Il processo di formazione del latte materno (lattogenesi), che inizia prima dell’attaccamento del bambino, si compone di diverse fasi che sono influenzate da una serie di cambiamenti fisiologici che risultano fondamentali per il successo dell’allattamento al seno.

Le fasi della lattazione umana, come riportato nel dossier del Ministero della Salute, sono sostanzialmente tre: lattogenesi I, lattogenesi II e galattopoiesi. La prima fase è quella che inizia all’incirca a metà della gravidanza e dura fino al secondo giorno dopo il parto. Dal terzo all’ottavo giorno si ha la lattogenesi II, che è la fase nota anche con il nome di montata lattea. Infine la fase successiva inizia intorno al nono giorno e si conclude con l’inizio dello svezzamento.

Poniamo la nostra attenzione sulla montata lattea, un momento importante anche per i cambiamenti fisiologici cui va incontro il seno.

Cos’è la montata lattea?

Per montata lattea si intende, come specificato dall’Istituto Superiore di Sanità, la formazione del latte maturo. Il latte materno, infatti, va incontro a una serie di cambiamenti che portano alla formazione prima del colostro, poi del cosiddetto latte di transizione e, quindi, del latte maturo definitivo. Con la montata lattea, quindi, il colostro diventa latte di transizione; si tratta quindi di una fase provvisoria che si verifica nei primi giorni dopo il parto e che determina cambiamenti tanto nel seno quanto nel liquido prodotto.

Entrando più nello specifico, come fatto in questo studio, nella montata lattea vi è l’attivazione secretoria; con l’espulsione della placenta, infatti, si assiste a un rapido calo del progesterone e l’aumento dei livelli di prolattina, cortisolo e insulina stimolano l’inizio di questa fase.

Quando arriva la montata lattea?

Come precisato dall’Ente Ospedaliero Ospedali Galliera la montata lattea si verifica generalmente dopo la terza giornata dal parto, proprio per effetto dei cambiamenti che si verificano dopo il parto.

I sintomi e come riconoscerla

L’arrivo della montata lattea, anche per effetto dei rapidi cambiamenti ormonali, è accompagnato da una serie di sintomi. Le mammelle possono diventare molto dure, dolenti e si possono sperimentare anche alcune linee di febbre. Inoltre, il latte comincia ad assumere i caratteri del latte definitivo, perdendo quelli caratteristici del colostro.

Durante questa fase arriva più sangue al seno per produrre più latte, quindi le mammelle risultano più pesanti e calde. Per alleviare questi fastidi si consiglia di allattare spesso il bambino e di applicare degli impacchi freddi tra una poppata e l’altra. La suzione frequente, infatti, consente di svuotare il seno e di regolare la produzione di latte che si adatta alle esigenze del bambino tra la quarta e la sesta settimana di allattamento, tramite il meccanismo di domanda e offerta.

Con l’aumento della produzione di latte tipico di questa fase si può andare incontro a un ingorgo mammario. Questa situazione si verifica quando la mammella non viene, per qualunque motivo, svuotata completamente e frequentemente. In questi casi il seno diventa caldo, dolente, duro e all’apparenza teso e lucente con un capezzolo teso, appiattito o stirato che rende difficile l’attacco del bambino.

Questo fenomeno si verifica generalmente più avanti, ma esiste, come riportato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, una forma primaria di ingorgo mammario che si verifica proprio in coincidenza della montata lattea. Questo avviene per l’accumulo di liquidi nella mammella causato dal calo dei livelli di progesterone che avviene con l’espulsione della placenta.

Anche in questo caso, la soluzione passa dall’attacco frequente e, parallelamente, dal massaggiare delicatamente il seno, spremendolo manualmente per far fuoriuscire il latte ammorbidendo l’areola (e facilitando l’attacco del bambino). Un bagno caldo e l’uso di reggiseni comodi che non comprimano eccessivamente il seno possono rivelarsi utili per ridurre il fastidio.

La montata lattea tardiva

Va precisato che i tempi che caratterizzano il passaggio dal colostro al latte maturo sono oggetto di grande variabilità e le tempistiche riferite sono un’indicazione e non una regola rigida cui fare riferimento.

Esistono tuttavia una serie di condizioni che possono posticipare l’inizio della montata lattea. Questo “ritardo” avviene generalmente alla prima gravidanza dove l’inizio della montata lattea è leggermente posticipato e il volume del latte è inizialmente inferiore.

Anche il parto cesareo, un parto vaginale difficoltoso, la ritenzione di frammenti di placenta e il diabete possono ritardare l’inizio della montata lattea.

Come stimolarla quando non arriva?

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Fonte: iStock

Quanto avviene dal parto all’inizio dell’allattamento è condizionato, come detto, da una serie di meccanismi e processi da una parte totalmente fisiologici ma che possono essere alterati (e favoriti) da alcune buone abitudini.

Salvo particolari impedimenti all’allattamento, l’arrivo della montata lattea avviene quindi spontaneamente e può essere favorito soprattutto anticipando il più possibile l’attaccamento del bambino. È infatti la suzione e la sua richiesta a regolare il processo di produzione e, quindi, accelerare i tempi con i quali l’organismo soddisfa le necessità del neonato. Anche per questo motivo si favorisce l’allattamento al seno fin dalle prime ore dopo il parto.

Tra le buone abitudini da seguire per stimolare la montata lattea (ma che valgono in generale anche durante l’allattamento con il latte maturo) rientrano anche l’attenzione all’alimentazione materna (che deve essere ricca ed equilibrata), all’idratazione costante, al riposo tra una poppata e l’altra e all’evitare qualsiasi tipo di aggiunta (anche l’acqua) in quanto altererebbe il meccanismo di produzione.

Infine è fondamentale non allarmarsi se l’allattamento non inizia come previsto; in caso di dubbi o problemi è utile rivolgersi a un professionista che sappia offrire indicazioni valide e sgomberare il campo da timori che sono spesso causa di inutile (e nocivo) stress.

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  • Allattamento