Niente mostri, fantasmi, bestie feroci o lupi mannari. Niente orsi colossali, tuoni, squali affamati e mari in tempesta. Le paure dei miei bambini, che oggi hanno sei e quattro anni, attingono raramente al fantastico, al fiabesco, all’immaginario. La loro fantasia non costituisce per loro una minaccia, salvo rarissime eccezioni. Davide e Flavia sanno istintivamente che non è di questo, che devono avere timore. Non è dai libri, dalle storie, dalle fiabe, che devono guardarsi.

Né tantomeno dagli animali, dalla furia degli elementi, dalla potenza della natura. I miei figli hanno molte paure, infantili eppure adulte, irrazionali ma in qualche modo consapevoli. Fantasmi che originano nella profondità del loro inconscio, né più né meno di quelli con cui devo fronteggiarmi io.

Quel buio che spaventa

bambini e paura del buio

C’è la paura del buio. Un grande classico intramontabile. Eredità e retaggio del nostro passato lontano di scimmie che erano esposte agli attacchi dei predatori feroci annidati nell’oscurità. Che poi, a ben vedere, si tratta più precisamente della paura di stare soli nel buio, almeno per i miei figli.

Perché basta tenersi la mano, sincronizzare il respiro, cantare a bassa voce (e ascoltare) una ninna nanna, e l’oscurità all’improvviso smette di apparire così minacciosa, ostile, imperscrutabile.

La paura del buio, che quando i miei figli saranno cresciuti lascerà forse il posto al timore dell’ignoto e dell’insondabile. C’è la paura del sangue. Del dolore, delle medicine. Che però, per qualche ragione misteriosa, si rivela quasi sempre inversamente proporzionale alla reale minaccia che la scatena.

Nessuna lacrima per vaccinazioni e prelievi, ma tragedie epocali per graffietti appena visibili, ginocchia sbucciate e operazioni banali come il taglio delle unghie dei piedi.

Gelosia e insicurezza

C’è la paura di essere secondi. Una paura che io, madre duplice ma figlia unica, non ho dovuto affrontare nella mia lunga infanzia. La paura che l’altro fratello (o sorella) possa essere più bravo, più veloce, più forte, più divertente, più lodato, più coccolato. Che possa essere più amato, in ultima analisi.

Anche se ogni giorno noi genitori facciamo tutto quello che è in nostro potere, e forse anche di più, per dimostrare loro quanto queste eventualità sia assolutamente assurda e impossibile. Una paura sottile ma indomabile, che forse non lascia mai nessuno dei miei figli, e che esige continue rassicurazioni, pazienza e infinito amore.

Quando la paura è “colpa” dei grandi

C’è la paura delle urla, dei contrasti, della rabbia. Quella paura che scorgo nei loro occhi trasparenti quando esagero nel rimproverarli e, soprattutto, quando commetto il grave errore di discutere in loro presenza con il loro papà.

Una paura che agghiaccia e disarma, che raggela tutto. Una paura, soprattutto, che mi fa sentire in colpa, perché è misura della mia umana debolezza di madre e della mia incapacità di impedire che, ogni tanto, venga fuori il peggio di me. Anche dinanzi ai miei figli.

Il fantasma peggiore: il fallimento

C’è, ogni tanto, subdola e ostinata, la paura di sbagliare. Di fallire, di non essere all’altezza, di deludere le aspettative di mamma e papà. Di non dimostrarsi “abbastanza”. La paura più amara, per me, la più difficile da digerire. L’unica che in fondo rifiuto di accettare, e che invece spero pian piano di riuscire a stroncare in modo definitivo. Una paura che spaventa me per prima, perché la conosco bene, e so che può mettere radici e sedimentare in fondo all’anima, minando l’autostima e la consapevolezza di sé.

Una paura che mi fa male, perché vorrei che i miei figli si amassero per come sono, che imparassero a perdonare i propri sbagli e ad accettare i propri limiti. E, soprattutto, che non dubitassero mai, nemmeno per un momento, del mio amore incondizionato e del mio rispetto nei loro confronti, che non potrà mai venir meno.

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