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L'esame della proteina C reattiva consente di individuare se è in corso un'infiammazione o un'infezione e valutare l'andamento della terapia. Ecco cosa può indicare durante la gravidanza.
Scopriamo, quindi, quali sono i valori di riferimento della proteina C reattiva e quando viene richiesto l’esame della PCR in gravidanza e cosa possono indicare i valori.
Propriamente la proteina C reattiva, spiega la Società Italiana di farmacologia (SIF) è una proteina sintetizzata dal fegato e dagli adipociti ed è utile ai fini clinici perché la sua concentrazione nel sangue aumenta in presenza di diversi processi infiammatori.
L’aspetto interessante, aggiunge l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è che questa proteina viene rilasciata nel sangue a poche ore di distanza dall’inizio di un’infiammazione, di un’infezione o di un danno ai tessuti.
Inoltre spesso l’aumento della concentrazione precede la comparsa di febbre, dolore e altri disturbi. Inoltre l’aumento dei valori della PCR si possono verificare anche dopo un attacco cardiaco, dopo sepsi, un’ustione o dopo un intervento chirurgico.
La misurazione della PCR nel sangue viene spesso accompagnato a quello della VES, la velocità di eritrosedimentazione, in quanto da sola non è sufficiente per diagnosticare una malattia specifica. I valori della PCR sono invece utili come indicatore della presenza di un’infiammazione e della sua gravità, ma anche per seguire come evolve l’efficacia di una terapia.
A differenza della VES, inoltre, il suo incremento è più rapido e intenso così come il ritorno nei limiti con la guarigione.
L’esame della PCR si effettua mediante prelievo di sangue dalla vena di un braccio e non è richiesto di essere a digiuno. Inoltre al termine del prelievo è possibile riprendere da subito le proprie attività quotidiane.
L’analisi della concentrazione della PCR nel sangue è considerata un indicatore utile per confermare o smentire, come evidenziato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, il sospetto di un’infezione, una malattia autoimmune, una patologia infiammatoria intestinale o un danno di origine ischemica o per verificare l’andamento di una cura.
Normalmente la concentrazione della PRC nel sangue è molto bassa (inferiore a 8 mg/L). Se i valori sono tra 0,5 e 1.0 mg/dL potrebbe esserci uno stato infiammatorio non acuto, mentre è acuto e di grado lieve o moderato se i valori sono tra 1,0 e 10 mg/dL. L’infiammazione è invece estesa e intensa se i valori della PCR sono superiori a 10 mg/dL.
Va anche detto che l’aumento della PCR è maggiore in caso di infezioni batteriche, mentre è più moderato in presenza di infezioni virali. Inoltre l’aumento della concentrazione della PCR indica la presenza di un’infiammazione o un’infezione improvvisa e acuta ma non consente di identificare gli organi coinvolti.
Uno studio pubblicato su Frontiers mostra come la PCR in gravidanza è elevata rispetto a quella delle donne non in gravidanza con i livelli che nei primi due trimestri sono simili mentre aumentano durante il terzo trimestre.
È inoltre utile evidenziare, facendo riferimento a uno studio pubblicato su ScienceDirect, che i livelli materni di PCR nelle prime fasi della gravidanza sono associati a una riduzione della crescita fetale e a un aumento del rischio di complicazioni neonatali.
Inoltre, aggiunge lo studio pubblicato sul Journal of Prenatal Medicine, i livelli della PRC in gravidanza possono essere utilizzati come biomarcatore per prevedere un parto prematuro.
Sempre questo studio suggerisce come i livelli di PRC in gravidanza possano essere utilizzati come biomarcatore di screening predittivo per il rilevamento di infezioni subcliniche responsabili di contrazioni uterine pretermine, così da valutare un intervento precoce finalizzato a ridurre la morbilità e la mortalità perinatale.
I valori alti di PCR sono considerati normali in alcune condizioni non patologiche, ovvero l’ultimo periodo di gravidanza, nelle persone con obesità, in quelle che stanno seguendo una terapia farmacologica e nel neonato nei primi giorni di vita.
L’aumento della concentrazione della PCR può essere associato a infezioni batteriche o virali come polmonite, tubercolosi, bronchite, scarlattina, varicella, mononucleosi e infezioni urinarie e intestinali, ma anche a cardiopatie, malattie autoimmuni, diabete di tipo 2, malattia della pelle, del tessuto connettivo e dei vasi sanguigni e alcune forme tumorali.
È utile sapere anche che i livelli di concentrazione della proteina C reattiva aumentano quando si assumono pillole contraccettive o si segue una terapia ormonale.
Bassi livelli di PCR indicano che l’infiammazione si sta riducendo e, se inferiori a 10 mg/L, che l’infiammazione è assente.
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