Retaggio del passato o modelli per una nuova sperimentazione pedagogica? Ecco cosa sono e come funzionano le pluriclassi.
Bagni separati da quelli degli altri bambini, ricreazione solitaria, esclusione da giochi e altre attività che potessero causare promiscuità e contatti troppo ravvicinati. È l’esperienza che hanno dovuto vivere due rifugiati di 14 anni (oppure 9 e 12, secondo altre fonti, visto che l’età è solo presunta) nella scuola di Cagliari che frequentano da quando, con un viaggio della speranza nel quale hanno probabilmente perso i genitori, sono sbarcati nel nostro paese alcuni mesi fa.
Le suore che gestiscono la struttura scolastica, stando a quanto riferisce una delle tutrici dei due bambini, hanno accolto a braccia aperte i piccoli rifugiati, ma si sono dovute scontrare da subito con la reticenza dei genitori degli altri alunni, per niente contenti che i propri figli condividessero i banchi di scuola con i due migranti.
Nonostante una serie di incontri per tranquillizzare le famiglie, due iscritti sono stati trasferiti in un’altra scuola, e gli altri hanno continuato a frequentare solo con la garanzia che i giovanissimi rifugiati utilizzassero un bagno a parte, e non partecipassero alla ricreazione o ad altre attività passibili di contratti troppo ravvicinati.
Il rischio, secondo i genitori degli alunni italiani, era che i due sfortunati piccoli potessero trasmettere ai propri figli fantomatiche malattie pericolose. I bambini, in realtà, sono perfettamente sani, come hanno dimostrato le certificazioni mediche prodotte da chi li ha in tutela.
“Si sono sollevate questioni di salute per possibili trasmissioni di chissà quali malattie, e così si sono indicati due bagni separati, ma abbiamo presentato a madri e padri preoccupati tutte le certificazioni mediche dell’Asl“, ha spiegato l’avvocato Marina Bardanzellu, tutrice di uno dei bambini.
La decisione di allestire una toilette dedicata, però, ha scatenato aspre proteste da parte di altri genitori e dell’opinione pubblica, con accuse di razzismo e di apartheid. Interrogati dalla stampa, alcuni dei genitori coinvolti hanno negato le accuse di razzismo, spiegando che la richiesta di un bagno separato derivava dalla presunta età dei rifugiati, apparentemente molto maggiore di quella dei compagni della quinta elementare in cui sono stati inseriti.
Le due legali che hanno la tutela dei bambini, però, riferiscono di un clima non troppo ospitale e di un atteggiamento segnatamente freddo da parte dei compagni di classe, a loro dire originato dai commenti dei genitori. Le suore che gestiscono la scuola cagliaritana, alla fine, hanno deciso di fare dietrofront, eliminando il bagno separato. I bambini, intanto, non hanno ancora raccontato a nessuno l’orrore che hanno vissuto nel loro viaggio verso l’Italia. “Ancora non sappiamo che cosa hanno alle spalle, sono molto sensibili e chiusi, ma hanno sofferto tanto ed hanno bisogno di noi – ha aggiunto Marina Bardanzellu – Per questo anche le suore hanno spiegato che non solo non devono essere emarginati ma che sono come i nostri figli“.
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