeno ogni paio d’ore. Questo aiuta a prevenire eventuali ingorghi e permette al bambino di imparare ad attaccarsi al seno.
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