I disturbi convulsivi sono la complicanza neurologica più frequente (0,3%-0,8% di tutte le gestazioni secondo i dati di questo studio) in gravidanza. Una patologia come l’epilessia non preclude la possibilità di avere una gravidanza o, come evidenziato dal Manuale MSD, di dare alla luce bambini sani.

Nel corso degli ultimi anni è aumentata l’informazione e la consapevolezza in materia, tanto che la Lega italiana contro l’epilessia, come riportato dall’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI), riferisce che più del 90% delle donne con epilessia ha un esito felice della gravidanza, e solo raramente la gestazione influisce sulla crisi.

Anzi, nel 20-30% dei casi le donne sperimentazione un miglioramento della frequenza delle crisi durante questo periodo e ancor più raramente (4-6%) la malattia viene trasmessa al figlio.

È comunque utile e importante mantenere alta l’attenzione in materia, anche per quell’atteggiamento spesso di sospetto o pregiudizio nei confronti delle donne con disabilità o condizioni non culturalmente accettate che decidono di diventare madri.

Cos’è l’epilessia e da cosa dipende?

L’epilessia, spiega la Società Italiana di Neurologia (SIN), è una malattia caratterizzata dalla persistente predisposizione dell’encefalo a generare crisi epilettiche (manifestazioni cliniche variegata di durata variabile) causate da impulsi elettrici abnormi di uno o più gruppi di neuroni. Può verificarsi a tutte le età, ma è più frequente nei bambini e negli anziani.

Sono diverse le condizioni responsabili dell’insorgenza dell’epilessia: anomalie genetiche, ictus cerebrali, traumi cranici, tumori cerebrali e malattie infiammatorie, ma un 30% delle epilessie continua ad avere una causa sconosciuta.

La terapia dell’epilessia, che ha come obiettivo quello di ridurre o eliminare le crisi e migliorare la qualità della vita, si basa sull’utilizzo di farmaci antiepilettici e, solo in alcuni casi, sulla terapia chirurgica per la rimozione della regione del cervello responsabile delle crisi.

Epilessia e gravidanza: i rischi

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Fonte: iStock

Le crisi epilettiche e l’assunzione dei farmaci antiepilettici che ripercussioni hanno sulla vita fertile di una donna? Partiamo dal comprendere quali sono le conseguenze sul ciclo mestruale e, quindi, sulla fertilità femminile.

In un documento tematico Donna ed Epilessia, la Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE) riporta come sia l’epilessia quanto i farmaci antiepilettici possono causare delle irregolarità nel ciclo mestruale. Alcune donne riferiscono invece che le crisi epilettiche sono maggiori (o esclusive) durante il ciclo mestruale. Gli estrogeni e il progesterone, infatti, agiscono sul cervello anche nella sua suscettibilità a provocare delle crisi.

Va anche posta l’attenzione su come l’epilessia e i farmaci hanno conseguenze sulla sfera sessuale, potendo andare incontro a una riduzione del desiderio o a una ridotta soddisfazione. L’insieme di queste cause è probabilmente alla base della lieve riduzione della fertilità che si registra nelle coppie (anche l’epilessia negli uomini in questo senso può incidere) con epilessia. I farmaci assunti per la gestione dell’epilessia riducono anche l’efficacia contraccettiva della pillola, del cerotto e dell’anello vaginale.

Per quel che riguarda la gravidanza il discorso diventa ancora più complesso. Uno studio pubblicato su JAMA Neurology riporta l’aumento del rischio di aborto spontaneo, partorire un bambino morto, parto pretermine, morte materna, aumento del rischio di difetti congeniti (malformazioni cardiache, scheletriche, facciali, gastrointestinali, genitourinarie e del tubo neurale) e ricovero in terapia intensiva neonatale. Inoltre c’è una maggiore probabilità di sviluppare una preeclampsia e che il feto cresca meno del previsto.

C’è anche un aumento del rischio di malattie emorragiche nel feto (che può essere efficacemente contrastato con l’assunzione prenatale della vitamina D e della somministrazione di vitamina K al neonato).

Le terapie anticonvulsivanti sono dannose per il feto?

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) evidenzia la presenza di un rischio maggiore di ritardi nello sviluppo, sia fisico che mentale, nei figli di donne che assumono farmaci per il trattamento dell’epilessia durante la gravidanza.

A questo proposito va però considerato quanto sottolineato dalla Società Italiana di Neurologia, che in un apposito documento evidenzia come vi sia consenso nel ritenere i rischi delle crisi materne non controllate superiori rispetto a quelli sul feto provocati dall’assunzione dei farmaci. Vi è quindi l’indicazione di, laddove possibile, programmare la gravidanza.

Epilessia e gravidanza: cosa fare

Una volta scoperto di essere incinta è fondamentale valutare con il proprio medico le scelte da intraprendere. In linea generale, potrebbe essere consigliato di effettuare dei dosaggi plasmatici frequenti per prevedere i giusti accorgimenti alla terapia farmacologica.

Inoltre la terapia antiepilettica va seguita anche durante il travaglio e il parto. Di per sé il parto vaginale non è precluso, ma spesso è indicato il taglio cesareo specialmente nelle donne con crisi ripetute durante il travaglio, ma non vi sono controindicazioni per l’analgesia epidurale.

Particolare attenzione va dedicata anche al post-parto. Innanzitutto sottolineando come la carenza di sonno, tipica dei primi mesi di vita del neonato, può facilitare l’insorgenza delle crisi. Questo non impedirà alla neomamma di accudire il proprio bambino ma è evidente come inizialmente il verificarsi di una crisi potrebbe mettere a repentaglio la salute e la sopravvivenza del bambino. Va quindi prevista un’organizzazione tale per cui la donna non sia mai sola con il bambino o, per esempio, preferire l’utilizzo della carrozzina al marsupio.

L’allattamento al seno, se desiderato, è sempre raccomandato e anche in questo caso i benefici sono superiori ai potenziali rischi di esposizione del neonato ai farmaci antiepilettici.

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