Tutto sul parto cesareo: pro, contro e quando è indicato

Se ne parla sempre con grande timore e come un'eventualità da fuggire: perchè? Facciamo luce sul parto cesareo, conoscendone le modalità di esecuzione, i rischi, i postumi e quando è possibile sceglierlo come modalità di parto.

La frequenza del taglio cesareo è considerata un punto critico dell’assistenza ostetrica. Questa valutazione è utile per contestualizzare una pratica, quella del parto cesareo, intorno alla quale si legano diverse considerazioni. Non solo di tipo medico. Basti pensare come nelle Linee Guida Taglio cesareo: una scelta appropriata e consapevole redatte dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità si esordisce affermando che nel nostro Paese il ricorso al taglio cesareo ha, testualmente, raggiunto livelli allarmanti.

Qualche numero può aiutare a capire di cosa parliamo: dal 1980 al 1996 il ricorso al parto cesareo è passato dall’11% al 28%, fino a raggiungere il 38% nel 2008, divenendo il primo Paese in Europa per numero di tagli cesarei, con una grande variabilità a livello regionale.

Ma perché preoccuparsi e allarmarsi di questi numeri? Il cesareo non è una modalità di parto come le altre cui la donna può far ricorso? La realtà è leggermente più complessa e, come vedremo più nel dettaglio, si fonda sull’attuale maggior consapevolezza di tutti i rischi, per la mamma stessa oltre che per il bambino, del ricorso a questo tipo di parto.

Parto cesareo o parto naturale?

Rispetto al passato, infatti, come spesso accade anche in materia di scienza medico-sanitaria, si è approfondita la conoscenza dei rischi e delle conseguenze negative (o non positive) del parto cesareo rispetto a quello vaginale. Per questo motivo oggi l’indicazione è quella di preferire il parto naturale, consci che questa, al netto di paure e traumi pregressi, è la forma più sicura per partorire.

Motivo per cui si ricorre al parto cesareo solamente quando vi è una chiara indicazione per la quale il parto naturale costituirebbe un rischio. È il caso di un parto podalico, di lesioni genitali, di alcuni casi di HIV della donna, una precedente rottura dell’utero, una placenta previa e una macrosomia fetale. Di per sé, quindi, non costituiscono indicazioni per il cesareo un precedente taglio cesareo, una gravidanza gemellare, un travaglio pretermine e un’infezione da Epatite B o Epatite C.

La questione, quindi, si muove tra la competenza medica, l’etica e la libertà delle donne di scegliere il tipo di parto. Ovviamente si tratta di una materia molto delicata e spinosa che comprende aspetti individuali della donna quali la paura del parto o l’aver subito esperienze traumatiche di violenze e abuso in sala parto, ma anche quelli relativi alla competenza medica per cui il parto naturale è la soluzione sempre da preferire, laddove possibile, per la nascita di un bambino.

Le Linee Guida affrontano questa tematica invitando a investire sull’informazione e sul supporto verso ogni singola gestante nel far conoscere e comprendere la realtà dei fatti, anche illustrando le varie soluzioni di partoanalgesia, in modo da rassicurarla e sostenerla nel processo decisionale. Andando però al cuore del problema, ovvero la richiesta di una donna di partorire tramite cesareo, laddove non sussistano gli elementi medici per giustificare tale scelta, le Linee Guida concludono che “il medico ha il diritto di rifiutare una richiesta di taglio cesareo programmato” e che “alla donna deve essere garantita l’opportunità di accedere a un secondo parere”.

Come avviene il parto cesareo?

L’intervento chirurgico (perché di questo si tratta) del parto cesareo è profondamente cambiato nel corso della sua storia. Anticamente, infatti, questa pratica era obbligatoria per salvare il bambino nel caso in cui la donna moriva durante il parto.

Con il perfezionarsi delle tecniche chirurgiche solamente all’inizio del Novecento si è iniziato a praticare il taglio trasversale dell’utero permettendo di far nascere il bambino, salvare la vita della donna e non precluderle la possibilità di avere altre gravidanze (come invece avveniva quando il cesareo prevedeva l’estrazione dell’utero durante l’intervento).

Trattandosi generalmente di un intervento programmato, dopo l’ingresso in ospedale, la donna viene preparata per l’intervento. La preparazione prevede la depilazione igienica del pube (che può essere svolta in autonomia anche prima di andare in ospedale) e l’esecuzione di un elettrocardiogramma per valutare le condizioni generali del cuore. Per motivi di igiene e sicurezza la donna dovrà liberarsi di tutti i gioielli e gli articoli di bigiotteria che indossa.

A questo punto si procede con l’inserimento dell’ago cannula che permette l’introduzione nell’organismo materno, per via endovenosa, degli antibiotici e dei farmaci necessari. A questo punto si procede con l’anestesia locale, che può avvenire tramite epidurale o con una puntura spinale, a seconda delle condizioni della donna. Solo laddove necessario si opta per l’anestesia generale.

