La gestione della gravidanza passa anche e soprattutto da una serie di controlli, esami e test volti a monitorare l’evoluzione della gestazione anche nell’ottica di prevenire, soprattutto in presenza di fattori di rischio, le complicanze che si possono verificare. In questo senso l’attenzione verso l’uricemia in gravidanza è di vitale importanza (nel vero senso della parola) in quanto utile a individuare la possibile insorgenza della preeclampsia.

Questa, nota anche con il nome di gestosi, è una condizione estremamente critica tanto da essere associata a rischi gravi sia per la madre che per il feto ed è responsabile della metà dei casi, come riportato dalla Fondazione Umberto Veronesi, di parto pretermine, con tutti i rischi che una nascita prematura comporta.

Si tratta di un disturbo che, come riportato in questo studio, è tra le principali cause di mortalità e morbilità materna, fetale e neonatale. Per questo motivo qualsiasi elemento utile a prevenirla può rivelarsi decisivo.

Cos’è l’uricemia?

L’Istituto Superiore di Sanità definisce l’uricemia come la misurazione della concentrazione nel sangue dell’acido urico. Questo è il prodotto del metabolismo delle molecole (le purine) che costituiscono gli acidi nucleici (DNA e RNA). In condizioni normali, come riportato in questo studio prospettico, l’acido urico ha un’eccellente attività antiossidante, essendo responsabile di buona parte della capacità antiossidante del plasma. In presenza di un aumento dei livelli di acido urico può verificarsi e diffondersi un danno ossidativo.

L’aumento dei livelli di acido urico può dipendere da condizioni genetiche, da diverse malattie metaboliche o dall’effetto di trattamenti quali chemioterapia e radioterapia. Al contrario, la diminuzione dei livelli di acido urico nel sangue (meno frequente) è solitamente legata alla presenza di malattie del fegato e dei reni.

In gravidanza, come riferito dalla Società Italiana di Nefrologia, vi sono variazioni dovute ai cambiamenti fisiologici che si verificano durante la gestazione.

Come si effettua l’esame?

L’esame dell’uricemia si effettua tramite il prelievo di un campione di sangue da eseguire stando a digiuno da almeno 8-10 ore.

I valori dell’uricemia in gravidanza

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Fonte: iStock

Negli adulti in condizioni normali, i valori di riferimento sono quelli compresi tra 2,5 e 8 mg/dl per gli uomini e tra 1,9 e 7,5 mg/dl per le donne. L’American College of Rheumatology nelle proprie linee guide ha fissato a 6mg/dl di sangue la soglia di rischio da considerare. Le concentrazioni di acido urico sono influenzate, così come riportato in questo studio, dalla dieta, dal consumo di alcol, da difetti enzimatici nel metabolismo delle purine o da un’alterata funzionalità renale.

Iperuricemia o uricemia alta in gravidanza

L’iperuricemia viene definita come una deviazione standard di livello 1 dell’acido urico sierico maggiore di quella appropriata per l’età gestazionale. Si tratta di una condizione comune nelle gravidanze con preeclampsia e già evidente all’inizio della gestazione.

Nonostante questo, l’utilità clinica dell’iperuricemia è controversa, tanto che il parametro dell’acido urico in gravidanza non è sempre utile per predire la preeclampsia. Per questo l’iperuricemia non fa parte dei criteri diagnostici per la sindrome pre-eclamptica. Al contrario, l’uricemia, come indicato nelle Raccomandazioni di buona pratica clinica dell’Associazione Italiana Preeclampsia (AIPE), rientra tra gli esami e i controlli eseguiti per il monitoraggio della gravida con preeclampsia.

Inoltre, i livelli elevati di acido urico plasmatico sono stati associati a molti esiti avversi della gravidanza come il parto pretermine, il basso peso alla nascita, basso punteggio di Apgar e, secondo alcuni studi per i neonati, a complicanze con prognosi sfavorevole, grave emorragia intraventricolare, asfissia e sindrome da distress respiratorio infantile.

Uricemia bassa in gravidanza

I bassi livelli di acido urico (ipouricemia) non costituiscono un particolare motivo d’allarme per la gravidanza ma in generale possono essere associati ad alcuni tipi di tumore, a malattie del fegato o dei reni e a un’insufficiente assunzione di proteine animali.

In generale va sempre ricordato che non è il singolo valore a indicare la presenza o il rischio di una malattia e che la valutazione spetta sempre al medico sulla base dell’interpretazione dei risultati contestualizzati nel quadro clinico del singolo paziente.

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  • Esami in gravidanza