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Anche alle collaboratrici domestiche come per le lavoratrici dipendenti e autonome spetta il congedo di maternità: come funziona e come farne richiesta all'Inps
Oltre ai lavoratori dipendenti e autonomi anche i collaboratori domestici (colf, babysitter e badanti) usufruiscono dei diritti in caso di maternità e paternità: l’Inps chiarisce il funzionamento del congedo di maternità anche in questi casi. Durante l’astensione obbligatoria dal lavoro anche la collaboratrice domestica ha infatti diritto a conservare il posto di lavoro, all’astensione dal lavoro e a un’indennità sostitutiva della retribuzione.
Si può usufruire del congedo di maternità in tre modalità distinte:
La collaboratrice domestica (e il padre che lavora come collaboratore domestico) possono usufruire dell’indennità di maternità coperta dall’Inps per l’80% della retribuzione giornaliera convenzionale settimanale (secondo i calcoli aggiornati che si trovano nella circolare Inps n. 61 del 2018).
Il congedo di maternità spetta alle collaboratrici domestiche neomamme anche nel caso di adozioni o affidi. Se si tratta di adozione o affidamento nazionale, riporta la circolare dell’Inps, alla lavoratrice spettano cinque mesi di congedo con relativa indennità a partire dall’ingresso del minore nella famiglia, se si tratta invece di adozioni internazionali il congedo (sempre con indennità) è di cinque mesi. Se infine l’affidamento non è preadottivo i mesi di congedo con indennità previsti sono tre, da fruire nei cinque mesi successivi all’arrivo del minore.
Anche nel caso delle collaboratrici domestiche la tutela di maternità può iniziare poi prima del congedo di maternità (è detta interdizione anticipata). Nel caso di periodi successivi al congedo (e fino a sette mesi dalla nascita o dall’adozione e affidamento) si parla invece di interdizione prorogata. Come riporta il sito dell’Inps
I provvedimenti di interdizione sono adottati dalla Asl (Azienda Sanitaria Locale) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di persistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza (solo interdizione anticipata) oppure dalla Dtl (Direzione Territoriale del Lavoro) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino o quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni (interdizione anticipata e prorogata).
Anche il papà può usufruire del congedo di paternità, che consiste nell’astensione dal lavoro per la durata del congedo di maternità (dopo la nascita del figlio) non goduto dalla madre.
Per poter richiedere l’indennità di maternità per la collaboratrice domestica devono risultare versati a suo carico 52 contributi settimanali (anche estranei al settore del lavoro domestico) nei 24 mesi precedenti all’astensione obbligatoria o, in alternativa, 26 contributi settimanali nel corso dei 12 mesi precedenti alla richiesta. Se la contribuzione non è sufficiente a raggiungere i requisiti per l’indennità può comunque servire per accedere all’assegno di maternità.
La domanda per il congedo di maternità o paternità, indica l’Inps, va presentata
Prima dell’inizio della maternità e mai oltre un anno dalla fine del periodo indennizzabile, pena la prescrizione del diritto all’indennità. La lavoratrice è tenuta inoltre a comunicare la data di nascita del figlio e le relative generalità entro 30 giorni dal parto.
Come negli altri casi anche per i collaboratori domestici la domanda di congedo va presentata sul portale web del Servizio di previdenza nazionale (www.inps.it), oppure rivolgendosi ai servizi telematici degli enti di patronato o, ancora, telefonando al Contact center al numero 803 164 da rete fissa e 06 164 164 da cellulare.
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