Parlare di parental burnout significa andare a toccare nervi scoperti (nel vero senso della parola) di molti genitori, ma anche un tasto dolente a livello culturale.

È uno di quegli argomenti di cui si fa sempre fatica a parlare, di cui chi ne soffre prova un certo senso di vergogna e senso di colpa esasperati proprio dalla cappa di argomento tabù che sembra esservi calato sopra. Eppure è un fenomeno molto diffuso e in aumento (anche come – ennesima – conseguenza della pandemia da Covid-19) sul quale è importante porre attenzione.

Sia per offrire ai genitori travolti dagli impegni dell’essere padri e madri (senza per questo sminuire l’amore verso i propri figli) la consapevolezza di non essere “cattivi genitori” e allo stesso tempo trovare rimedi efficaci

Cos’è il parental burnout?

Come riferisce l’American Psychological Association, ricordando come la sindrome da burnout sia riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, questa è una condizione caratterizzata da esaurimento emotivo, depersonalizzazione e diminuzione dell’autorealizzazione.

La sindrome da burnout è spesso associata a professioni altamente stressanti e con enormi responsabilità (medici, avvocati, operatori finanziari), ma da diversi studi è emerso come anche i genitori possono soffrirne a tutti gli effetti. Per questo motivo è possibile definire il parental burnout come una sindrome da esaurimento nella quale ci si sente sopraffatti sia mentalmente che fisicamente. Tanto che i genitori si ritrovano privi di energie, incapaci di andare avanti e percepiscono inadeguatezza nel compito che si ritrovano a svolgere.

È bene precisare che, al pari di altre condizioni psicologiche gravi, è doveroso distinguere da una sindrome vera e propria e un senso di stanchezza, per quanto grave. Nel parental burnout, infatti, l’esaurimento psicofisico legato alla cura dei propri figli porta il genitore che ne soffre a sentire la necessità di prendere le distanze dal proprio bambino. Tanto che non è raro che i genitori siano terrorizzati al sentire il proprio bambino avvicinarsi o che si è svegliato da un riposino probabilmente breve e incostante.

Il parental burnout può verificarsi in qualsiasi momento, non è un fenomeno associato solo ai primi mesi e anni di vita del bambino. Spesso, come anticipato, a peggiorare la situazione è un approccio superficiale da parte del partner o della cerchia familiare più intima, incapace di coglierne i segnali e derubricando i sintomi di malessere a passeggeri o ingiustificati. Della serie “hai voluto la bicicletta, ora pedala” senza lamentarti, magari aggiungendo insensati parallelismi con il passato nel quale si è stati genitori senza aiuti e con meno risorse e opportunità.

Chi è genitore ha perfettamente chiaro questo tipo di condizionamento, mentre chi lo sta per diventare (o non lo è) fa fatica a comprendere dinamiche di questo tipo. Dinamiche che esplodono letteralmente minando anche le più solide stabilità, intaccando e logorando qualsiasi forma di benessere e innescando un circolo vizioso dal quale diventa difficile uscire.

Le cause del parental burnout

L’esaurimento, fisico ed emotivo, e il senso di smarrimento, sono molto personali, motivo per cui la casistica legata al parental burnout può essere molto ampia. Volendo sintetizzare si possono individuare delle cause prime nel cambio delle abitudini e dei ritmi di vita, nelle preoccupazioni sulla crescita sana dei propri figli (presente in tutte le età, specialmente quelle nelle quali si ha una responsabilità diretta), nei problemi nel sonno.

Ad aggravare un quadro già abbastanza fragile possono intervenire anche la distanza o l’assenza delle rispettive famiglie (determinando un senso di isolamento), i problemi economici e lavorativi e, ancora, le esigenze specifiche nell’assistenza di bambini affetti da qualche grave patologia.

