L’embrione è pronto per l’impianto? Abbiamo parlato di blastocisti con l'esperto

Durante il loro sviluppo gli embrioni raggiungono dopo alcuni giorni lo stadio di blastocisti. Questo è fondamentale per valutare il successo del transfer durante una fecondazione in vitro. Scopriamo perché e quali sono le caratteristiche di questo stato embrionale.

Quando si parla di procreazione medicalmente assistita (PMA) è importante, per capire cosa si intende e valutare quale percorso intraprendere, comprendere nel dettaglio le varie fasi di queste procedure. Tra le tecniche di fecondazione assistita vi è la cosiddetta fecondazione in vitro che prevede come ultimo step quello del transfer degli embrioni. Questa è solo l’ultima fase di un percorso iniziato con la stimolazione dell’ovaio e che passa per il prelievo e la fecondazione degli ovociti e la coltura embrionaria.

Nella coltura degli embrioni, per migliorarne le possibilità di successo, si parla spesso di blastocisti. Per conoscere cosa sono, quali caratteristiche hanno, come si formano e qual è il loro ruolo all’interno delle pratiche di fecondazione assistita, abbiamo intervistato il Dottor Raffaele Carputo, direttore clinico del centro PMA Criagyn – Clinica Ruggiero di Cava de’Tirreni (SA) che ci ha spiegato le fasi di formazione embrionale e le valutazioni che vengono eseguite prima del trasferimento in utero.

Blastocisti: cosa sono?

Dottor Carputo, cosa sono le blastocisti?

La blastocisti è uno stadio di evoluzione embrionaria caratterizzato da determinati parametri morfologici; gli embrioni che assumono tale conformazione in cinque o sei giorni di osservazione hanno ottime possibilità di dare luogo ad una gravidanza evolutiva, tanto in vivo che in vitro.

Parliamo quindi di una fase di sviluppo che è oggetto di attenzioni in laboratorio durante le pratiche di fecondazione assistita, ma che avviene normalmente anche in una fecondazione naturale?

Sì, anche in vivo, per quanto non ce ne si renda conto, si arriva a questo stadio embrionario che prende il nome di blastocisti.

Perché è importante lo stadio di blastocisti?

Non tutti gli embrioni sono capaci di arrivare a questa fase, ma solo tra il 40% e il 60% degli ovociti fecondati arrivano a questa fase,

Che indicazioni dà un embrione che è riuscito a raggiungere questo stadio?

Un embrione coltivato in vitro che arriva allo stato di blastocisti dopo cinque o sei giorni di osservazione è un embrione che ha un’ottima prognosi di impiantarsi e di dar luogo a una gravidanza. A volte gli embrioni tardano uno o due giorni in più ad arrivare a questo stadio ossia al giorno 7-8 di osservazione, in questi casi però i risultati non sono brillanti, anzi tutt’altro.

Caratteristiche e tipologie delle blastocisti

Quali sono le caratteristiche delle blastocisti?

Una blastocisti è costituita da varie parti. Precisamente nella blastocisti è possibile differenziare una struttura che prende il nome di blastocele, una zona pellucida, una massa cellulare interna e un trofoectodermo che si divide in polare e murale.

Come si distinguono le blastocisti?

Le blastocisti sono state classificate, da un punto di vista qualitativo da Gardner nel 1998. Questa classificazione valuta le dimensioni, la forma e il grado di compattazione della massa cellulare interna, del blastocele e del trofoectodermo. Esistono vari gradi che si possono dare a queste entità che vanno dalla A alla D; alle lettere A e B corrisponde migliore qualità e quindi una maggiore probabilità di impianto al trasferimento quando facciamo una tecnica in vitro.

Dallo zigote alla blastocisti

Quali sono le fasi e i passaggi che portano lo zigote (la cellula uovo fecondata) a diventare una blastocisti?

Tanto che in vivo che in vitro il primo passaggio per dar luogo alla vita è l’unione di uno spermatozoo, che è il gamete maschile, con un ovocita, che è il gamete femminile. Quando questo avviene si verifica l’unione del materiale genetico maschile e femminile. Quando l’inseminazione degli ovuli avviene in vitro, quindi di forma artificiale, c’è una tempistica precisa nella quale il biologo va a valutare se effettivamente si è verificata la fecondazione.

L’ intervallo ottimale è di 16-18 ore. Dopo questo intervallo di tempo dall’inoculazione dello spermatozoo all’interno dell’ovocita, procedura definita ICSI, bisogna osservare la fecondazione, ossia la formazione da un punto di vista microscopico di due pronuclei e l’estrusione del secondo corpuscolo polare. Questa è una fecondazione corretta che dà luogo, da un punto di vista tecnico, a una struttura che prende il nome di zigote, ovvero di una cellula contenente il patrimonio genetico della coppia. Questo zigote in cinque o sei giorni, se ha uno sviluppo corretto, porterà allo sviluppo di una blastocisti che è quel tipo di embrione  capace di penetrare nella parete uterina e dar luogo alla gravidanza evolutiva.

