Il mutismo selettivo riguarda i bambini che non riescono a parlare in determinati contesti sociali, come per esempio la scuola. Ma questo avviene quando la comprensione e lo sviluppo linguistico rientrano invece perfettamente nella norma.

Il mutismo selettivo, infatti, non deriva da un deficit o una disfunzione, ma è la risposta del bambino a un forte stato d’ansia o uno stress emotivo. Vediamo allora come riconoscerlo e come comportarsi quando il bambino sceglie di non parlare più.

Mutismo selettivo: cosa significa?

Il mutismo selettivo si configura come un disturbo d’ansia che deriva dal non riuscire a esprimersi in una situazione di preoccupazione o stress emotivo. Il bambino non riesce a esprimere le sue emozioni; solitamente la comunicazione è impedita in alcuni contesti o situazioni particolari, come la scuola, il gioco coi compagni o un allenamento sportivo.

In realtà, anche se la comunicazione è inibita a livello sociale, il bambino con mutismo selettivo ha già sviluppato una capacità di linguaggio pienamente nella norma. Generalmente, con i genitori o le figure con cui sono a proprio agio, i bambini comunicano senza problemi, riescono a esprimersi, e a volte chiacchierano anche parecchio.

Ma questo non impedisce che restino in silenzio in altri luoghi e contesti. Proprio perché selettivi, non riescono a far uscire le parole quando sono fuori casa o si trovano insieme a persone che non conoscono, con cui non hanno confidenza. La scuola è sicuramente uno dei luoghi che possono provocare maggiore ansia nei bambini.

Le cause del mutismo selettivo nei bambini

Il mutismo selettivo compare in presenza di un profondo stato d’ansia; inoltre, anche se non si può ricondurre con certezza ad alcune precise cause scatenanti, esistono dei fattori genetici, fisiologici, psicologici, sociali ed emotivi che concorrono a provocarlo. Alla radice del disturbo, quindi, non bisogna pensare che il bambino abbia avuto necessariamente un trauma, come l’abbandono; oppure che sia arrabbiato, viziato e oppositivo.

Tra i fattori genetici e fisiologici, c’è l’ambiente di provenienza. I bambini con mutismo selettivo spesso hanno alle spalle famiglie con dinamiche disfunzionali e problemi legati all’ansia; tale condizione appare, quindi, in comorbilità col disturbo d’ansia sociale. A questo punto, qualche genitore potrebbe pensare che sia colpa sua.

Ovviamente non si tratta di “colpe”; ma occorre tener presente che lo stile genitoriale può avere un’influenza su questo tipo di manifestazione nei bambini, soprattutto se iperprotettivo, molto controllato, o a sua volta inibito socialmente.

Per quanto riguarda i fattori comportamentali, bisogna menzionare la tendenza evitante verso persone e situazioni nuove, che il bambino non conosce, di fronte alle quali mostra paura; poi, i tratti caratteriali dell’isolamento e della timidezza che, se molto accentuati, rientrano tra i principali fattori di rischio. Infatti, quando il bambino non riesce a rispondere in modo efficace al mondo che gli sta intorno e non sviluppa adeguatamente le sue abilità sociali, può reagire smettendo di parlare.

Come riconoscere il mutismo selettivo?

Ma come si riconosce un bambino con mutismo selettivo? Innanzitutto bisogna chiarire che i bambini con mutismo selettivo non presentano altri disturbi (balbuzie, disturbi dello spettro autistico, disabilità intellettiva).

Il bambino non parla soltanto in alcuni contesti, luoghi (come la scuola), situazioni e ambienti sociali, ma comunica agilmente quando è a suo agio, come a casa. Nonostante ciò, alcuni bambini con mutismo selettivo potrebbero trovare difficoltà anche qui. Inoltre, per configurarsi, il mutismo deve manifestarsi nell’arco di almeno quattro settimane.

Non riuscire a parlare impatta negativamente sul funzionamento generale del bambino, perché subentra la frustrazione; risultano alterate anche la capacità di agire, di costruire relazioni significative e sviluppare abilità sociali. I bambini possono mostrare l’intenzione di voler comunicare; magari lo fanno con dei gesti del corpo, facendo cenni con la testa per dire di sì o di no; cercando un contatto fisico o, talvolta, imitando i versi degli animali o rispondendo a monosillabi.

Un altro segno del disagio è dato dal non riuscire a guardare negli occhi il proprio interlocutore e dunque a intrattenere un contatto visivo. Oltre a ciò, il viso sembra spesso inespressivo, come se non tradisse alcuna emozione.

Come comportarsi?

A questo punto i genitori si chiederanno come comportarsi, cosa sia giusto fare con i figli con mutismo selettivo. La prima regola, fondamentale, è non forzare mai il bambino a fare qualcosa che ovviamente vorrebbe ma non riesce a fare, cioè a parlare. L’adulto di riferimento dovrebbe puntare alla serenità e al benessere emotivo del bambino. Per farlo, occorre preparare un ambiente e un clima rilassati, senza stress o ansia.

Inoltre, è importante non sottoporre il figlio a ricatti (“se non parli non ti compro quel giocattolo”, o “se non parli mai fai dispiacere alla mamma”); né tantomeno a un sistema di premi e punizioni, perché non produrranno alcun beneficio ma soltanto ulteriore stress e ansia da prestazione.

Bisogna cercare di abbassare le aspettative che il bambino sente su di sé attraverso lo sguardo, l’atteggiamento dei genitori; è fondamentale non vivere male la situazione in primis da genitori. I bambini, infatti, si accorgono di tutto, di ogni piccolo turbamento, anche quando non viene detto ad alta voce. Si potrebbero sentire non accettati, non amati, mentre quando sentono l’amore e la fiducia della mamma e del papà allora il cambiamento in positivo sarà naturale e spontaneo.

A questo proposito, è importante non mostrare troppo stupore o felicità improvvisa se il bambino dovesse inaspettatamente iniziare a parlare in luoghi o con interlocutori diversi.

Per coinvolgere il bambino si possono proporre delle attività creative per stimolare il linguaggio. Giochi, letture ad alta voce di fiabe e favole, piccole sfide, ma anche piccoli compiti nelle attività domestiche quotidiane (apparecchiare e sparecchiare, progettare le attività con un tabellone, oppure una merenda coi compagni a casa, il luogo in cui il bambino si sente più sicuro).  In questo modo si favorisce anche l’autonomia.

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  • Bambino (1-6 anni)