I sintomi del parental burnout

Se sono tante le cause, tantissimi sono i sintomi che accompagnano il parental burnout e anche questi sono molto variabili da persona a persona. I principali sono un profondo affaticamento, senso di stanchezza e svuotamento, provare sentimenti di insicurezza, impotenza e disperazione, così come una scarsa o assente motivazione, senso di solitudine , confusione, intolleranza e irritabilità.

A questi si aggiungono anche cambiamenti nell’appetito, mal di testa e dolori muscolari. Tutta questa complessa sintomatologia può poi portare chi è affetto da parental burnout ad abusare di alcol o droghe trovando in esse sollievo e temporanea consolazione ai disagi che si stanno vivendo.

Gli specialisti individuano diverse fasi che accompagnano l’evoluzione del parental burnout e che permettono di riconoscere questa particolare condizione. La prima è quella di sentirsi travolti dallo stress. A seconda dell’età dei figli i genitori possono percepire un forte disagio nel prendersi cura dei piccoli o nei contrasti che emergono con i più grandi.

La fase successiva è quella che porta i genitori a prendere le distanze dai figli quasi come istinto di sopravvivenza, generando la terza fase nella quale i genitori percepiscono una mancanza di motivazione nel loro essere madri e padri.

Parental burnout e Covid-19

Vi abbiamo fatto cenno ma è doveroso approfondire, per quanto possibile, quanto la pandemia e le relative misure di contenimento della diffusione del virus abbiano creato, aumentato o esasperato le condizioni di stress, anche a livello genitoriale. Madri e padri che si sono ritrovati per settimane e mesi completamente soli a dover affrontare un profondo senso di incertezza, a spiegare ai propri figli il perché dell’impossibilità di vedere nonni, zii e amici e a gestire una routine quotidiana costantemente destabilizzante.

Turni di didattica a distanza e l’inevitabile bisogno di andare a lavoro, senza poter contare sull’aiuto di parenti o amici, necessità di supplicare all’educazione scolastica, bisogno di trovare stimoli e attività per impegnare i bambini, così come tutte le conseguenze che molti hanno vissuto (e stanno vivendo) nella perdita del lavoro o una diminuzione dello stipendio per gli orari di lavoro ridotti.

Tutto questo è direttamente legato a enormi conseguenze sulla salute mentale dei genitori, che poi inevitabilmente si riflettono anche sui figli.

Parental burnout: le conseguenze e come uscirne

Quali conseguenze può provocare l’accensione di un esplosivo? Ecco, il parental burnout può avere i medesimi effetti distruttivi e travolgenti che coinvolgono non solo il singolo genitore, ma anche il partner, i figli, la famiglia e la propria efficienza professionale.

Gli effetti del parental burnout possono essere molto più gravi di una “semplice” crisi e sebbene sia una fase transitoria che si risolve perché cambiano le pressioni (tendendo a diminuire) dell’essere genitori non è scontato che la risoluzione del burnout in sé lasci conseguenze meno gravi. Non è raro assistere a fenomeni di violenza e negligenza, verso i figli ma anche verso sé stessi e il partner, così come lo sviluppo (o l’aumento) di fenomeni di ansia, depressione, disturbi alimentari e dipendenza. Vanno registrati anche i rischi associati all’aumento di tensioni e conflitti (che possono determinare sensi di colpa e fenomeni di isolamento) così come lo sviluppo di comportamenti ossessivo compulsivi.

Anche alla luce di tutto quello che abbiamo detto proviamo a individuare alcuni consigli utili per affrontare e prevenire il parental burnout. Consapevoli che, al pari di tutte le altre sindromi e patologie che inficiano la salute mentale, possono richiedere l’intervento di uno specialista e che non possono essere risolte con una buona dose di ottimismo e buona volontà che, anzi, rischiano di peggiorare profondamente lo stato di chi ne soffre.

1. Fissare dei limiti

Chi è travolto dalle emozioni negative ha più difficoltà a respingerle, ma è importante (anche come prevenzione per chi sta per diventare genitore e conosce le proprie fragilità) fissare dei limiti oltre i quali non è possibile andare. Questi devono essere dei paletti da non superare e che quando si percepisce di esservi a ridosso intervenire per arginare la situazione e porvi un, anche parziale, rimedio.

