Il liquido amniotico è la sostanza in cui è immerso il feto per tutta la durata della gravidanza. Si tratta di un liquido prevalentemente a base di acqua che ha lo scopo di protegge e nutrire il feto contribuendo al suo sviluppo.

Tra le complicanze della gravidanza rientra anche la quantità in eccesso o in difetto di questo liquido. Si parla di polidramnios quando si ha troppo liquido amniotico e di oligoidramnios quando, invece, è troppo poco. Conosciamo quali sono le cause e le conseguenze di questo deficit e cosa è possibile fare per gestire questa condizione di criticità.

Cos’è l’oligoidramnios?

All’inizio della gravidanza il liquido amniotico è composto al 98% di acqua, minerali ed elettroliti e per il restante di 2% di anticorpi, ormoni, proteine, carboidrati, vitamine e lipidi. Dopo circa venti settimane il liquido amniotico è composto prevalentemente dall’urina e dalle secrezioni polmonari prodotte dal feto. Si parla di oligoidramnios quando dalla trentaduesima alla trentaseiesima settimana di gravidanza si hanno meno di 500ml di liquido amniotico.

Propriamente si parla di oligoidramnios in presenza di una diminuzione del volume del liquido amniotico rispetto all’età gestazionale. La produzione di liquido amniotico avviene dopo circa una decina di giorni dal concepimento e raggiunge il suo picco massimo verso la trentaseiesima settimana di gravidanza per poi iniziare a diminuire nelle settimane successive.

L’oligoidramnios interessa il 4% delle gravidanze con tassi che triplicano nelle gravidanze protratte, ovvero che si prolungano oltre la 40^ settimana di gestazione.

Le cause dell’oligoidramnios

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Fonte: iStock

Sono diverse le cause che possono portare a una diminuzione del volume del liquido amniotico. Tra le principali rientrano un’insufficienza uteroplacentare provocata dal distacco della placenta, un disturbo trombotico, un’ipertensione cronica o una preeclampsia, ma anche l’assunzione di particolari farmaci (FANS e ACE-inibitori), alcune malformazioni fetali che causano una minore produzione di urina, le aneuploidie cromosomiche e la rottura delle membrane.

Sono da considerare responsabili dell’oligoidramnios anche un’eccessiva disidratazione e il diabete gestazionale.

Oligoidramnios: i sintomi

Molte donne potrebbero non percepire una riduzione del volume del liquido amniotico, ma uno dei principali sintomi è l’assenza o la ridotta quantità di movimenti fetali.

Inoltre questa è una condizione che il medico può sospettare in presenza di perdite vaginali, utero di piccole dimensioni e ridotto aumento di peso materno.

Rischi e conseguenze dell’oligoidramnios

Il deficit di liquido amniotico provoca, considerando le caratteristiche e le funzioni di questo fluido per la sopravvivenza e la crescita del feto, l’apporto di meno nutrienti e la restrizione della crescita intrauterina. Nelle prime fasi della gravidanza l’oligoidramnios può causare difetti alla nascita e gravi episodi di comorbilità. Tra questi rientrano l’agenesia renale, le anomalie del sistema nervoso, l’idrope fetale, i tumori del feto e l’atresia duodenale.

Inoltre è una condizione che può portare ad aborto spontaneo, rottura prematura delle acque e maggior rischio di infezioni, parto pretermine o natimortalità mentre nell’ultima fase può determinare un ritardo nella crescita, lo schiacciamento del cordone ombelicale (impedendo al bambino di assumere ossigeno e nutrienti) e aumentare il rischio di ricorso al taglio cesareo.

Oligoidramnios: terapia e trattamento

In presenza dei sintomi o del sospetto di un ridotto volume del liquido amniotico per l’età gestazionale la diagnosi avviene innanzitutto tramite la misurazione ecografica (che è anche il primo test che suggerisce una condizione di questo tipo).

Se la conferma diagnostica avviene nel secondo trimestre si procede poi con una profonda anamnesi e un esame fisico in modo da identificare la causa scatenante. La conferma va cercata tramite l’analisi quantitativa che avviene con l’indice del liquido amniotico (AFI). Di per sé la quantità di liquido amniotico non può essere misurata direttamente; l’AFI è quindi un calcolo che si basa sulla somma della profondità verticale del fluido misurata su ciascun quadrante dell’utero.

L’oligoidramnios non può essere risolto ed è quindi una condizione che va monitorata settimanalmente. Il trattamento riguarda la causa sottostante. Tra i controlli da eseguire regolarmente rientrano anche lo stato di idratazione materno (per quanto non è dimostrato che una maggiore idratazione porti benefici) e la valutazione della crescita fetale.

Nel caso in cui la diminuzione del liquido amniotico si verifica durante il travaglio si valuta il ricorso all’amnioinfusione. Si tratta di una procedura che prevede l’inserimento nel sacco amniotico di una soluzione fisiologica che viene eseguita in presenza di una frequenza cardiaca fetale anomala. Negli altri casi si esaminano la condizione di ogni donna, l’età gestazionale e la salute del feto in modo da valutare il momento migliore nel quale portare a compimento il parto nelle modalità che assicurano maggiori benefici rispetto ai rischi.

La presenza di oligoidramnios non è associata necessariamente a una prognosi negativa della gravidanza; molto dipende dalla quantità del liquido amniotico, dalle condizioni materne e fetali, dall’epoca gestazionale in cui si verifica, alla causa sottostante e al trattamento cui bisogna ricorrere per migliorarne la gestione.

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  • Gravidanza