Il tema dell’aborto non è mai stato tanto caldo come quest’anno dai tempi delle lotte per l’introduzione della legge 194 nel 1978. Tale legge, che sancisce il diritto della donna all’interruzione volontaria di gravidanza, prevede nell’articolo 16 che entro il mese di febbraio di ogni anno il ministro della Sanità presenti al Parlamento e al Ministero di Grazia e Giustizia una relazione sull’attuazione della legge e sui suoi effetti ma di fatto, nel 2018, non è stato presentato alcun documento (l’ultima relazione disponibile è relativa all’anno 2016).

A sollevare la questione è stata la leader radicale Emma Bonino che ha depositato un’interrogazione diretta alla ministra Grillo perché per la prima volta dal 2000 non è stata presentata al Parlamento la relazione del ministro della Salute sullo stato di applicazione della 194:

Si chiede di sapere – si legge nel testo dell’interrogazione – per quale motivo non sia stata ancora depositata la relazione al Parlamento sulla legge n. 194 del 1978, come previsto dall’art. 16, quando tale deposito avverrà e se vi siano motivi ostativi; alla luce delle criticità evidenziate in relazione all’ultima rilevazione effettuata sulla legge n. 194 del 1978, quali provvedimenti il Ministro in indirizzo intenda assumere per garantire una corretta applicazione della legge n. 194, che non crei pregiudizio alle donne che accedono all’interruzione volontaria di gravidanza.

L’interrogazione prosegue ponendo l’accento sulle importanti informazioni contenute nelle relazioni degli anni precedenti riguardo il ricorso delle donne alla pratica, tanto discussa, dell’ivg. Risulta infatti che negli ultimi 40 anni le interruzioni di gravidanza sono fortemente diminuite (233.976 nel 1983, 102.760 nel 2013 e 84.926 nel 2016) a fronte di un aumento notevole di medici obiettori di coscienza (il 58,7% nel 2005, il 70% solo due anni dopo, con picchi che raggiungono l’80-90% in regioni come Lazio, Basilicata, Campania, Sicilia e Molise).

Un quadro piuttosto diverso da quello emerso nelle ultime discussioni politiche sull’interruzione volontaria di gravidanza, quelle che hanno portato alla votazione delle discusse mozioni anti-aborto a Verona e in altre città d’Italia. In questi ambiti infatti è stato posto l’accento su come, negli ultimi anni, il ricorso all’aborto fosse aumentato, in particolare in relazione all’utilizzo della pillola abortiva ru486.

Proprio riguardo a quest’ultima, l’interrogazione della Bonino chiede una seria riflessione al Ministro della Salute, per renderla più reperibile di oggi a causa della scarsità di consultori sul territorio e della reticenza di alcuni medici, smentendo di fatto l’ipotesi di un utilizzo indiscriminato della tecnica:

Relativamente alla metodica farmacologica si rileva una stabilità nella percentuale di IVG con uso di farmaci rispetto al totale delle IVG (15,7 per cento nel 2016; 15,2 per cento nel 2015). I dati confermano la sicurezza della metodica analogamente a quanto rilevato dall’esperienza ormai più che trentennale di altri Paesi, con la differenza che altrove la procedura viene eseguita a casa o in regime ambulatoriale, mentre in Italia si impone il ricovero ordinario con un significativo impiego di risorse per il Servizio sanitario nazionale. […] Si chiede se intenda facilitare l’accesso alla metodica farmacologica anche in regime ambulatoriale per le gravidanze fino a 7 settimane e allargare il limite per il farmacologico a 9 settimane, come negli altri Paesi europei, in accordo con la correttezza della procedura del mutuo riconoscimento, disattesa nel nostro Paese, che, peraltro, andrebbe incontro ai diritti delle donne e al bilancio dello Stato.

La presentazione della relazione su attuazione e effetti della legge 194 nell’ultimo anno si dimostra dunque indispensabile per richiedere una serie di interventi mirati a rendere sempre meno rischiosa la tecnica dell’ivg, valutando su dati concreti e non manipolabili dalle proprie convinzioni ideologiche.

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