Anonimo

chiede:

Buongiorno, ho 33 anni e sono al mio 4 tentativo di gravidanza; ho avuto infatti 2 aborti spontanei ed una bambina nata prematura al 6 mese,
e morta dopo 5 giorni. Ora abbiamo deciso di riprovarci; sono a riposo perché ho un problema di incompetenza cervicale (ho già fatto un cerchiaggio). I medici sono abbastanza ottimisti, e finora sono riuscita a rimanere tranquilla. Da qualche giorno però sono molto ansiosa, non riesco a vedere un esito positivo a questa gravidanza e sono terrorizzata, ho passato
troppe cose brutte nella mia vita e non ne reggerei un’altra. Non ho nessun
sintomo che presagisca qualcosa di male, ma un chiodo fisso nella mente mi ripete continuamente che fallirò ancora. Ora sono ancora più spaventata, perché
mi hanno detto che possono essere proprio questi pensieri negativi a far
andare male la gravidanza. Per quanto mi sforzi di razionalizzare sulla
situazione, il pensiero torna sempre lì. Mi chiedo se visto ciò che ho passato questo rientra nella normalità, o se devo cominciare seriamente a preoccuparmi. Inoltre posso influire realmente sull’esito della gravidanza? Forse c’è in me una sorta di rifiuto della maternità (ho avuto infatti un pessimo rapporto con mia madre, anche se analizzato in 3 anni di terapia). La ringrazio se mi può chiarire un po’ le idee.

Cara signora,
Penso che se si ha un atteggiamento positivo verso le difficoltà della vita
questo è sicuramente un fattore favorevole per il buon esito di ciò che si
sta affrontando. Non credo però che le sue preoccupazioni (perché di questo
si tratta) possano influire al punto di compromettere la maternità.
Non credo infatti che in lei ci sia un vero rifiuto della maternità perché,
dopo le amare esperienze che ha passato e che sta passando, solo un grande
desiderio può dare la motivazione per andare avanti. E lei ce la sta
mettendo davvero tutta, al di là di qualche pensiero disturbante che è
normale ogni tanto affiori.
Coraggio!

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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