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Mal di stomaco e acetone? Bere adeguatamente aiuta i bambini a combattere le più comuni patologie dell'infanzia.
L’acqua, elemento fondamentale nella crescita e nello sviluppo dei più piccoli fin dai primi attimi di vita, svolge un ruolo di primaria importanza durante le malattie di frequente riscontro nell’età pediatrica: malattie infettive, anche associate a chetosi, comunemente conosciuta come acetone, e gastroenterite.
“I bambini sono particolarmente esposti al rischio di disidratazione, dal momento che le loro perdite giornaliere d’acqua sono proporzionalmente più elevate rispetto ad un adulto: ancor di più, quando i loro organismi si trovano in uno stato di stress o di debilitamento fisico” sottolinea il Professor Umberto Solimene, dell’Università degli Studi di Milano.
Infatti, quando si manifestano le più frequenti malattie infettive, un comune sintomo risulta essere l’aumento di temperatura (e la conseguente sudorazione), fattori che incidono sui livelli di disidratazione corporea. Oltre a questo, però, durante una patologia infettiva come la gastroenterite, abbiamo un’ulteriore manifestazione che può aggravare la situazione: la diarrea.
Infatti, le perdite di acqua attraverso le feci possono aumentare di otto volte rispetto alla norma: questo disidrata l’organismo e concentra i liquidi corporei, diminuendo anche la diuresi fisiologica e favorendo l’accumulo di elementi che, normalmente presenti in un organismo ben idratato, non comporterebbero problemi, ma, in caso di deficit di acqua, portano ad alterazioni del pH. Inoltre, diminuendo la produzione di urina, non viene favorita l’eliminazione delle tossine data la minore attività delle vie di escrezione delle scorie.
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Quindi, in caso di malattia infettiva, l’acqua più adatta ai bambini risulta essere oligominerale a bassa mineralizzazione, poiché permette di non arricchire con ulteriori quantitativi di sali minerali i liquidi corporei, concentrati per il precedente deficit idrico. In particolare, è meglio affidarsi ad un’acqua contenente poco sodio (< 20 mg/l), responsabile secondo alcuni studi scientifici di determinare l’insorgenza di ipertensione arteriosa, pochi nitrati e priva di contaminanti microbiologici ed inquinanti chimici.
“Le acque poco mineralizzate, caratterizzate da bassissime concentrazioni, sono dette acque “leggere”. Hanno una vasta gamma di ioni minerali, – aggiunge il Professor Solimene – che favoriscono la diuresi e quindi un’azione detossicante in caso di squilibri del metabolismo che possono portare anche alla chetosi, e soprattutto legati a manifestazioni febbrili o in corso di gastroenteriti e infiammazioni intestinali, contribuendo ad una più rapida eliminazione dei cataboliti tossici attraverso i reni”.
Inoltre le acque a bassa mineralizzazione svolgono anche un’azione di “lavaggio cellulare” a livello delle vie urinarie, per cui trovano indicazione come coadiuvante del trattamento e della prevenzione nelle infezioni delle vie urinarie e dei calcoli urinari.
Articolo originale pubblicato il 3 maggio 2017
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