Insieme ai capezzoli piatti o invertiti, ai dotti galattofori bloccati, alla mastite, alle ragadi e ai dolori ai capezzoli, l’ingorgo mammario, come riportato dall’Istituto Superiore di Sanità, è uno dei problemi che rendono difficile l’allattamento al seno.

È una condizione dolorosa che interessa molte donne nel periodo post partum e che può provocare, come evidenziato in questo studio, a diverse conseguenze, tra cui uno svezzamento precoce, capezzoli screpolati e ascessi mammari.

Conosciamo le cause, le caratteristiche, i rischi e i possibili rimedi all’ingorgo mammario.

Cos’è l’ingorgo mammario?

Con l’espressione ingorgo mammario si intende quella condizione per cui il seno è troppo pieno di latte, provocandone il gonfiore e l’indolenzimento. È da distinguere, precisa l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, con il fisiologico turgore che interessa il seno dei primi giorni dopo il parto durante la montata lattea (II fase della lattogenesi) quando il seno inizia a produrre il latte.

L’ingorgo mammario è quindi quella condizione di pienezza e compattezza del seno associata a dolore e tensione cutanea.

Le cause dell’ingorgo mammario

Nel documento del Ministero della Salute dedicato all’allattamento al seno, si evidenzia come la causa dell’ingorgo mammario sia da individuare in un’inadeguata rimozione di latte dal seno rispetto alla velocità con cui viene prodotto. L’ingorgo mammario, suggerisce il Cleveland Clinic, può essere un segno di iperlattazione (l’organismo produce più latte di quanto necessario al bambino), ma più comunemente la causa è da rintracciare in un’iperemia.

Si tratta di un aumento di flusso di sangue e linfa (un liquido che fornisce nutrienti vitali ai tessuti e alle cellule rimuovendo i prodotti di scarto) nella zona del seno per favorire l’allattamento; una presenza in eccesso di questi liquidi può provocare l’ingorgo.

Esistono due forme di ingorgo: primaria e secondaria. Nella forma primaria, l’ingorgo mammario si verifica in corrispondenza della montata lattea ed è determinata dall’accumulo di liquidi nella mammella a seguito della riduzione dei livelli di progesterone dopo il secondamento (l’espulsione della placenta). La forma secondaria si verifica invece quando la produzione di latte è maggiore rispetto alla quantità di latte effettivamente utilizzata dal bambino.

Questo può avvenire per diversi motivi. Innanzitutto per uno scorretto attaccamento del bambino al seno, che così riesce a svuotare solo alcune parti della mammella, facendo ristagnare il latte in quelle non svuotate.

Anche l’inizio dello svezzamento e la fine dell’allattamento possono aumentare il rischio dell’ingorgo mammario. Inoltre, l’ingorgo può verificarsi quando si segue l’allattamento a orario e non a richiesta, quando si utilizzano reggiseni e capi d’abbigliamento troppo stretti, quando si interrompe improvvisamente l’allattamento e quando, per diverse ragioni, il neonato non può essere attaccato al seno in maniera frequente e regolare (almeno ogni tre ore).

I sintomi e come si manifesta

In presenza di un ingorgo mammario il seno risulta gonfio, pieno, teso, pesante, caldo e dolente, con la pelle che può risultare arrossata. La zona maggiormente interessata è quella dell’areola, mentre in alcuni casi può essere coinvolta anche una zona più periferica o entrambe le aree.

È utile, anche in un’ottica di gestione e prevenzione, distinguere tra seno pieno e seno con ingorgo. Nel primo caso le mammelle possono essere pesanti ma morbide, da esse il latte fuoriesce facilmente o, se le si tocca, si percepisce dolore e, sebbene il flusso di latte sia rallentato, la sua fuoriuscita consente di alleviare il dolore in maniera piuttosto rapida.

La forma più seria è quella nella quale le mammelle sono dure e dolenti e la fuoriuscita di latte è così rallentata da non consentire nessun sollievo.

Le conseguenze e i rischi

Il principale rischio dell’ingorgo mammario è che esso impedisce la sua fisiologica risoluzione. Rendendo di fatto difficile – se non impossibile – l’attaccamento del bambino con il conseguente svuotamento del seno, la condizione rende a peggiorare diventando più dolorosa e impedendo l’allattamento.

Tra le conseguenze dell’ingorgo può esserci anche la rottura degli alveoli con la fuoriuscita di latte dai tessuti mammari. Queste condizioni favoriscono anche l’insorgenza della mastite, l’infezione della mammella che si manifesta, spiega l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, con sintomi simil-influenzali (dolori muscolari, aumento della temperatura corporea, brividi e malessere).

Ingorgo mammario: i rimedi

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Fonte: iStock

La miglior cura per l’ingorgo mammario è l’allattamento al seno, attaccando il neonato in maniera corretta e posizionandolo in maniera adeguata, in modo che la poppata consenta lo svuotamento regolare del seno. In questo modo, si ha un miglioramento del flusso venoso e linfatico tale da stimolare la produzione di latte e mantenere un ritmo adeguato di produzione coerente con le necessità del bambino. Le indicazioni sono, nei primi giorni dopo il parto, di attaccare il bambino al seno dalle 8 alle 12 volte al giorno.

Nei casi in cui questo non sia possibile, si rivela indispensabile il ricorso alla spremitura manuale del seno. Prima di procedere, può essere utile massaggiare con delicatezza i seni per qualche minuto oppure fare una doccia calda, un massaggio al collo e alla schiena, stimolare il capezzolo per favorire il riflesso dell’ossitocina.

L’estrazione manuale di piccole quantità di latte può rivelarsi utile anche per ammorbidire il seno e agevolare l’attacco del bambino. L’utilizzo del tiralatte, invece, può essere controproducente in quanto può peggiorare l’ingorgo, andando a stimolare ulteriormente la produzione di latte.

In tutti i casi è fondamentale non tenere a riposo il seno in quanto il latte presente va rimosso per evitare lo sviluppo di una mastite o di un ascesso.

Altri metodi spesso riferiti per il trattamento dell’ingorgo mammario (agopuntura, utilizzo di foglie di cavolo, ultrasuoni, Gua Sha, eccetera) possono risultare utili, ma gli studi condotti in materia non hanno evidenziato prove sufficienti tali da giustificarne la diffusione.

Come gestirlo e come prevenirlo

Per gestire in maniera corretta l’ingorgo mammario può essere utile applicare degli impacchi caldi che migliorino il rilassamento della zona interessata, favorendo lo svuotamento del seno mediante l’attaccamento del bambino o la spremitura manuale.

Dopo la rimozione del latte, invece, meglio utilizzare impacchi freddi che possono diminuire il fastidio e la sensazione di gonfiore. Il ricorso agli analgesici (ibuprofene o paracetamolo) può rivelarsi utile per ridurre il dolore e in caso di febbre.

Per quel che riguarda la prevenzione, è utile iniziare ad allattare subito dopo il parto, assicurarsi che il bambino si attacchi correttamente favorendo l’allattamento a richiesta. Nei casi in cui la donna non allatti o non possa farlo è necessario svuotare regolarmente il seno, manualmente o meccanicamente, almeno ogni 3 ore (8 volte al giorno).

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  • Allattamento