Mangiare è un’attività indispensabile per nutrirsi e sopravvivere ma è anche un piacere. Non a caso cucinare e preparare pietanze sfiziose è un godimento per il palato e anche un’occasione di socializzazione e convivialità. Non mangiamo solo per nutrirci, infatti è anche un’occasione di associazione e convivialità.

Una delle domande che ci si pone durante la gravidanza è se il consumo di carni trasformate sia consentito: infatti, ci sono diverse opinioni. È doveroso capire quali sono le evidenze scientifiche a supporto del consumo o meno di questi alimenti.

L’importanza di un’alimentazione corretta in gravidanza

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Fonte: iStock

Durante la gravidanza l’alimentazione riveste un ruolo fondamentale al fine di garantire il giusto apporto di energia e nutrienti al feto.

Le indicazioni su un’alimentazione sana in gravidanza prevedono, quindi, di incrementare le chilocalorie gradualmente, cercando di
arricchire la propria alimentazione con l’assunzione quotidiana di frutta e verdura (preferibilmente di stagione), di cereali (pane, pasta, riso, orzo, farro), legumi, latte e derivati (limitando il consumo dei formaggi stagionati e preferendo quelli freschi con un basso contenuto di grassi) e, almeno 1 o 2 porzioni al giorno di proteine nobili, con preferenza per il pesce azzurro, carni bianche e uova.

Per quel che riguarda la carne è consigliato limitare il consumo di carne rossa e insaccati, preferendo i salumi magri che hanno comunque un elevato contenuto di sale. Il consumo dei salumi, riporta il dossier scientifico del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), dovrebbe essere basso sia in quantità che in frequenza in ogni fase della vita. È stata infatti individuata un’associazione tra un elevato consumo di carni trasformate e malattie croniche.

Il consumo di salumi in gravidanza è pericoloso?

La principale preoccupazione associata al consumo di salumi in gravidanza è legata al rischio di infezioni quali Toxoplasmosi, Salmonella, Listeriosi. Uno studio inoltre ha evidenziato (pur non indicando i livelli potenzialmente dannosi) l’associazione tra l’assunzione dei nitriti derivanti dal consumo di salumi durante la gravidanza e un aumento del rischio di tumori cerebrali pediatrici.

Quali sono i salumi consentiti in gravidanza (e in che quantità)

La Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) nelle linee guida sulla Nutrizione in gravidanza e durante l’allattamento riporta come gli unici salumi consentiti in gravidanza, specie se la donna è toxo negativa, sono quelli cotti e stagionati come:

  • prosciutto cotto
  • salame
  • bresaola
  • fesa di tacchino
  • mortadella

La SIGO consiglia inoltre di consumarli solo occasionalmente e in quantità moderata, in quanto ricchi di grassi saturi e di nitriti e nitrati
usati per la conservazione.

Rischi e conseguenze del consumo di salumi in gravidanza

Le situazioni a rischio legate all’assunzione dei salumi, come riportato nel Decalogo Alimentazione e Gravidanza dell’Istituto Superiore di Sanità, sono legate al contatto con la carne cruda (a meno che non sia stata congelata per qualche giorno), gli insaccati poco stagionati e le carni affumicate. Il pericolo, dunque, è nelle carni crude o in quelle eccessivamente cotte (che contengono idrocarburi policiclici aromatici che sono cancerogeni e teratogeni).

I salumi stagionati, meglio se sottoposti a stagionatura prolungata (il processo che dura settimane o mesi per cui la carne viene conservata in un ambiente dove la temperatura, l’umidità e la ventilazione sono controllate), possono quindi essere assunti.

Va anche ricordato, come precisato dal Ministero della Salute, che in Italia e in Europa è attivo un sistema capillare di garanzia della sicurezza alimentare grazie al quale vengono effettuati controlli ufficiali per eliminare o minimizzare i rischi microbiologici, chimici e fisici legati agli alimenti. Nell’assunzione dei salumi sono da preferire quelli di produzione industriale venduti nelle apposite vaschette preconfezionate, consumandoli preferibilmente entro pochi giorni, evitando quindi quelli affettati al banco che potrebbero andare incontro a un rischio di cross-contaminazione (il trasferimento non intenzionale di sostanze chimiche o microrganismi da un alimento a un altro).

L’altro aspetto critico dei salumi è legato alla quantità di sale, dato che durante la gravidanza è consigliato moderarne l’assunzione per il rischio di sviluppo di malattie cardiovascolari e ipertensione. A questo proposito va anche riportato, come indicato dall’Istituto Salumi Italiani Tutelati, che alcune analisi sulla composizione nutrizionale dei salumi italiani (condotte dall’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione e la Stazione Sperimentale per l’Industria e delle Conserve Alimentari) mostrano che vi è una significativa riduzione dell’impiego di sale grazie all’evoluzione dei sistemi di produzione, dei controlli nei periodi di asciugatura e stagionatura e alla maggiore attenzione nella tipologia di spezie utilizzate.

Nella medesima indagine emerge come nei salumi vi siano meno grassi (riduzione del contenuto lipidico), una diminuzione del colesterolo e un aumento del contenuto proteico.

Le alternative al consumo dei salumi

Per evitare i salumi con tutti i rischi a essi associati si può ricorrere a diverse alternative. Una buona alternativa deriva dagli alimenti di origine vegetale (molto diffusi nell’alimentazione vegetariana e vegana) come il mopur, il seitan e il tempeh che in molti casi hanno sapori e consistenze simili a quelle dei salumi di carne (ma che non possono essere considerati tali dal punto di vista nutrizionale), oppure scegliendo alimenti altrettanto pratici e che nutrizionalmente contengono una buona dose di proteine con un ridotto apporto di lipidi come i legumi, l’hummus di ceci, le uova ben cotte e le verdure.

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  • Alimentazione