Il rischio di contrarre un infezione è una delle principali fonti di complicanze della gravidanza, un insieme di condizioni che possono compromettere lo sviluppo del feto e la salute della donna. La diagnosi tempestiva di queste infezioni è fondamentale per poterle gestire, laddove possibile, con un intervento terapeutico adeguato. Questo perché l’infezione che colpisce l’organismo materno può essere trasmessa al feto o per via placentare, durante il parto o anche tramite l’allattamento al seno.

Per questo motivo nel primo trimestre di gravidanza (e nelle coppie che si stanno preparando per cercarne una) viene prescritto il cosiddetto TORCH test, un esame di screening che verifica l’eventuale presenza di un’infezione, l’arco temporale nel quale è stata contratta, se ha interessato il feto e, alla luce di questi dati e della gravità dell’infezione, consentire al medico di stabilire un trattamento adeguato.

A cosa serve il TORCH test?

L’acronimo TORCH fa riferimento a: Toxoplasmosis, Other, Rubella, Cytomegalovirus e Herpex Simplex, ovvero il gruppo di malattie infettive più comuni (tra il 2% e il 3%) associate ad anomalie congenite.

Si tratta di infezioni che solitamente nei soggetti sani non sono pericolose ma che diventano un problema clinico grave nelle donne in gravidanza. Parliamo della Toxoplasmosi, della Rosolia, del Citomegalovirus, dell’Herpex Simplex e di altri agenti patogeni come la sifilide, la varicella, il parvovirus B19 e l’HIV che possono interessare una gravidanza e rappresentare un elevato rischio per la sopravvivenza e la salute del feto, oltre quello, anche se più lieve, di morbilità materna.

TORCH test: come si effettua?

Il TORCH test viene eseguito su diversi step in base agli esiti di ciascun passaggio. Il primo livello di analisi si effettua mediante un semplice prelievo di un campione di sangue venoso della donna in gravidanza. Tramite questo campione vengono effettuati diversi esami e controlli che prevedono la ricerca degli anticorpi specifici IgG e IgM per definire lo stato immunologico (se l’infezione è in corso o se la donna ha i relativi anticorpi) e il test PCR sulla proteina C reattiva. Successivamente, nel caso di presunto contagio, si procede con test di II livello di biologia molecolare per l’avidità degli anticorpi specifici IgG per individuare l’agente responsabile dell’infezione e confermare la diagnosi.

Il terzo step del TORCH test è quello che prevede l’esecuzione di test genici per verificare se l’infezione ha colpito il feto valutando la presenza dell’agente eziologico nel sangue del cordone ombelicale o nel liquido amniotico. Laddove necessario il TORCH test viene eseguito anche nei neonati con prelievo di sangue tramite puntura sul tallone del piede e la presenza di IgM specifiche entro un mese dal parto conferma la diagnosi di infezione congenita.

In base all’esito del TORCH test, al tipo di infezione e all’eventuale coinvolgimento del bambino vengono prescritti ulteriori esami e controlli durante tutta la gravidanza in modo da monitorarne lo svolgimento e ridurre il più possibile i rischi associati a queste condizioni.

Quando fare il TORCH test

Il TORCH test è raccomandato alle donne in gravidanza entro il primo trimestre, a quelle che stanno cercando di ottenerne una e ai neonati che alla nascita manifestano un segno riconducibile a una di queste infezioni.

TORCH test: i risultati

L’esito del TORCH test è negativo (il più delle volte) o positivo. Come abbiamo visto l’esame individua la presenza degli anticorpi IgG e IgM. I primi, che rappresentano una risposta immunitaria secondaria, sono quelli che indicano che la donna ha contratto l’infezione e ha sviluppato i relativi anticorpi. Gli anticorpi IgM, invece, che indicano una risposta immunitaria primaria, sono quelli che si sviluppano quando l’infezione è ancora in corso e che si trova in una fase acuta (o terminata da poco).

Un TORCH test che abbia IgG e IgM assenti è un esame negativo che indica che la donna non ha contratto nessuna di queste infezione e allo stesso tempo non ha la protezione adeguata qualora dovesse entrare in contatto con uno degli agenti patogeni. Il test è negativo anche se le IgM sono negative e sono positive le IgG in quanto la donna è immune da un’infezione in quanto l’ha contratta in passato e questa non è attualmente in corso e quindi non rappresenta un rischio per il feto.

Contrariamente il TORCH test può restituire il risultato positivo per una delle infezioni ricercate quando si riscontra la presenza degli anticorpi IgG e IgM. In questo caso l’infezione è in corso e vanno effettuati tutti i controlli del caso. Se a essere positivi sono gli anticorpi IgG l’esame viene ripetuto dopo 2 settimane per confrontare i livelli degli anticorpi; un loro aumento indicherebbe un’infezione recente da verificare attentamente.

Un’infezione da toxoplasmosi, rosolia, citomegalovirus, herpex simplex, sifilide, varicella, parvovirus B19 o HIV in gravidanza può essere molto grave e pericolosa perché può portare a un parto pretermine, seri problemi di salute, un incompleto o scorretto sviluppo degli organi del feto fino a un aborto spontaneo o episodi di natimortalità.

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  • Gravidanza