Cos'è la paralisi ostetrica e come si manifesta nel neonato

Difficoltà durante il parto possono portare alla lesione nervosa delle braccia, degli avambracci e delle mani del neonato. Scopriamo cause e rimedi della cosiddetta paralisi ostetrica del plesso brachiale.

Tra le complicanze della gravidanza rivestono particolare attenzione le lesioni che possono colpire il feto durante il travaglio e il parto. Parliamo della paralisi ostetrica, la forma più grave di lesione che può verificarsi durante il parto, che può causare danni neurologici agli arti superiori del neonato.

È una condizione che interessa 1 bambino nato su 1000 e si manifesta prevalentemente durante il parto naturale complicato da distocia, ma anche il parto cesareo, sebbene abbia ridotto la frequenza di queste lesioni, non è del tutto esente dal rischio di paralisi ostetrica.

Cos’è la paralisi ostetrica?

Propriamente si parla di paralisi ostetrica del plesso brachiale (OBPP) in riferimento alla lesione nervosa che può colpire le braccia, gli avambracci e le mani del neonato. Il deficit neurologico è dovuto alle lesioni del plesso brachiale, ovvero l’insieme di nervi che deriva dalle radici nervose presenti nelle sezioni cervicali (il collo), nel tronco superiore (il busto) e nel midollo spinale.

Questi nervi consentono i movimenti del braccio, dei polsi e delle mani e, estendendosi anche alla pelle, svolgono anche una funzione sensoriale.

Paralisi ostetrica: le cause

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Fonte: iStock

La paralisi ostetrica si verifica a seguito di un’anomala trazione sulla testa del feto durante la fase espulsiva del parto, con la spalla che rimane bloccata dal bacino materno. Questa condizione provoca nella maggior parte dei casi uno stiramento (raramente lo strappo o la rottura) delle fibre nervose e ci sono diversi fattori che possono aumentare il rischio di paralisi ostetrica.

Tra le principali rientra la macrosomia fetale, la presentazione podalica, l’ipossia o l’asfissia fetale, così come un parto gemellare. Sono da considerare anche tutti quei fattori materni legati alla difficoltà dell’utero a contrarsi, alle anomalie nella dilatazione del canale del parto, alla presenza di fibromi uterini, viziature pelviche, di un peso eccessivo, di una bassa statura o di un diabete gestazionale non trattato o curato male.

Anche il travaglio prolungato e qualsiasi tipo di difficoltà nel parto, come quelle che richiedono l’utilizzo del forcipe o della ventosa, rappresentano fattori di rischio per l’insorgenza di una paralisi ostetrica.

I sintomi della paralisi ostetrica

In base alle radici nervose coinvolte si distinguono tre diversi gruppi di paralisi ostetrica: superiori, triradicolari e totali. Si classificano invece in due gruppi in relazione alla lesione provocata; in questo caso si può avere una lesione extraforaminale o una lesiona intraforaminale. La lesione extraforaminale si verifica successivamente alla fuoriuscita del nervo come effetto di uno stiramento o di una rottura della radice, mentre quella intraforaminale si ha a seguito di uno strappamento della radice dal midollo spinale.

In presenza di una paralisi ostetrica il neonato ha l’arto superiore colpito immobile, disteso lungo il tronco e che non reagisce agli stimoli. Nello specifico nelle forme superiori di paralisi ostetrica il deficit neurologico interessa principalmente la spalla e il braccio e questo appare atteggiato in adduzione (con il gomito esteso) e in intrarotazione (ruotato verso l’interno). In questa forma il dorso della mano è rivolto il basso e il neonato mantiene il controllo dei movimenti del polso e della mano.

Nelle forme triradicolari, invece, il danno neurologico interessa quasi esclusivamente la mano. In questi casi il neonato ha difficoltà a piegare il polso e le dita, mentre mantiene il movimento della spalla. Le forme totali di paralisi ostetrica, invece, prevedono la somma dei sintomi delle altre due varianti.

Paralisi ostetrica: cure e rimedi

La scelta del tipo di trattamento (conservativo o chirurgico) dipende dalla gravità della paralisi ostetrica e richiede un’attenta valutazione clinica. La diagnosi avviene tramite esame clinico dei singoli distretti anatomici coinvolgi, ecografia e risonanza magnetica del plesso brachiale e approfondimenti elettroneurofisiologici.

Il trattamento d’elezione, laddove possibile è quello conservativo che mira al recupero spontaneo del bicipite brachiale tra il terzo e il nono mese di vita del bambino. Nelle forme di paralisi totale o in quelle nelle quali il recupero spontaneo non avviene nei tempi indicati si ricorre alla riparazione microchirurgica.

Questa si esegue mediante l’utilizzo di innesti nervosi o attraverso tecniche di neurotizzazione (la riparazione di un nervo non attivo tramite la connessione a un nervo sano). Nel caso di dubbio sull’opportunità di ricorrere alla microchirurgia precoce si valuta un approccio più tardivo tramite il quale procedere a una reinnervazione selettiva dei muscoli deficitari.

Più il trattamento riabilitativo è precoce maggiori sono le capacità di recupero. Queste dipendono ovviamente anche dalla gravità della lesione e sono migliori nelle paralisi superiori. Il trattamento riabilitativo è efficace nell’evitare le deformità articolari solamente se eseguito regolarmente.

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