La vita del feto all’interno dell’utero e quella del bambino dopo la nascita differiscono sotto molti punti di vista, prevedendo diversi meccanismi per supplire all’incompleto sviluppo e all’immaturità di numerosi organi. Perché questo avvenga ci sono alcuni elementi che nell’organismo umano hanno una funzione diversa prima e dopo la nascita.

È il caso del cosiddetto dotto di Botallo, un piccolo condotto che durante la vita fetale rimane aperto e che si chiude nelle ore successive al parto. Quando questo non accade si parla di dotto arterioso pervio, una condizione da trattare chirurgicamente o farmacologicamente.

Cos’è il dotto di Botallo?

Propriamente il dotto di Botallo (dotto arterioso di Botallo), come riportato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, è una connessione tra l’aorta e l’arteria polmonare che permette la corretta ossigenazione del feto.

A differenza di quanto accade normalmente l’ossigenazione del sangue nel feto non avviene tramite i polmoni, ma attraverso la placenta. Il dotto, quindi, come spiega l’Ospedale Niguarda, consente di “saltare” i polmoni e raggiungere direttamente le altre parti del corpo.

A cosa serve nel feto

Nel feto, come detto, è la placenta materna che si occupa di ossigenare il sangue che raggiunge il bambino tramite la vena ombelicale presente nel cordone ombelicale. Successivamente il sangue raggiunge il fegato tramite il cosiddetto dotto venoso di Aranzio per poi raggiungere la vena cava inferiore e mischiarsi con il sangue venoso.

A questo punto il sangue artero-venoso raggiunge il cuore e, tramite l’aorta, rifornisce gli organi periferici. Una buona parte del sangue presente nell’arteria polmonare viene dirottato nell’aorta proprio grazie all’apertura del dotto di Botallo.

Quando si chiude il dotto di Botallo

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Fonte: iStock

Entro le prime 72 ore, il dotto di Botallo tende a chiudersi spontaneamente modificando la circolazione del sangue che ora può contare sulla respirazione per la sua corretta ossigenazione. Con la nascita le varie connessioni tra la circolazione sistemica e quella polmonare, come quella del dotto di Botallo, non sono più necessarie e il sangue, una volta raggiunto il cuore, può arrivare ai polmoni, ossigenarsi, e raggiungere gli organi periferici (cervello, intestino, reni e surreni).

Dal momento del primo vagito, i polmoni del neonato si espandono diventando capaci di scambiare ossigeno e anidride carbonica.

Dotto arterioso pervio: cosa comporta?

Nei bambini prematuri (soprattutto quelli nati tra la ventiquattresima e la ventottesima settimana di gestazione), ma anche nel 6-10% dei nati a termine, il dotto di Botallo rimane aperto. Le conseguenze di questa condizione variano dalle dimensioni del dotto. Il Manuale MSD, infatti, riporta come un dotto di piccole dimensioni non provoca quasi mai sintomi, mentre uno più voluminoso è responsabile di uno shunt sinistro-destro che determina un iperafflusso polmonare che, se non trattato, con il tempo causa un edema polmonare, aumento di volume del cuore sinistro, ipertensione polmonare, elevata resistenza vascolare polmonare e un precoce sviluppo della malattia vascolare polmonare.

I sintomi del dotto arterioso pervio si distinguono in iperafflusso polmonare (eccesso di liquidi nei polmoni) e ipoafflusso sistemico (poco sangue ossigenato che raggiunge gli organi periferici). Nell’iperafflusso polmonare si hanno difficoltà respiratoria, accelerazione del battito cardiaco e scarso accrescimento. Nell’ipoafflusso sistemico, invece, gli organi periferici possono andare in sofferenza causando enterocolite necrotizzante (sofferenza intestinale grave), insufficienza renale e danni cerebrali. I neonati manifestano pianto e respiro frequente e affannoso durante i pasti, sudorazione e squilibri nell’aumento di peso.

La diagnosi del dotto arterioso pervio si basa sull’esame clinico del neonato che presenterà un soffio al cuore continuo e con un aspetto generale edematoso e sullo svolgimento dell’ecocardiografia, dell’elettrocardiogramma (ECG) e della radiografia del torace. Come precisa la Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico non sempre il difetto viene rilevato e lo si diagnostica solamente in età adulta. Negli adulti la mancata chiusura del dotto rappresenta la seconda cardiopatia congenita più diffusa che si percepisce tramite scompensi, aritmie o infezioni (endocarditi).

Una vola confermata la presenza del dotto arterioso pervio si valuta l’eventuale correzione e il tipo di trattamento. Non sempre, infatti, è necessario intervenire, soprattutto se non vi è la presenza di una cardiopatia congenita. Il trattamento, come anticipato, può essere di tipo medico o chirurgico. Nel primo caso (che generalmente ha tassi di successo del 90%)  si prevede la somministrazione di farmaci specifici (come l’ibuprofene) che favoriscono la chiusura del dotto di Botallo (con il rischio di aumentare i sanguinamenti). Nei casi più gravi o laddove la terapia farmacologica si fosse rivelata inefficace si ricorre alla legatura chirurgica del dotto.

Anche se può apparire paradossale in alcuni casi la presenza del dotto arterioso pervio si rivela una condizione utile e salva-vita. Nella coartazione aortica o in altre cardiopatie congenite (malformazioni dell’apparato cardiovascolare) il dotto di Botallo permette al sangue di raggiungere la circolazione sistemica e di ossigenare i tessuti periferici, cosa altrimenti difficoltosa o impossibile a causa del grave restringimento dell’aorta o di altri difetti.

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