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Il sodio è un minerale che svolge funzioni molto importanti all'interno dell'organismo e che, specie in gravidanza, deve avere valori nè superiori nè inferiori alla norma.
È quindi importante parlare del sodio, un minerale molto importante per diverse funzioni fisiologiche e che, a causa delle abitudini alimentari, potrebbe essere assunto in quantità eccessive dalle donne incinte, provocando conseguenze da non sottovalutare, sia per la mamma che per il bambino.
Prima di parlare degli esami per verificare la quantità di sodio presente nell’organismo e quali sono i rischi in gravidanza in caso di livelli alti o bassi di questo minerale, è necessario fare una breve premessa.
Il sodio, come anticipato, è un minerale molto diffuso nel nostro organismo e presente nel sangue, nelle ossa, nella cartilagine e nei tessuti connettivi. È responsabile di numerosi processi fisiologici, tra cui la regolazione del passaggio dei nutrienti e dei fluidi nelle cellule ed è coinvolto anche nei processi che gestiscono la trasmissione degli impulsi nervosi.
Di per sé, per quel che riguarda l’assunzione di sodio in gravidanza, è bene anticipare che “una dieta varia ed equilibrata, che soddisfi le necessità degli altri nutrienti essenziali, contiene quantità di sodio sufficienti, pertanto non sono necessarie supplementazioni”.
Questo significa che il fabbisogno di sodio viene soddisfatto con un’alimentazione variegata e priva di sale. “La quantità di sodio naturalmente contenuta nei cibi freschi e cucinati senza aggiunta di sale è sufficiente a soddisfare le esigenze dell’organismo, tranne in casi di sudorazione estrema”. I livelli di sodio sono sbilanciati in caso si eccessiva assunzione di salumi e in tutti quei cibi, come formaggi, olive e stuzzichini vari dove questo minerale viene aggiunto per allungare la conservabilità di questi alimenti.
È fondamentale ricordare anche che nell’organismo abbiamo i reni che si occupano della regolazione dei livelli di sodio. Maggiore è la quantità di sodio assunto, più alta è la quantità di quello eliminato dai reni. Questo in condizioni normali ma, considerando condizioni particolari e l’alimentazione troppo spesso poco (o niente) equilibrata e variegata, è possibile che i livelli di sodio siano maggiori o inferiori alla norma anche nelle donne in gravidanza. Anche perché l’aumento o la diminuzione dei livelli di sodio in gravidanza può essere associata anche alla presenza di alcune patologie o condizioni cliniche.
Per comprendere i livelli (o, meglio, la concentrazione) di sodio nel sangue, si parla di sodiemia.
L’esame per la sodiemia è un normale prelievo di sangue, da eseguire a digiuno. I valori cui fare riferimento sono, mediamente, quelli tra 135 e 155 mEq/L. In caso di valori di sodio più bassi si parla di ipernatriemia, mentre in presenza di valori più alti di iponatremia.
La bassa concentrazione di sodio è causata prevalentemente da:
In questi casi, il trattamento previsto è una riduzione dell’assunzione di liquidi.
L’assunzione di sodio in gravidanza, in una dieta per ridurre le malattie cardiovascolari, è associata alla comparsa di disturbi di ipertensione. Inoltre sono stadi condotti studi e ricerche che mostrano come l’eccessiva assunzione di sodio in gravidanza (e durante l’allattamento) modifica le risposte comportamentali tali da modificare i cambiamenti funzionali che si manifestano in età adulta. Allo stesso tempo possono essere provocate delle lesioni renali.
Un discorso a parte va fatto per quelle donne che in gravidanza assumono degli integratori alimentari e dell’acido folico. In questi casi c’è un eccessivo rischio di assunzione di sodio a discapito del calcio, della vitamina K, del magnesio o del potassio.
Gli alti livelli di sodio in gravidanza possono essere causato da una scarsa assunzione di liquidi o un’eccessiva sudorazione. In questi casi il trattamento più efficace è quello dato dalla reintegrazione dei liquidi. Essa deve avvenire per via endovenosa in modo da ridurre i livelli di sodio nel sangue in maniera lenta. In questo modo si evitano danni cerebrali provocati da una somministrazione rapida.
Articolo originale pubblicato il 25 giugno 2020
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