Anonimo

chiede:

Gentile Dott.ssa,
ho 34 anni, due anni fa ho avuto una gravidanza extrauterina a causa
della quale mi è stata tolta una tuba.
Non sapevo di essere incinta e non desideravo ancora avere un bambino.
Mi è stato detto che a causa dell’emorragia ho rischiato molto, al momento
dell’arrivo in ospedale le mie condizioni erano molto gravi, sono stata
operata d’urgenza e mi sono state fatte 3 trasfusioni di sangue.
Inizialmente ho provato un senso di sollievo, ero viva! Poi è iniziata la
mia sofferenza.
Un forte senso di vuoto e di tristezza il desiderio di avere quel
bambino. In questi due anni ho provato a rimanere incinta ma gli ostacoli sono
tanti, c’è sempre qualche problema di salute che me lo impedisce ed il
rischio alto di una nuova gravidanza extrauterina. Premetto che non ho
paura di un nuovo intervento ma delle conseguenze emotive e fisiche
(impossibilità di concepire naturalmente).
Da quando è successo tutti, e intendo proprio tutti, amici e parenti che
frequentavo hanno avuto o stanno per avere un bambino, 8 nuove nascite.
Quello che mi preoccupa di più è la rabbia che provo contro tutto e
contro tutti.
Non voglio vedere nessuno di loro, per me è una sofferenza incredibile
andarli a trovare e dover ascoltare i loro discorsi e le lamentele che
riguardano sempre e solo i loro bambini e le loro gravidanze.
Mi sento cattiva e invidiosa, vorrei gioire per loro ma desidero solo non
avere niente a che fare con loro.
Mi da fastidio essere guardata con compassione e essere consigliata da
chi non ha nessuna idea di ciò che provo.
Mi dica per favore come posso uscire da questo isolamento interiore, come
posso fare per non provare più sentimenti di rabbia, ho bisogno che
qualcuno mi capisca e sento che nessuno lo può fare.
Grazie

Gentilissima,
quando guardiamo qualcosa con una lente di ingrandimento, abbiamo la
possibilità di concentrarci su piccoli particolari, potendoli vedere molto
grandi e distinguibili ma, per fare questo, dobbiamo trascurare tutti i
particolari dell’oggetto che non ricadono sotto il fuoco della lente. Allo
stesso modo, in questo momento, lei guarda il mondo con questa specie di
lente di ingrandimento, che si concentra sempre sui bambini, trascurando
tutto quello che c’è intorno a loro. Sicuramente non si accorge dei problemi
che hanno i loro genitori, delle loro piccole e grandi infelicità, delle
loro possibili crisi personali e di coppia, ecc. Lei vede solo ciò che le
interessa vedere, in modo da rendersi, quanto più possibile, infelice. Se
lei butterà questa lente di ingrandimento nel cestino e proverà a guardare
alle cose per quello che sono, vedendole integralmente, senza concentrarsi
su quello che al momento le interessa di più, si accorgerà che, per una
ragione o per un’altra, le persone che tanto invidia, forse non sono più
felici di lei, anche se hanno un figlio. Un figlio infatti è, per una donna,
una delle esperienze più importanti della vita, ma l’avere un figlio non è,
di per sé, purtroppo, un talismano per la felicità: altrimenti negli studi
degli psicologi dovrebbero esserci solo donne nubili, nullipare o anziane…
Le assicuro che invece, purtroppo, non è così: molte giovani mamme possono
sentirsi molto depresse e infelici, nonostante abbiano uno o più
figli. Dunque, lasci che il suo sguardo superi i ristretti orizzonti nei
quali l’ha contenuto e concentrato in questo ultimo periodo e provi a porsi
dei nuovi obiettivi di felicità: come poter essere felice nonostante non
abbia un figlio suo? Come trasformare la sua vita per renderla intensa,
appagante, ricca di emozioni positive e di relazioni affettive con gli
altri, a prescindere dall’arrivo di un bebè? La sua felicità personale non
può e non deve dipendere da fattori esterni: lei deve cercare un equilibrio
dentro di sé. Se poi, come credo e spero, un figlio verrà ad allietare
ulteriormente la sua vita, sarà un bambino molto felice, perché troverà ad
accoglierlo una madre saggia, positiva ed ottimista.
Cari saluti e in bocca al lupo!

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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