2. Prendere una pausa

Il mestiere di genitore (a differenza del burnout che coinvolge i professionisti di qualsiasi settore) non conosce ferie, permessi o aspettative ed è quindi più difficile riuscire a sospendere (anche solo per qualche ora) le proprie attività di madri e padri. Nei primi mesi di vita, poi, per le donne è ancora più complicato potendo essere coinvolte nell’allattamento. In tutti i casi, magari organizzandosi con il proprio partner o con una persona fidata, prendersi una pausa di qualche ora, utile per riposare o pensare ad altro, non è né un peccato né una colpa e, anzi, può essere benefico per tutti, genitori e bambini.

3. L’importanza di parlarne

Non è facile e spesso il parental burnout coinvolge anche i rapporti tra i genitori, ma trovare qualcuno con cui parlare di ciò che si prova, senza vergogna, può essere prezioso per sfogarsi e ritrovare energie. Il dialogo, con un amico o una persona fidata, permette di superare il fenomeno di smarrimento, isolamento e senso di colpa che spesso attanaglia chi soffre di parental burnout.

4. Modificare la routine

Può sembrare un consiglio banale, ma si rivela molto utile riuscire a cambiare la propria routine quotidiana, anche “solo” per ottenere brevi benefici. Il parental burnout è un muro che può essere demolito anche a piccoli colpi e per trovare sollievo è possibile interrompere il meccanismo di ripetizione asfissiante delle azioni quotidiane, liberando la mente e alleggerendo la pressione.

5. Investire sulle capacità genitoriali

Per alcuni genitori leggere libri, guardare video o ascoltare storie di altri genitori che hanno vissuto le stesse dinamiche aumenta il senso di disagio, ma per altri, invece, può essere utile investire su queste conoscenze. Sapere che altri ce l’hanno fatta, e soprattutto come hanno affrontato una crisi di questo tipo, può aiutare a trovare elementi in comune da applicare alla propria realtà per migliorare la propria situazione. E capire che il parental burnout non è mai una colpa, ma un malessere dal quale liberarsi e non giustificarsi.

6. L’importanza dei rapporti umani

Trovare e mantenere una vita sociale è per molti genitori un problema legato agli orari e alle abitudini dei propri figli. Riuscire a conservare queste relazioni, anche se in misura ridotta o diversa dal solito, è di straordinaria importanza per diversi motivi. Innanzitutto per uscire dall’idea che l’essere genitore sia l’unica dimensione di cui si vive, ma anche per pensare ad altro, parlare e trovare sostengo alle varie necessità quotidiane.

7. Avere pazienza

Il parental burnout distrugge tutte le energie e spesso ci si sente colpevoli di non essere in grado di evitarne le conseguenze. Eppure è doveroso ricordare (e ricordarsi) che l’essere genitori è più complicato di quanto si pensi e che i figli non hanno bisogno di supereroi, ma di padri e madri con i quali crescere. È quindi normale avere delle cadute, sbagliare e sentirsi stanchi e sopraffatti e che queste dinamiche non sono sintomo di essere cattivi genitori, ma genitori che vivono la propria realtà quotidiana.

8. Cura di sé

Prendersi cura della propria persona, anche se il tempo per farlo è per i genitori sempre meno e sempre poco, rimane sempre un buon antidoto contro ogni forma di stanchezza. Che si tratti di tempo da dedicare al riposo, allo sport o a qualche attività di svago capace di allentare la pressione delle proprie responsabilità quotidiane è bene non rinunciare a questo tipo di impegno da inserire all’interno della propria routine quotidiana.

9. Chiedere aiuto

Spesso tutti questi suggerimenti sono utili a far rientrare il disagio, qualora però non fosse così, è importante non sottovalutare il malessere e chiedere un aiuto specialistico per evitare che si esasperino certe dinamiche e si aggravi il senso di esaurimento.

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