Blastocisti e fecondazione assistita

Dottor Carputo, da cosa dipende che l’embrione possa non arrivare allo stadio di blastocisti? È una probabilità, qualcosa che può succedere, o ci sono delle cause ben precise?

Generalmente è riconducibile a una problematica ovocitaria o degli spermatozoi. Quando c’è una riduzione della qualità ovocitaria e/o spermatica spesso gli zigoti non riescono ad arrivare a questo stadio perché si bloccano durante il cammino.

Quali sono i tempi e le fasi che durante la fecondazione in vitro vengono monitorati?

Lo zigote si forma dopo 16-18 ore dalla fecondazione, quindi dopo il primo giorno. Nel secondo giorno di sviluppo dovremmo avere in coltura degli embrioni che hanno un numero di cellule generalmente compreso tra le 2 e le 5; l’ideale è che siano 4. Nella terza giornata di sviluppo, dopo circa 72 ore, abbiamo lo sviluppo di embrioni costituiti da un numero di cellule tra le 6 e le 12; l’ottimale è che siano di 8 cellule. Nella quarta giornata di sviluppo, invece, si hanno degli embrioni che prendono il nome di morule e solo successivamente, in quinta o sesta giornata, dovremmo osservare le blastocisti. Questi passaggi possono subire blocchi o rallentamenti.

Embrioni bloccati o fortemente rallentati, se trasferiti in utero, non danno luogo a una gravidanza evolutiva. Da qui i vantaggi di trasferire l’embrione nell’utero solo allo stadio di blastocisti.

Il trasferimento in utero avviene sempre quando gli embrioni raggiungono questo stadio?

Non sempre si trasferiscono gli embrioni nell’utero allo stadio di blastocisti, a volte viene fatto prima che raggiungano questo stadio. Questo però comporta che non sapremo mai se tale embrione arriva allo stadio di blastocisti; questo può portare a trasferire embrioni che non hanno la capacità di dar luogo a un bambino che nasce. Pertanto il trasferimento degli embrioni allo stato di blastocisti è il trasferimento di un embrione selezionato con una maggiore capacità di dar luogo a una gravidanza evolutiva.

Quali sono i vantaggi di attendere che l’embrione diventi blastocisti?

Sono differenti i vantaggi di trasferire gli embrioni allo stato di blastocisti. Il primo, come abbiamo visto, è una migliore selezione degli embrioni. È poi stato osservato che trasferendo gli embrioni allo stato di blastocisti c’è una migliore sincronia tra la blastocisti stessa e l’endometrio. Bisogna considerare che l’utero è pronto ad interagire con le blastocisti, non con gli embrioni in stadi precedenti, tanto è vero che quando vengono trasferiti in stadi precedenti gli embrioni non aderiscono all’utero, ma lo faranno solo quando avranno raggiunto lo stadio di blastocisti.

Questo tra l’altro è quello che avviene in natura perché gli embrioni in stadi precedenti a quelli delle blastocisti si trovano ancora nella tuba e non nell’utero. Inoltre quando si eseguono le tecniche di fecondazione assistita, normalmente c’è una piccola infiammazione dovuta all’intervento; più giorni passano e più la paziente si riprende dal trauma chirurgico dovuto all’estrazione degli ovuli o pick-up. Pertanto più l’utero riesce a riposare meglio è; se trasferiamo gli embrioni dopo cinque giorni e non dopo tre, l’utero sarà più riposato e meno contrattile e meno propenso ad espellere gli embrioni che vengono poi trasferiti.

Infine, ma non meno importante, facendo una selezione degli embrioni possiamo anche trasferirne di meno e questo riduce le probabilità di gravidanze gemellari. Attendere che gli embrioni arrivino allo stato di blastocisti evita anche il fenomeno dei transfer con false aspettative da ridotta qualità embrionaria in giorni precedenti al quinto.

Anche alla luce di tutti questi vantaggi perché a volte si trasferiscono gli embrioni prima che siano arrivati allo stadio di blastocisti?

Perché prendiamo in considerazione il razionale per il quale l’embrione si trova meglio in un ambiente fisiologico come l’utero rispetto al laboratorio. Tutto però dipende dal numero e dalla qualità degli embrioni. Se in terza giornata di sviluppo abbiamo un numero di embrioni superiore a 2 o 3 e tutti in ottime condizioni come facciamo a scegliere quale trasferire visto che sono tutti uguali tra loro? In questi casi l’idea è quella di aspettare che questi embrioni diventino blastocisti; alcuni inevitabilmente moriranno durante il cammino e quelli che diventeranno blastocisti li trasferiamo e se ce ne fossero in eccesso comunque li possiamo congelare.

Viceversa se in terza giornata si ha un numero ridotto di embrioni di buona qualità, che senso ha stressare gli embrioni lasciandoli in un ambiente artificiale? Considerando che non si ha tanta scelta tanto vale trasferirli in un ambiente più sicuro e se diventeranno blastocisti c’è una buona possibilità di avere una gravidanza. Così si evita, anche solo da un punto di vista teorico, che questi pochi embrioni non sopravvivano in laboratorio.

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  • Fecondazione Assistita