Il dolore del parto è una realtà che può essere definita fisiologica e tale da non condizionare la nascita del bambino. Eppure, come ogni forma di dolore, si tratta di una dimensione personale che può rappresentare una fonte di stress e tensione (forme più significative possono portare alla tocofobia), capace di influenzare tanto il parto quanto l’intera gravidanza (e potenzialmente anche la ricerca della stessa).

In una prospettiva di riduzione del dolore del travaglio esistono diverse tecniche dette di partoanalgesia tra cui quella che utilizza il protossido d’azoto. Il ricorso al gas analgesico è una possibilità recente nel nostro Paese e alternativa alle altre tecniche già ampiamente utilizzate in sala parto e che richiede un doveroso approfondimento.

È importante anche contestualizzare il fenomeno considerando che non si tratta solamente di un’opzione in più per le donne, ma di una realtà che si inserisce sul “problema” di come intervenire sul dolore del travaglio senza conseguenze per il bambino. L’opinione comune, come riportato in un documento pubblicato sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità, è quella per cui sulla nascita di un bambino bisognerebbe intervenire solamente con trattamenti che si siano rivelati vantaggiosi per la salute sia del bambino che della madre. Non c’è però accordo su quali siano le strategie migliori per alleviare il dolore.

Ci sono diverse controversie (anche piuttosto significative) sull’utilizzo dell’analgesia durante il travaglio, tanto che l’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI) denuncia come “L’Italia è in testa alle classifiche per il numero dei tagli cesarei ma in coda nell’offerta di analgesia in travaglio di parto”.

Non a caso, sempre l’AOGOI in un altro approfondimento riferisce come nel nostro Paese l’offerta analgesica alle donne in travaglio è ancora insufficiente rispetto alle richieste e ai bisogni. Tra le cause di tale situazione, oltre ad aspetti culturali, è determinata dai costi delle attuali forme di analgesia (specialmente l’epidurale) e dalla necessità di disporre in sala parto di personale qualificato e adeguatamente formato per la corretta somministrazione.

L’attenzione verso il gas analgesico è dovuta anche per la possibilità di superare in parte questi problemi e offrire alle partorienti alternative non invasive e sicure anche se meno efficaci.

Gas analgesico durante il travaglio: come funziona?

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Fonte: iStock

Come riportato in questo studio, il gas analgesico utilizzato durante il travaglio è propriamente il protossido d’azoto (N2O). Si tratta di un gas non infiammabile la cui somministrazione alle donne in travaglio ha dimostrato un sollievo dal dolore senza esiti avversi per il feto.

Per l’erogazione del gas analgesico si utilizza un apposito apparecchio che combina il 50% di protossido di azoto e il 50% di ossigeno in una concentrazione fissa che non può essere modificata. Il gas analgesico stimola la produzione della dopamina, di endorfine endogene, di oppioidi e di altri neuromodulatori del midollo spinale, aumentando il rilascio di prolattina e riducendo quello di cortisolo. L’insieme di questi effetti riduce la percezione del dolore e aumenta la risposta ormonale allo stress.

Come spiegato dal Mayo Clinic nella FAQ sull’uso del gas analgesico per alleviare il dolore, durante il travaglio il protossido d’azoto non limita la mobilità della donna, non rallenta il travaglio e ha un’insorgenza rapida e viene smaltito velocemente dall’organismo una volta che se ne interrompe l’utilizzo.

Il gas analgesico può essere utilizzato velocemente, ha effetto in meno di un minuto ed è facile da somministrare. Per poter ottenere il massimo effetto, infatti, è sufficiente che la donna inizi a inalare il gas attraverso l’apposita maschera almeno 30 secondi prima che inizi la contrazione e che per i 30 secondi successivi alla fine della contrazione continui a espirare nella maschera (in modo che il gas non si diffonda nell’ambiente e venga eliminato dal sistema di recupero della maschera).

Il protossido d’azoto non elimina il dolore, ma può ridurlo e alleviarlo, tanto che le donne che lo hanno utilizzato ne testimoniano l’efficacia e l’utilità.

Quali gas vengono utilizzati per la partoanalgesia?

Dal 2010 il protossido d’azoto commercializzato per la partoanalgesia inalatoria è il Livopan. Come riportato dal foglietto informativo disponibile nella Banca Dati dei Farmaci dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), il Livopan contiene una miscela pronta all’uso composta dal 50% di protossido d’azoto (gas medicinale “esilarante”) e dal 50% di ossigeno (ossigeno medicale) che deve essere somministrato per via inalatoria.