Viene quindi introdotto un catetere per gestire correttamente l’urina in quanto a seguito dell’anestesia la donna perde il controllo volontario della minzione. Questo catetere verrà rimosso tra le 12 e le 24 ore la fine dell’operazione.

Solo dopo tutte queste pratiche “preparatorie” si può iniziare con l’intervento vero e proprio durante il quale l’anestesista controllerà costantemente i livelli vitali (pressione sanguigna, battito cardiaco, eccetera) per assicurarsi che non vi siano complicazioni. Il ginecologo che esegue l’intervento procede con il taglio del tessuto, dei muscoli, della membrana che avvolge gli organi dell’addome (il peritoneo) e degli strati ella parete uterina.

Durante tutto l’intervento la donna non vede quello che accade così come, laddove fosse consentito, anche il partner presente in sala viene posto in modo da non vedere il taglio vero e proprio. Taglio che risulta essere di circa dieci centimetri e che viene praticato nella zona immediatamente sopra il pube e che consente di estrarre il bambino.

A questo punto si taglia il cordone ombelicale e, dopo i controlli del caso e le operazioni di routine, si procede con la chiusura del taglio.

Quando viene programmato un parto cesareo?

Il parto cesareo, come tutti gli interventi chirurgici, può essere programmato in una precisa data con annesso ricovero della gestante. Come abbiamo visto sono diverse le cause e le indicazioni per le quali ricorrere a questo tipo di parto.

Quando queste sono già evidenti e note e quindi il parto cesareo risulta più sicuro, se non addirittura l’unica strada percorribile, si programma l’intervento. In questi casi si parla di cesareo in elezione. Il caso più comune è quello della placenta previa, ma per qualsiasi condizione per la quale il parto naturale avesse più rischi rispetto ai benefici si preferisce il parto cesareo.

Il parto cesareo di urgenza

Il cesareo d’urgenza, invece, differisce dal cesareo in elezione laddove le condizioni che impediscono o rendono più rischioso il parto naturale non erano note prima del travaglio, ma si sono presentate solamente durante questa fase.

La gravidanza, il travaglio e il parto non sono mai condizioni statiche, ma possono essere oggetto di numerosi cambiamenti, non necessariamente pericolosi o che debbano destare preoccupazione, ma che modificano quanto altrimenti si sarebbe fatto. Nel caso quindi di un parto spontaneo, che non viene programmato (se non quando viene indotto), nel caso una donna arrivi in ospedale con il travaglio iniziato e, durante i controlli del caso, si rilevassero dei cambiamenti tali da giustificarne il ricorso, si procede con il taglio cesareo. Che in questo caso, quindi, prende il nome di cesareo d’urgenza.

Solo nel caso in cui, sia nel cesareo programmato che in quello di urgenza, le condizioni si aggravano notevolmente, si deve procedere con maggiore tempestività e in questi casi si parla di cesareo d’emergenza. Di per sé, in realtà, le modalità dell’intervento rimangono le stesse sia nel cesareo programmato che in quello d’urgenza.

Parto cesareo: i rischi

Quali sono, quindi, questi rischi maggiori legati al parto cesareo, sia per la mamma che per il bambino?

Per la donna i rischi maggiori sono quelli legati alle emorragie, alle infezioni, al rischio di trombosi, alle lesioni dell’apparato urinario e dell’intestino e alla rottura dell’utero (per quanto molto remota). Inoltre bisogna considerare come nelle successive gravidanze aumenta il rischio del numero di patologie a carico della placenta e una maggior probabilità di aborto.

Senza dimenticare che c’è un limite, che varia da donna a donna, nel numero di tagli che si possono praticare. Inoltre c’è anche un forte rischio legato alla mortalità neonatale.

Parto cesareo: il post-operatorio

Uno degli elementi importanti del parto cesareo su cui porre l’attenzione riguarda il post-operatorio. A differenza del parto naturale, infatti, in questi casi il ricovero e il decorso sono più lunghi, richiedendo più tempo perché la donna si riprenda dallo stress subito. Anche per questo motivo in alcuni casi l’allattamento al seno risulta più difficoltoso (ma assolutamente da non evitare).

Nei giorni successivi all’intervento la neomamma potrebbe avere delle perdite vaginali (come nel caso del parto spontaneo) o lamentare dolori e bruciori nella zona dov’è avvenuta l’incisione e, in questi casi, viene somministrato un analgesico compatibile con l’allattamento. Se non ci sono complicazioni già dal giorno successivo la donna può alzarsi iniziando a riprendersi in vista delle dimissioni.

Una particolare attenzione va posta sulla cicatrice del cesareo che tende a diventare meno evidente con il passare del tempo, ma di cui è importante prendersi cura soprattutto per evitare l’insorgere di infezioni e fastidi.

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