Anonimo

chiede:

Gentili dottori, chi scrive è una donna di 35 anni, mamma di una bambina
di 3 anni e mezzo. Sono sposata con un mio coetaneo da quasi sette anni.
Sono consapevole di essere una persona ansiosa e timorosa. Questo mio
modo di essere ha sempre portato mio marito a considerarmi isterica,
nevrotica e ad assecondarmi (lui dice per amore) come una bambina che fa i
capricci. Ciò si è esasperato con la gravidanza. Gravidanza che non è
stata proprio tranquilla: in primis il ginecologo mi ha detto che avevo
probabilmente abortito, poi c’è stato la probabilità della sindrome di
down, in seguito ho rischiato di contrarre la varicella (che non ho mai
avuto), infine sono stata ricoverata d’urgenza per presunto parto
anticipato (32 settimane), che non è avvenuto, ma in compenso sono rimasta
un mese all’ospedale con le transaminasi a 600. Sfido chiunque a essere
sereno e serafico in tale situazione. Tuttavia, per il bene del nascituro, sono restata sempre quanto più calma possibile, anche se talvolta mi figuravo scenari futuri terribili. In tutto questo mio marito mi ha sempre ripetuto che ero solo incinta e non malata, si arrabbiava con me se volevo essere accompagnata dal ginecologo, e, quando sono finita in ospedale, mi ha incolpata del fatto che, a causa della mia ansia, avevo causato il tutto (presunto parto anticipato e transaminasi). Durante la mia degenza mi ha telefonato pochissimo, mi è venuto a trovare solo poche volte (pur essendo l’ospedale a mezz’ora di distanza da casa) e se lo chiamavo io,
eventualmente svegliandolo (9.30 di domenica), si arrabbiava tantissimo.
La gravidanza si è conclusa con un cesareo d’urgenza (di notte) e con la
nascita di una bella bambina. Per la gioia sono rimasta sveglia per tre
giorni e tre notti a guardare la bambina. Quando sono tornata a casa, la
prima notte, per la stanchezza non ho sentito immediatamente la bambina
che piangeva e lui, che invece si era già alzato, mi ha definita una mamma
degenere. Lui è un padre amorevolissimo, però io, da allora non riesco a
perdonarlo. Mi sforzo di dissimulare il mio rancore, ma se “parlo con me
stessa” sento di essere arrabbiata e non riesco a dimenticare quei giorni
terribili. Per il bene della bambina continuo a vivere, in un clima
pseudo-sereno, con lui, ma sto facendo realmente il bene della bambina?
Preciso che a lui ho spiegato tutto… ma ancora una volta io sono “una
esagerata pazza… isterica”. Cos’altro posso fare? Io sarei disposta a
rivolgermi ad un terapeuta per la coppia, ma lui dice che la pazza sono
io.
Grazie

Carissima,
immagino non sia stato facile affrontare il periodo della gravidanza che ha descritto, ancora di più per una persona che si definisce ansiosa e timorosa. Fortunatamente la paure non sono state confermate ed è nata una bella bambina. Forse suo marito era arrabbiato con lei (“mi ha incolpata del fatto che, a causa della mia ansia, avevo causato il tutto” “mamma degenere”) e cosi non è riuscito ad esserle accanto in quei giorni come lei avrebbe voluto e aveva bisogno. Dall’evento sono passati tre anni e mezzo in cui regna rabbia e rancore un po’ celati. Su questo potrebbe puntare nel dialogo con suo marito, sul bisogno di comprendervi e la necessità di stare bene come coppia coniugale per essere più sereni come coppia genitoriale. Eventualmente, se lo desidera, potrà decidere di dedicarsi uno spazio per sé, il che non significa essere “pazza, isterica” ma voler occuparsi del proprio benessere, dando voce e significato all’eventuale disagio sottostante alla sua ansia. Cari saluti.

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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