La Corte europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, in una sentenza che crea un precedente importante in materia di utero di affitto, ha stabilito che togliere l’affidamento del bambino nato tramite maternità surrogata alla coppia che lo cresce è possibile se non esistono legami biologici e se la durata del rapporto familiare è breve. Si tratta infatti di elementi che “non creano le condizioni perché ci sia una vita familiare”.

Al centro del caso Donatina e Giovanni, una coppia residente nella provincia di Campobasso, che non riuscendo ad avere figli, nel 2006 ha chiesto e ottenuto l’autorizzazione ad adottare un bambino. Bimbi adottivi, però, non sono mai arrivati e la coppia, stanca di attendere, ha deciso di recarsi in Russia per avere un bambino tramite maternità surrogata. L’uomo ha donato il seme a una donna russa, che il 27 febbraio 2011 ha partorito per conto dei due italiani.

In Russia, in base alla legge vigente, la coppia ha potuto registrare il bambino come proprio figlio, ma al rientro in Italia, il tribunale si è rifiutato di registrare il bambino come figlio della coppia e, dopo avere accertato attraverso l’esame del dna che non vi era alcun legame biologico tra loro e il bimbo, aveva disposto che il piccolo, che in quel momento aveva circa otto mesi, venisse tolto alle loro cure, affidandolo successivamente in adozione a un’altra famiglia. In parallelo, è stato aperta un’inchiesta a carico della coppia per dichiarazioni di false informazioni e violazione delle regole sul trasferimento di minori.

La sentenza ribalta una precedente sentenza della Corte, che nel gennaio 2015 affermava che la sottrazione del bambino alla prima coppia aveva violato l’art. 8 della Convenzione sui diritti dell’uomo (diritto alla vita privata e familiare), non tenendo conto dell’interesse superiore del bambino. Il nuovo pronunciamento afferma invece che la magistratura italiana aveva agito proprio nel superiore interesse del bambino, ponendo inoltre di fatto un freno alla pratica della maternità surrogata.

Per i giudici della Corte di Strasburgo infatti se le autorità italiane “avessero accettato di lasciare il bambino con la coppia, dandogli la possibilità di divenirne i genitori adottivi, questo sarebbe equivalso a legalizzare una situazione creata dalla coppia in violazione di importanti leggi nazionali“, tra cui quella che regola le adozioni.

Il bambino è stato tolto alla custodia dei genitori dopo pochi mesi dalla nascita. In ragione di questi motivi, la Corte di Strasburgo riconosce dunque le ragioni dell’Italia secondo cui la separazione del bambino dalla coppia non costituisce un danno per il piccolo, che “non soffrirà” per l’affidamento ad altri genitori.

Oltre a dare ragione all’Italia, la sentenza scrive una nuova pagina giuridica per la gestione di casi di analoghi che dovessero verificarsi da qui in poi, e anche in tutti gli altri Paesi che non hanno una legislazione nazionale chiara in materia.

 

 

Seguici anche su Google News!
Ti è stato utile?
Non ci sono ancora voti.
Attendere prego...

Categorie

  • Normativa Gravidanza