L'obiettivo è quello di raggiungere una maggiore parità di genere. La nuova legge prende in considerazione diversi modelli di famiglia.
Gli studenti sono felici quando sono in classe? Che cosa potrebbe accrescere la loro felicità? E la felicità potrebbe trasformarsi in passione per lo studio?
Sono queste le domande che un gruppo di insegnanti dell’Istituto Pascal di Chieri, in provincia di Torino, si sono poste nell’arco del periodo pandemico, la cui risposta confluirà nell’apertura della prima scuola elementare d’Italia in corso di accreditamento da parte del Ministero dell’Educazione finlandese, prevista a settembre 2023.
L’International Daisy Primary School sorgerà negli spazi della scuola Sant’Anna di piazza Mazzini, a Chieri, ora sede di un asilo nido e ospite, in passato, di scuole elementari e materne. Una lunga tradizione che sarà, dunque, perpetuata e rinnovata, e che vedrà l’incontro e il dialogo proficuo tra la profondità storica del modello scolastico italiano e l’originalità di quello finlandese, in un connubio dal respiro internazionale che promuoverà scambi culturali, una formazione costante e un approccio educativo volto alla valorizzazione del benessere individuale e collettivo.
«Il sistema didattico finlandese ha fama di essere il migliore al mondo – spiegano Monica Ferri, insegnante di arte e di cinese e coordinatrice dei laboratori, e la dirigente scolastica Nicoletta Coppo, tra le fautrici principali del progetto -, e negli anni ne abbiamo tratto spunti per la nostra Scuola Media Internazionale Holden e i Licei Pascal. Dal momento che volevamo completare la nostra offerta formativa inserendo la primaria, abbiamo, quindi, pensato di adottare il metodo finlandese».
Il risultato sarà un progetto educativo rivoluzionario, il primo di questo genere in Italia, dove cooperazione, rispetto, integrazione ed empatia saranno gli assi primari su cui si muoveranno le giornate di lezione, gli insegnamenti e le attività didattiche della scuola elementare Daisy.
L’obiettivo è, infatti, quello di crescere bambini curiosi, dinamici e liberi, preparati al confronto internazionale e capaci di sviluppare un pensiero critico autonomo e strutturato. Per farlo, l’ambiente in cui i più piccoli saranno immersi presenterà cardini saldi e puntuali, improntati alla condivisione, alla tolleranza e all’aiuto reciproco e osservati da una prospettiva multiculturale, ossia: inclusività, autonomia, spazio per apprendere, learning by doing, cura e scuola itinerante.
Ne abbiamo parlato con Nicoletta Coppo, a capo dell’Istituto Pascal e promotrice, insieme alla socia Monica Ferri e a un gruppo di donne visionarie e illuminate, dell’International Daisy Primary School.
Com’è nata l’idea di fondare la prima scuola elementare con metodo finlandese d’Italia e d’Europa? E quali sono stati i motivi che vi hanno condotto a partorire questo desiderio?
La nostra esperienza sui banchi della scuola media e dei licei ci ha condotto, negli anni, a delle riflessioni che non avevano come oggetto la realizzazione di una scuola, bensì si ponevano alla stregua di domande aperte che rivolgevamo a noi e ai docenti: quesiti aperti su cui ci interrogavamo, e ai quali, poco per volta, si sono avvicinate sempre più persone dell’Istituto Pascal. È stato poi il Covid che, con la sospensione dell’attività scolastica, ci ha offerto l’occasione di iniziare a trovare delle risposte a quelle stesse domande. Il quesito di partenza è stato: ma i nostri ragazzi sono felici, quando sono in classe? Quando entrano a scuola, sono felici di sposare il sapere e capire, fare delle domande, essere propositivi? La risposta era quasi ovvia: no, perché i ragazzi erano demotivati. Allora ci siamo chiesti che cosa potessimo fare concretamente, e, dato che la nostra scuola è fondata su una riforma risalente agli anni ’70, abbiamo pensato fosse necessario introdurre una rivoluzione. Così, abbiamo iniziato a farlo con il nostro Istituto, e il desiderio di cambiamento ci ha condotto, al contempo, a fare anche un’indagine sui metodi educativi utilizzati in Europa. Di qui, sono seguiti numerosi viaggi, confronti e studi, fino alla creazione dell’International Daisy Primary School.
Come vi siete mosse per porre le radici dell’International Daisy Primary School? A chi vi siete rivolte per avere maggiori informazioni e approfondimenti circa il metodo educativo finlandese?
In primo luogo, ci siamo documentati e abbiamo letto moltissimi libri. Un esempio? Italo Calvino. Sembra “stupido” che Calvino possa influenzare l’idea di scuola, ma è così: ogni suo racconto è intriso di creatività, passione, libertà, pur essendo profondamente radicato a terra. Un altro grande scrittore che, in punta di piedi, ha regalato un soffio di curiosità è Gianni Rodari, sempre più attuale e innovativo. Così come Rousseau, e molti altri. Ci siamo, quindi, nutriti di letture strategiche, in grado di riportarci a una sorta di “stato di natura positivo”, che potesse sfrondare tutte le costruzioni avvenute in questi ultimi anni. Le riforme che si sono susseguite nei decenni, infatti, non hanno aiutato la scuola, ma l’hanno sempre più depauperata: noi abbiamo cercato di mantenerne lo scheletro, andando a mettervi sopra le nostre idee. E le nostre idee partono da questi grandi autori – tra cui spicca anche Natalia Ginzburg con il suo Le piccole virtù. E poi ci sono stati, naturalmente, anche i viaggi, in Finlandia, Svezia e Danimarca, dove siamo stati a lezione con gli insegnanti e abbiamo avuto la preziosa occasione di vivere gli ambienti scolastici, considerati “casa” dagli alunni: lo si evince dalla responsabilità e dal rispetto che li abitano, derivanti da un’educazione di base totalmente diversa.
Come avvicinare i più piccoli alla lettura? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Chiara Mancarella, che ci ha dato alcuni consigli utili.
In ultimo, quali sono i risultati sperati a livello educativo, nei bambini e nelle bambine che frequenteranno la scuola Daisy? E quale ruolo ricopriranno le famiglie coinvolte?
Per quanto riguarda i risultati sperati, ci poniamo come obiettivo quello di costruire l’identità di futuri cittadini – italiani e del mondo – che sia quanto più possibile vera, trasparente e basata su sani principi. Potrebbe essere l’affermazione di un uomo politico o di una donna politica, ma in realtà, se noi iniziamo a dare ai ragazzi il senso di bene comune e del suo rispetto – dalle piccole alle grandi cose -, questa sarebbe, per noi, una conquista culturale enorme. Rispettare il bene comune significa rispettare i compagni, il lavoro degli altri, la cartella del vicino. E le famiglie, se vengono da noi e sposano l’idea della nostra scuola, credo che saranno le prime a promuovere i medesimi ideali anche tra le mura domestiche.
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