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Secondo uno studio epigenetico, una mamma sottoposta a fecondazione eterologa può trasmettere il proprio patrimonio genetico al bambino. Ecco come avviene il processo.
Secondo uno studio pubblicato su Nature, nella fecondazione eterologa la mamma incide sul patrimonio genetico del bambino.
Il team di scienziati ha mostrato che la relazione tra madre e feto, nel caso di donne con problemi di fertilità che necessitano di fecondazione eterologa, quindi di ovodonazione, ha un peso decisivo sul patrimonio genetico del nascituro.
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Nello studio viene messo in evidenza come la donna infertile che si sottopone a fecondazione eterologa può trasmettere i suoi geni al futuro bebè anche se l’ovulo fecondato arriva da una donatrice.
Sono molte le persone che, una volta ricevuti gli ovociti dalle donatrici, si sono rassegnate al fatto che i loro bambini non assomiglieranno mai a loro pensando che l’embrione, provenendo da un ciclo di fecondazione eterologa, contenga solo il DNA del padre e della donna donatrice.
Oggi questa convinzione viene in parte smentita dalla scienza. Infatti, la ricerca ha mostrato come sia l’ambiente uterino, sia la dieta osservata dalla madre durante la gravidanza e altri fattori legati allo stile di vita influenzino la formazione del feto e dunque, il modo in cui i geni del bambino vengono espressi.
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Quando si parla di fecondazione eterologa, l’epigenetica che è un ramo della scienza è il centro di tutto. Infatti, come specificato dal Centro Clinico San Carlo di Fecondazione Assistita, è proprio l’epigenetica a essere sempre più rilevante nello studio della fecondazione eterologa, poiché analizza le mutazioni genetiche e la trasmissione di caratteri ereditari non attribuibili direttamente alla sequenza del DNA.
Durante l’intero periodo di preimpianto, l’embrione umano subisce modificazioni evolutive molto complicate. L’embrione entra nella cavità uterina allo stadio di blastocisti e va a impiantarsi nel fluido endometriale.
Successivamente, interagisce con l’endometrio (ovvero tonaca mucosa che riveste internamente la cavità uterina) nutre l’embrione e forma un micro ambiente in cui si verifica il primissimo contatto da ambedue le parti: cioè, tra l’endometrio materno e l’embrione. In ultimo, l’endometrio rilascia l’informazione genetica della madre che viene conseguentemente assorbita dall’embrione.
Questo dialogo tra endometrio ed embrione spiegherebbe la trasmissione di alcune caratteristiche appartenenti alla madre come la somiglianza di alcuni tratti fisici verso il bambino.
Tale processo di trasmissione avverrebbe anche nei trattamenti di ovodonazione dove la madre sarà così in grado di modificare alcuni geni del figlio anche se l’ovulo appartiene a un’altra donna. Questo avverrebbe per uno scambio tra le molecole della donna gestante e il DNA dell’embrione. Nell’interscambio genetico sono coinvolte piccole molecole definite microRNA che possono, dunque, agire sull’esaltazione di alcuni geni piuttosto che altri.
L’ipotesi ultima degli scienziati è che siano queste molecole materne – microRNA (miRNA) – che agiscono come modificatore trascrittomico dell’embrione pre impianto, riprogrammando il genoma del bambino.
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