Questo gas riduce la percezione del dolore, aumentandone la soglia e ha un’azione ansiolitica e leggermente sedativa. Viene utilizzato per ottenere un effetto analgesico di breve durata e di rapida risoluzione e permette di ottenere gli effetti dopo poche inalazioni, mentre l’effetto scompare dopo pochi minuti dalla cessazione dell’assunzione della miscela.

Vantaggi e svantaggi dell’uso del gas analgesico in travaglio

Il principale vantaggio dell’utilizzo del gas analgesico in travaglio è legato alla capacità di ridurre l’intensità del dolore e donare sollievo. Come già anticipato è inoltre semplice da somministrare e ha un effetto estremamente rapido. È un metodo sicuro in quanto non influisce sul battito cardiaco fetale, sulla presenza di meconio nel liquido amniotico né sulle perdite di sangue nel post partum; inoltre non ci sono differenze nell’indice di Apgar dopo la nascita del bambino.

Sebbene si tratti di un’assunzione limitata e le prove finora disponibili non evidenzino rischi sul feto o sulla donna, gli effetti precisi sullo sviluppo cerebrale del feto esposto a protossido d’azoto o ad altri agenti anestetici rimangono ancora sconosciuti, sebbene siano da considerare minimi e rari: il protossido d’azoto, infatti, è utilizzato da oltre un secolo come gas anestetico ed è considerato il più longevo e sicuro, sebbene sia dotato di efficacia anestetica non completa (la concentrazione ipotetica, secondo i calcoli, per ottenere un effetto anestetico completo, sarebbe del 120%!). Gli effetti collaterali più comuni sono la nausea, il vomito, le vertigini e la sonnolenza, mentre l’ipotensione e la riduzione della saturazione di ossigeno non sono ascrivibili all’uso del protossido di azoto.

Vi è anche un discorso di inquinamento ambientale, frequente durante la somministrazione di anestetici inalatori e di esposizione da parte degli operatori sanitari. Per questo motivo la U.S. Food and Drug Administration (FDA) richiede l’utilizzo di un dispositivo che consenta un’igiene ambientale adeguata: per questo motivo ogni sala travaglio e parto dovrebbe esser dotata di una dispositivo di aspirazione dei gas anestetici o una valvola di sfiato verso l’esterno.

Gli altri metodi per l’analgesia in travaglio

Il ricorso al gas analgesico è solo una delle più recenti forme di partoanalgesia, una tecnica antica atta a ridurre il dolore, una condizione legata sia a una componente fisica che a una psicologico-emotiva e in tutti i casi soggettiva. È possibile distinguere le tecniche di partoanalgesia (che hanno un’efficacia, un’accessibilità e un’invasività diversa) in:

  • misure di confort;
  • strategie farmacologiche;
  • metodi non farmacologici.

Misure di confort

Qualsiasi forma di riduzione degli stimoli fastidiosi e la possibilità di permettere alle donne di muoversi e assumere posizioni diverse è per la partoriente utile a ridurre le tensioni e lo stress legato al parto. Gli stimoli fastidiosi possono essere sonori, visivi, climatici e legati alle attività che comunemente vengono svolte in sala parto. Anche la possibilità di effettuare una doccia calda o di applicare borse di ghiaccio alla schiena, all’inguine e alle articolazioni, anche se non confermate da ricerche scientifiche, sono comunemente riconosciute come efficaci per ridurre la tensione muscolare e aumentare il comfort della partoriente.

Metodi non farmacologici

Diversi studi hanno mostrato come le donne che ricevono un’assistenza continua (sia durante la gravidanza che al momento del parto e dopo nel periodo del puerperio) da parte degli stessi operatori assicura diversi vantaggi. Bisogna inoltre considerare la possibilità di ricevere supporto durante il travaglio; supporto che si configura sia a livello medico con la presenza continua e che informi la donna su quello che sta accadendo, sia sulla vicinanza del partner o di una persona di fiducia. Rientrano in questo campo anche il massaggio, l’aromaterapia, il ricorso alle tecniche di respirazione e l’immersione in acqua.

Strategie farmacologiche

Vi è poi l’utilizzo di farmaci che possono prevedere o meno l’utilizzo di oppioidi. Tra le principale tecniche vi è l’analgesia peridurale (o combinata spino-peridurale), l’uso di oppiacei per via endovenosa e, appunto, la respirazione di protossido d’azoto.

Nella scelta della struttura dove partorire è utile anche tenere conto anche di questo aspetto, informandosi su quali tecniche sono disponibili e a quali poter accedere a seconda delle proprie preferenze.

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