Ci sono alcune patologie che possono essere davvero molto pericolose in gravidanza, tanto che in alcuni casi viene persino sconsigliato a chi ne soffre di rimanere incinta. Fino a pochi anni fa questo era il caso, ad esempio, anche del Lupus eritematoso sistemico (LES). 

Prima di capire come e perché oggi le cose sono cambiate, cerchiamo anzitutto di comprendere con quale genere di malattia abbiamo a che fare.

Cos’è il Lupus eritematoso sistemico (LES)?

Il Lupus è una malattia autoimmune cronica di natura infiammatoria, che può provocare febbre, stanchezza, manifestazioni articolari, rash cutanei e fotosensibilità, oltre che provocare danni a carico dei reni (almeno nel 50% dei casi), dei polmoni, del cuore e del sistema neurologico.

A scatenare la malattia è un’alterazione del sistema immunitario del paziente, il quale produce anticorpi in sovraccarico – gli anti anticorpi – che vanno ad “accanirsi” contro l’organismo, producendo uno stato di infiammazione che può colpire diversi organi.

In Italia quasi trentamila persone ne soffrono, con un rapporto di 9 a 1 per le donne: a essere colpite, infatti, sono principalmente le donne in età fertile, e alla base della malattia si suppone ci siano fattori genetici e ambientali, ad esempio i raggi solari (la cui esposizione può causare una riacutizzazione), alcuni farmaci, o determinati ormoni, come gli estrogeni.

Nonostante sia una malattia estremamente seria, con le adeguate terapie il Lupus può essere tranquillamente tenuto sotto controllo, ed è per questo motivo che diventare mamma, anche per le donne che ne sono affette, non è più un miraggio.

Lo studio

A dare speranze alle donne affette da Lupus desiderose di avere una gravidanza anche uno studio pubblicato su Annals of Internal Medicine, finanziato dalNational Institute of Health, che ha seguito 385 donne – di età compresa tra 18 e 45 anni – affette da Lupus e incinte. Tutte hanno sofferto, durante la gestazione, di forme lievi o stabili della malattia e per otto su dieci la gestazione si è conclusa senza problemi.

Del totale del campione osservato, solo il 9% aveva avuto un parto prematuro, appena il 5% aveva dovuto fare i conti con il decesso del feto o con la morte del neonato subito dopo la nascita.

Sono stati rilevati anche bassi tassi di riacutizzazione della malattia nelle giovani madri, durante il secondo e il terzo trimestre della gravidanza. Un segno importante del fatto che, se tenuta sotto controllo, anche con questa malattia la donna può avere un figlio senza particolari conseguenze.

Lupus in gravidanza: l’importanza della pianificazione

Come ha spiegato sul sito di Humanitas il professor Carlo Selmi, Responsabile di Reumatologia e Immunologia Clinica in Humanitas e docente dell’Università degli Studi di Milano, pianificare il concepimento e la gestione della gravidanza hanno permesso di dimezzare anche il rischio di aborti.

Per pianificazione della gravidanza ci si riferisce al confronto da avere con il proprio reumatologo prima del concepimento e, alla luce dei fattori di rischio presenti, verrà effettuata una valutazione rispetto a quale sia il momento migliore per ridurre al minimo i rischi per mamma e feto, anche evitando il ricorso a farmaci controindicati in gravidanza.

Prima di concepire è infatti fondamentale valutare la fase della malattia, l’eventuale positività a specifici anticorpi e la presenza di nefrite attiva, tutte condizioni che richiedono particolari precauzioni.

Per tenere sotto controllo il Lupus sarà poi necessario un monitoraggio costante, con un approccio multidisciplinare, per tutta la gestazione.

Gli esami per il Lupus in gravidanza

Le pazienti, oltre ai classici controlli che si effettuano in gravidanza, devono essere sottoposte a esami e visite per il LES ogni 4-6 settimane, includendo una valutazione ematologica, renale e biochimica, marcatori di infiammazione, livelli anticorpali anti-dsDNA. Dovranno poi eseguire una ecodoppler delle arterie ombelicali e uterine per stabilire il periodo ideale del parto, che in genere è cesareo, in modo da ridurre il rischio di patologie e mortalità del neonato.

E se il Lupus peggiora in gravidanza?

Uno studio condotto dal Dipartimento di Reumatologia e Immunologia clinica di Humanitas in collaborazione con l’Università della California, ha dimostrato che un inasprimento della malattia potrebbe condurre ad alcune alterazioni fisiologiche in gravidanza, portando a possibili complicanze pericolose per la vita della mamma e del feto, come la preeclampsia o gestosi gravidica e la sindrome HELLP, che include emolisi, elevati livelli di enzimi epatici e basso dosaggio di piastrine.

Alcuni esempi del peggioramento della malattia sono l’anemia del terzo trimestre, l’aumento delle chitochine, ovvero i livelli di infiammazione, i disturbi cutanei, la dispnea, il dolore articolare legato all’aumento del peso, le modificazioni del bacino e l’edema degli arti inferiori.

Per questo, riconoscere quando il Lupus è responsabile di queste alterazioni grazie a controlli periodici e specifici è di fondamentale importanza, perché permette di intervenire modificando la terapia. Infatti, se la pianificazione al momento del concepimento permette la gestione delle terapie che potrebbero inibire l’impianto del feto, ad esempio i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), l’obiettivo della gestione terapeutica è invece di mantenere la patologia in uno stato remissivo, o di trattare le complicanze senza danneggiare il feto.

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