È roseo l’identikit degli oltre 500mila bambini nati nel 2000, tracciato dai pediatri che si sono incontrati per un forum della società italiana di neonatologia a Napoli. Della maggior parte di essi si sa molto già prima che vengano al mondo: le mamme fanno almeno cinque ecografie durante la gravidanza e sono sempre di più le donne che si sottopongono ad amniocentesi.

Troppi esami, ammoniscono però gli esperti, se la gravidanza è normale non servono a nulla. In Svezia e in Norvegia se ne fanno due o tre nel corso di nove mesi, un’indicazione che arriva dagli organismi internazionali. Limiti anche per le amniocentesi: andrebbe fatta solo nei casi indicati, e cioè sopra i 35 anni e con problemi genetici.

Passando al parto sono sempre di più i piccoli nati con cesareo, circa il 28 per cento contro il 13,2 per cento del 1982. La mamma italiana partorisce poi sempre di meno a casa, scelta che viene fatta da una percentuale piccolissima, lo 0,4 per cento contro l’1,7 per cento di 20 anni fa. Grazie ai progressi della medicina, si abbassa anche il numero di coloro che sarebbero costretti a vivere con un handicap. In 30 anni si è dimezzato infatti il numero delle nascite dei prematuri estremi (nati prima delle 32 settimane di gestazione). In quindici anni è anche migliorata la probabilità di sopravvivenza: la mortalità è scesa dal 73 al 35 per cento e il tasso di disabilità è passato dal 40 al 7 per cento. Il successo è dovuto al miglioramento dell’ostetricia, delle condizioni generali di vita, alla qualità delle cure e alle nuove terapie neonatali nelle quali fanno la parte del leone i nuovi farmaci e le nuove macchine di rianimazione.

Ma anche in questo l’Italia sembra avere due velocità: nelle regioni del nord la mortalità infantile è intorno al 4,2 per mille contro il 6,8 per mille del sud e delle isole.

L’87 per cento dei bebè alla nascita pesa fra i 2,5 e i 4 chilogrammi ed è alto in media tra i 48 e 56 centimetri. Un po’ più alti rispetto al passato, grazie a miglior nutrimento delle mamme e al latte che nelle nuove formulazioni risulta più adatto alla loro crescita.

Inoltre c’è sempre meno bisogno di usare il termometro: i piccoli si ammalano infatti sempre di meno, sono diventati più forti rispetto al passato e a questi risultati ha contribuito il maggior numero di vaccinazioni. Oltre a quelle obbligatorie se ne sono aggiunte altre consigliate dal pediatra, come quelle contro la pertosse, il morbillo o il virus sinciziale.

Dal 1980 al 1996 le strutture italiane hanno visto crescere di cinque volte il numero di bambini nati dai cittadini stranieri: da 5mila a 25mila. Le loro condizioni di salute però almeno a guardare i dati sulla mortalità alla nascita sono ben diverse rispetto a quelle dei bambini italiani. Il 6,6 per mille dei nati da coppie straniere non ce la fa alla nascita, rispetto al 4,1 per mille dei neonati italiani.

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