Cisti dei plessi corioidei, una condizione che (al 90%) si risolve spontaneamente

Nel corso dell'ecografia del secondo trimestre può emergere la presenza di una o più cisti nei plessi corioidei (una parte del cervello). Una condizione quasi sempre innocua, ma da monitorare con attenzione.

Tutto ciò che riguarda lo sviluppo embrionale è per i genitori motivo di preoccupazione e qualsiasi condizione particolare suscita timore e agitazione. Uno dei casi eloquenti di questa reazione è quello dato dalle cisti dei plessi corioidei, un’espressione che può suonare allarmante e che, riguardando una parte del cervello, fa spesso pensare al peggio.

In realtà si tratta di una condizione che riguarda l’1%-2% delle gravidanze e che nel 90% dei casi si risolve spontaneamente. Scopriamo cosa sono le cisti dei plessi corioidei, da cosa sono causate e, soprattutto, a quali conseguenze possono essere associate.

Cisti dei plessi corioidei: cosa sono?

Per capire meglio cosa sono le cisti dei plessi corioidei è utile definire sia cosa si intende per ciste che, ovviamente, cosa sono i plessi corioidei. Partiamo da questi ultimi: si tratta di una parte del cervello che si occupa della produzione del liquor, il liquido cefalorachidiano, la sostanza che ha, tra gli altri, il compito di proteggere il cervello all’interno della scatola cranica.

La cisti, invece, è una cavità ricoperta da una membrana e piena di liquido. La cisti del plesso corioideo, quindi, è un piccolo spazio pieno di liquido che si crea all’interno di uno dei quattro (uno per ogni ventricolo) plessi.

Generalmente queste cisti, paragonabili a delle piccole vesciche, diminuiscono di dimensione nel corso del tempo fino a sparire, nella maggioranza dei casi, prima della nascita. Anche per questo non sono da considerare come delle anomalie del cervello, ma varianti normali.

Cisti dei plessi corioidei: cause

Le cisti dei plessi corioidei iniziano a formarsi intorno alla sesta settimana di gestazione e possono essere rilevabili tramite l’ecografia del secondo trimestre già dalla venticinquesima settimana di gravidanza.

Non è del tutto chiaro il processo che porta alla formazione di una o più cisti nei plessi corioidei. La cisti può formarsi improvvisamente quando il liquido rimane bloccato all’interno degli strati delle cellule presenti in questa struttura del cervello.

Cisti dei plessi corioidei: conseguenze e rischi

Come detto all’inizio la preoccupazione è quella che, trattandosi del cervello, queste cisti possano causare dei problemi nella crescita o nella sopravvivenza del feto. I plessi corioidei sono strutture collocate nella zona del cervello deputata alla gestione del ragionamento, del pensiero e dell’intuizione, ma la presenza di cisti non ha mai dato motivo di rilevare disturbi dello spettro autistico o a eventuali difficoltà nell’apprendimento.

I casi di cisti del plesso corioideo isolati hanno un esito positivo, mentre quelli con anomalie associate (riscontrate nel 20% dei casi) vanno valutate singolarmente con un approfondimento diagnostico. È stato rilevato come in un terzo dei feti affetti da Trisomia 18 siano presenti anche una o più cisti dei plessi corioidei. È stato invece dimostrato come le cisti del plesso corioideo non siano direttamente associate alla Sindrome di Down.

È importante sottolineare come la probabilità che si verifichino delle aneuploidie (variazioni nel numero dei cromosomi) non è legata né al numero né alla dimensione né alla sede (monolaterale o bilaterale) delle cisti del plesso corioideo.

La presenza, quindi, di una o più cisti deve invitare all’approfondimento diagnostico che può andare da quelle non invasive (come ecografie più dettagliate) a quelle invasive (come l’amniocentesi). Nel primo caso si cerca di individuare la presenza di tutti quei segnali che generalmente accompagnano la Sindrome di Edwards (malformazioni della testa, anomalie gravi agli organi, eccetera) che è una condizione quasi sempre letale per i feti e, nei casi di sopravvivenza, causa di gravi disabilità, sia fisiche che mentali, nei bambini.

Un altro test che può essere eseguito è quello dell’alfafetoproteina (AFP) che può essere utile per individuare la probabilità di malformazioni fetali. Questo test, che consiste in un normale prelievo di sangue, prevede però molti falsi positivi. Aspettare per verificare che la cisti sia sparita non è sempre una scelta oculata in quanto le cisti tendono a sparire sia nei bambini sani che in quelli con Trisomia 18 senza escludere che il feto sia affetto dalla Sindrome di Edwards.

L’indicazione è quindi quella, in caso di presenza di cisti, di valutare l’eventuale presenza di malformazioni o sintomi che possano farle sospettare. In assenza di altre condizioni sospette non c’è motivo di preoccupazione. Se ci sono altri fattori di rischio o elementi da valutare con attenzione si può procedere con un’ecografia più approfondita o a esami, come quello del cariotipo fetale che permette di rilevare anomalie numeriche o strutturali nei cromosomi del bambino.

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