Se una donna sulla trentina ha intenzione di iniziare un ciclo di vaccinazioni anti-papilloma virus (Hpv), è necessario che tenga in considerazione il fatto di non poter rimanere incinta per un determinato periodo di tempo. Trovare posto negli ambulatori è molto difficile e, in tutto, le dosi di vaccino sono tre, che devono essere effettuate a distanza. Il ciclo potrebbe, quindi,  richiedere un totale dai sei agli otto mesi di tempo, durante i quali non è assolutamente consigliato avere una gravidanza. Il motivo, come si legge su Repubblica, è che non ci sono studi a sufficienza per raccomandarla: se accade, bisogna interrompere il ciclo vaccinale e ricominciarlo dopo il parto.

L’Hpv, o papilloma virus umano, comprende una famiglia di virus che possono infettare la cute e le mucose corporee, in particolar modo quelle genitali, con più o meno aggressività. Si trasmette sessualmente e si stima che circa l’80% della popolazione adulta, sessualmente attiva, venga a contatto con uno o più tipi nell’arco della propria vita.

Per la maggior parte dei casi l’infezione provocata da questi virus non causa nessuna alterazione e si risolve da sola ma, se prolungata nel tempo, possono insorgere malattie della cute e delle mucose. La maggior parte di queste lesioni cervicali guarisce spontaneamente, ma alcune, se non trattate, progrediscono lentamente verso forme tumorali.

Il vaccino anti-Hpv, come ricorda il ministero della Salute, è raccomandato e offerto gratuitamente a partire dal compimento di 11 anni (fino ai 14 anni le dosi sono due, poi diventano tre), sia per le femmine che per i maschi. Procrastinare la vaccinazione non è consigliato, ma per molti motivi, tra cui la scarsa informazione a riguardo, molte persone si trovano ad affrontarla più avanti con l’età (quando, inoltre, gratuita non è più).

Per gli adolescenti, l’incompatibilità della vaccinazione con la gravidanza non è limitante, ma per chi si appresta a vaccinarsi in età adulta, questo fattore può essere disorientante. A 30 anni, infatti, quasi un anno di stand-by, potrebbe essere considerato un cospicuo periodo di tempo per una persona che desidera avere un bambino.

Ermelinda Monti, responsabile del Centro di Riferimento per la prevenzione, diagnosi e la cura della patologia genitale Hpv-correlata della Fondazione Irccs Ca’ Granda Policlinico di Milano, ha spiegato:

Dopo i 15 anni per completare il ciclo vaccinale anti-Hpv sono necessari circa sei mesi, perché le dosi sono tre da effettuare a distanza di due e sei mesi dalla prima. Spesso, però, i tempi si dilatano perché i pazienti hanno difficoltà a reperire centri dedicati per eseguire la vaccinazione.

In tutto questo arco temporale, alle donne viene sconsigliato di pianificare un figlio. Monti ha, infatti, dichiarato:

Inoculare il vaccino mentre la donna è incinta è sconsigliato perché non ci sono dati sufficienti in letteratura per raccomandarlo.

La ginecologa ha però rassicurato:

Se accidentalmente accade, non è assolutamente il caso di interrompere la gravidanza: in studi condotti sul vaccino Hpv in donne che hanno avuto una gravidanza durante il ciclo vaccinale non ci sono stati rischi per la madre o il nascituro. Quindi chi intraprende il ciclo vaccinale e rimane incinta deve interrompere la vaccinazione anti-Hpv vanificando, di fatto, le dosi fatte fino a quel momento perché per essere efficace il vaccino deve essere completato entro 12 mesi.

Anche il ministero della salute è stato interpellato sulla questione e ha fatto sapere:

Se una donna è inavvertitamente vaccinata in stato di gravidanza, il fatto non deve essere considerato un’indicazione all’interruzione della gravidanza. Un’ampia quantità di dati su donne incinte (più di mille casi) non indica alcuna malformazione o tossicità fetale/neonatale di Gardasil 9, e studi condotti su animali non indicano tossicità riproduttiva. Tuttavia, tali dati sono considerati insufficienti per raccomandare l’uso di Gardasil 9 durante la gravidanza.

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