In 1 su 2.000 nascite (dati dell’American Society for Surgery of the Hand) un bambino presenta la fusione di due o più dita delle mani o dei piedi. È la sindattilia, una delle malformazioni congenite maggiormente individuate alla nascita, la cui risoluzione richiede il ricorso all’intervento chirurgico e un apposito trattamento di fisioterapia.

Sindattilia: cos’è e cosa comporta

L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù definisce la sindattilia come la fusione di due o più dita delle mani e/o dei piedi, che risultano per questo inglobate da un rivestimento cutaneo unico. Si distingue dalla polidattilia, condizione nella quale vi è la crescita di dita in più sulla mano o sul piede del bambino. Solitamente sono interessati il 3° e 4° dito della mano (medio e anulare) e il 2° e 3° dito del piede, mentre nelle forme più gravi la fusione riguarda anche le falangi a volte anche per tutta la lunghezza del dito.

Una delle classificazioni più diffuse di questa condizione, come riportato dall’Istituto Giannina Gaslini, è quella tra sindattilia semplice, complessa e complicata. La forma semplice è quella in cui le dita sono fuse solo da un ponte di cute con parti molli sottocutanee. La forma complessa, invece, presenta anche una fusione ossea a livello delle falangi distali mentre la sindattilia complicata prevede anche ossa sovrannumerarie e anomali tendinee e articolari.

Le cause della sindattilia

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Fonte: iStock

La sindattilia si verifica, come riportato in questo studio, per il fallimento della necrosi interdigitale longitudinale che si verifica tra la sesta e l’ottava settimana di gestazione finalizzata proprio alla separazione delle dita.

Uno studio pubblicato su StatPearls spiega come all’inizio della vita uterina tutte le dita sono fuse da uno strato di tessuto mesenchimale lasso. Lo sviluppo vero e proprio degli arti inizia durante la quinta settimana di gestazione con le mani che si sviluppano nella sesta settimana e i piedi in quella successiva. Il tessuto mesenchimale lasso va quindi incontro ad apoptosi, un fenomeno controllato geneticamente che causa la morte programmato di una cellula in uno specifico momento del suo ciclo vitale. Quando questo non avviene si ha la sindattilia.

Nel 15-40% dei casi c’è una familiarità collegata a difetti sul secondo cromosoma; nel 50% dei casi è bilaterale e i maschi hanno il doppio delle possibilità di sviluppare la sindattilia rispetto alle femmine.

In un articolo pubblicato sul Journal of Biochemical and Clinical Genetics si evidenzia come questa condizione possa apparire singolarmente o come parte di oltre 125 tipi diversi di sindromi (come la sindrome di Apert, la Sindrome di Polonia e la Sindrome di Down).

Le conseguenze della sindattilia

Una sindattilia non trattata, soprattutto quella che coinvolge le dita delle mani, può creare difficoltà al bambino nel loro corretto utilizzo.

Quando intervenire e come

Uno dei principali problemi della sindattilia, come si apprende in uno studio pubblicato su ScienceDirect, è legato alla difficoltà di individuare questa condizione nell’ecografia prenatale. Si diagnostica quindi alla nascita e solo in quel momento, anche sulla base della gravità della condizione, si stabiliscono le tempistiche e le modalità di intervento.

Solitamente le forme semplici vengono trattate entro il primo anno di vita, ma la presenza di un bambino pretermine o altre patologie può ritardare l’intervento per i rischi legati alla procedura anestesiologica. Di contro, una sindattilia semplice può influenzare la direzione della crescita delle dita richiedendo quindi di anticipare l’intervento. Per le forme semplici è spesso sufficiente un solo intervento in regime di Day Surgery, mentre per le forme complesse possono essere necessari ulteriori interventi a distanza di tempo. L’obiettivo è di completare la ricostruzione prima dell’ingresso del bambino nella scuola primaria.

Di per sé la sindattilia non necessita di ulteriori esami e test per la conferma diagnostica ma è possibile prevedere una radiografia per ottenere informazioni utili in vista dell’intervento. Il ricorso ai test genetici può essere indicato sia per individuare un’eventuale familiarità che per comprendere la presenza di una delle sindromi nelle quali la sindattilia è uno dei sintomi.

Il trattamento dipende dalla gravità della sindattilia e ha l’obiettivo di separare le dita per migliorare la funzione della mano. L’intervento chirurgico di risoluzione della sindattilia deve prevedere il ricorso a un innesto cutaneo in quanto dopo la separazione vi è una mancanza di pelle sui lati di ciascun dito. Solitamente si preleva la pelle da un’altra parte del corpo per colmare lo spazio necessario tra le dita.

L’intervento chirurgico, oltre alla separazione delle dita e all’innesto della cute, si deve occupare di preservare la vascolarità e l’innervazione sensitiva delle dita. L’indicazione è quella, laddove possibile, di risolvere contemporaneamente le anomalie ossee e articolari tramite osteotomie e mezzi di sintesi atraumatici che si rimuovono dopo qualche settimana in ambulatorio.

Nei giorni successivi l’intervento è previsto il ricorso a delle medicazioni da eseguire a livello domiciliare che prevedono il lavaggio della mano e l’applicazione sulle ferite di una soluzione acquosa di Eosina al 2%. Le pomate locali antibiotiche per ammorbidire le suture vanno applicate solo dopo i primi 10 giorni per poi attendere che le suture cadano in maniera spontanea nell’arco di un mese. Per le forme complesse può essere prevista un’ortesi statica o dinamica.

La fisioterapia con esercizi dedicati è indicata sia nelle forme semplici (per le quali è sufficiente l’utilizzo di giocattoli in spugna soffice e comprimibile) che in quelle complesse (nelle quali va definito un percorso riabilitativo specifico).

Nel 10% dei casi è possibile dover ricorrere in futuro a un altro intervento chirurgico di revisione. Alla sindattilia sono associate diverse complicazioni. Oltre a quelle tipiche di ogni intervento chirurgico (sanguinamento e infezione) si segnalano, specialmente nelle forme complesse, la formazione di cicatrici e la contrattura, ma anche alla perdita della cute innestata, un ritardo nella guarigione e la presenza di un fascio vascolare nervoso in comune tra le dita inizialmente fuse e poi chirurgicamente separate.

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  • Neonato (0-1 anno)