Anonimo

chiede:

Buongiorno, ho una bimba di 3 anni e 10 mesi e una di 5 mesi e mezzo. Durante la gravidanza Giada (la grande) era molto felice all’idea di avere una sorellina e questo finché non è nata, poi per circa 3 settimane è stata molto gelosa e lo dimostrava diventando nervosa e molto agitata. Adesso è contenta della sorellina anche se mi dice che la voleva già grande per giocarci. Io le permetto di prenderla in braccio e di giocarci (entro certi limiti) e Chiara stravede per la sorellona. Quando
c’era solo Giada io giocavo molto con lei. Adesso non ho molto tempo e cerco di giocare ancora, ma proprio non ce la faccio a essere presente come prima. Il problema è che Chiara (la piccola) è una bimba che ha bisogno di continue attenzioni ed anche di notte non dorme molto. Risultato io sono stanca e spesso di fronte alle birichinate di Giada perdo la pazienza ed alzo la voce . Mi rendo conto che a volte la sgrido per niente o urlo eccessivamente. (non alzo mai le mai anche se ogni tanto mi scappa una sberla sul sedere che sembra più un buffetto) mi ritrovo ad urlare come un’aquila mentre Giada piange, ma continua a fare quello per cui la sto sgridando oppure mi dice che sono cattiva e cerca di picchiarmi (questo non sempre) cosa che mi fa innervosire ancora di più. L’altro girono, ad esempio, ero appena riuscita ad addormentare Chiara ed avevo un disperato bisogno di fare una doccia. Dato che Giada pur essendo stanchissima, non voleva dormire le ho chiesto di stare buona un momento altrimenti si sarebbe svegliata la sorellina, lei per tutta risposta ha cominciato a fare rumore ed a chiamarmi in continuo, io che la notte non avevo dormito molto, ho cominciato ad innervosirmi e a sgridarla con un tono di voce (me ne sono resa conto a posteriori) eccessivamente adirato. Totale, dopo una lunga discussione per farla smettere (durante queste liti lei piange a dirotto) dicendole che non doveva svegliare la sorellina, lei mi ha liquidato dicendomi: sei tu che la svegli urlando in quel modo! E questo mi ha fatto sbollire i nervi. Mi pare che non mi porti rancore per queste liti, infatti le chiedo scusa se mi sembra di esagerare e poi le ho chiesto se mi vuole bene anche se urlo e mi ha risposto di sì. Forse queste due ultime cose saranno ulteriori errori, speriamo di no! La mia domanda, comunque è: sono una cattiva madre? Questo mio comportamento sarà nocivo per le mie figlie (sia per il rapporto tra di loro che per il mio verso di loro)? Mi porterà rancore la grande? Come potrei fare per innervosirmi meno ed evitare di urlare con Giada? Non so se possa centrare, ma nella mia famiglia (miei genitori e mia sorella) abbiamo sempre discusso molto alzando il tono di voce e questo era il nostro modo di comunicare. Non so se le ho chiarito molto le idee e mi scuso per la lettera eccessivamente lunga, ma spero di essermi spiegata e di ricevere una sua risposta. Un grazie anticipato

Cara Antonella,
credo che lei si stia rendendo conto solo ora, dopo l’arguta osservazione di
sua figlia su chi in realtà stava vegliando la sorellina, della perfetta
evitabilità di questo comportamento che finora le era parso ‘normale’ in
quanto largamente praticato sia da lei che dai suoi familiari.
Alzare il tono della voce può servire per spaventare l’avversario, per
intimidirlo ed indurlo a rinunciare alla sfida. In realtà lei potrebbe
cercare di essere altrettanto convincente dando dei premi alla bambina
(leggerle una fiaba prima di addormentarsi, comprarle un giocattolo nuovo,
guardare i cartoni insieme davanti alla TV ecc.) se si comporterà come le è
stato richiesto. Cerchi poi di dedicarsi di più alla grande, lasciando se
necessario la più piccola alle attenzioni paterne o, occasionalmente, dei
nonni (ma eviti con attenzione di fare ciò con la grande). Infine, ragioni
sul fatto che urlare è un chiaro segno di debolezza psicologica. Ogni volta
che le verrebbe di farlo, mostri a sé stessa che sa e può fare di più e di
meglio per risolvere una situazione.
I più cordiali saluti.

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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