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Dalla qualità e dalla quantità di proteine presenti nel sangue è possibile indagare lo stato di salute della gestante e del feto; ecco come, quando e perchè eseguire l'elettroforesi proteica in gravidanza.
Durante la gravidanza vengono effettuati diversi controlli che hanno come obiettivo quello di garantire lo stato di salute della gestante e quello dell’embrione. Sono tanti, infatti, i rischi e le possibili complicanze che si possono verificare durante i mesi di gestazione sia per eventi improvvisi che per malattie (anche non pericolose al di fuori della gravidanza), comportamenti o fattori ambientali. Poter contare su diversi esami di laboratorio e tecniche diagnostiche consente di ridurre il più possibile gli esiti avversi della gestazione; l’elettroforesi sieroproteica in gravidanza è uno di questi.
L’elettroforesi, nota anche con il nome di protidogramma, spiega l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), è una tecnica impiegata per analizzare la composizione (qualitativa e quantitativa) delle proteine presenti nel siero, nelle urine e nel liquido cerebrospinale. Ha come obiettivo quello di identificare la presenza di proteine anormali, l’assenza di quelle normali o se un gruppo di proteine è presente in quantità maggiore o minore rispetto alla norma.
Come precisato dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, questa tecnica sfrutta la diversa velocità di migrazione di molecole o particelle elettricamente cariche quando vengono immerse in un fluido e sottoposte a un campo elettrico.
Il protidogramma consiste sostanzialmente in una rappresentazione grafica tramite picchi e curve delle frazioni delle proteine presenti nel liquido che si sta esaminando. Le frazioni esaminate dall’elettroforesi sieroproteica sono: albumina, alfa-1 globulina, alfa-2 globulina, beta globulina e gamma globulina.
Molte malattie si manifestano con una produzione anomala delle proteine. È quello che avviene in alcune infezioni, infiammazioni, malattie autoimmuni e patologie a carico del fegato o dei reni. Solitamente l’elettroforesi sieroproteica in gravidanza viene prescritta quando altri esami hanno dato risultati anomali, quando si sospetta la presenza di una particolare patologia. Oltre a rivelarsi utile per la diagnosi questa tecnica viene impiegata anche per monitorare l’andamento di queste patologie.
Le variazioni delle proteine sieriche totali e delle loro frazioni durante i trimestri di gravidanza rispetto ai valori normali nelle donne non gravide, evidenzia questo studio, potrebbero rappresentare un importante metodo di screening per valutare lo stato di salute delle gestanti.
L’elettroforesi sieroproteica si rivela molto importante anche per analizzare lo stato nutrizionale durante la gravidanza. Uno studio del Journal Clinical and Diagnostic Research (JCDR) sottolinea come le proteine siano un nutriente essenziale per lo sviluppo fetale e nel caso in cui la gravidanza fosse associata a una dieta ipoproteica, le conseguenze sia per la gestante che per il feto potrebbero essere drammatiche.
L’elettroforesi eseguita sul campione di sangue (sieroproteica) prevede il prelievo di un campione di sangue da eseguire preferibilmente a digiuno da almeno 10-12 ore. Di per sé il digiuno non è sempre necessario ed è necessario seguire le indicazioni del laboratorio presso il quale si effettua l’esame.
Il campione di sangue prelevato viene disposto su un foglio di acetato di cellulosa al quale viene applicata una carica elettrica che consente la separazione delle varie proteine presenti. In questo modo si ottiene un tracciato costituito da picche e curve dell’albumina, delle globuline alfa-1, alfa-2, beta e gamma. L’aumento o la diminuzione delle altezze dei picchi presenti nel tracciato consente di individuare la maggiore o minore presenza delle proteine in ogni singolo gruppo.
È doveroso precisare fin da subito che i valori considerati normali vengono stabiliti a seconda del sesso e dell’età della persona che si sottopone all’esame. Questi i valori di riferimento:
Valori alti di albumina possono indicare una disidratazione (in gravidanza potenzialmente comune a seguito del vomito per iperemesi gravidica), mentre valori bassi sono spesso associati a malnutrizione, malassorbimento, malattie epatiche, infiammatorie, renali e ipotiroidismo. Un abbassamento dei livelli di albumina in gravidanza può essere considerato normale per effetto dei cambiamenti ormonali e per un maggiore utilizzo di questa proteina da parte del feto.
Nel caso delle globuline alfa-1 i valori ridotti possono indicare un enfisema congenito, delle malattie renali o delle malattie epatiche gravi. Valori elevati, invece, sono legati a un’infiammazione o un‘infezione in corso o a un infarto cardiaco.
Una diminuzione dei livelli delle globuline alfa-2 è associato a malnutrizione, emolisi o malattie epatiche gravi. Il loro aumento, invece, può far sospettare un’infiammazione, un’infezione, un infarto cardiaco, alcuni tumori maligni o delle malattie renali. In gravidanza, precisa l’Istituto Superiore di Sanità, alti livelli di alfa-fetoproteina possono far sospettare la presenza di gravi malformazioni del feto, come l’anencefalia, la Sindrome di Down, la Sindrome di Edwards e la spina bifida.
Bassi valori delle globuline beta sono spesso associati a cirrosi e malnutrizione, mentre valori alti ad anemia da carenza di ferro, colesterolo alto e mieloma multiplo. Valori di riferimento bassi per le globuline gamma sono associati a diverse malattie genetiche del sistema immunitario. L’aumento delle globuline gamma, che può essere policlonale o monoclonale, può indicare una malattia del sistema immunitario, una malattia cronica del fegato o un tumore.
È fondamentale sottolineare che l’elettroforesi sieroproteica non è una diagnosi, ma orienta il sospetto di una patologia. Ciascuna di esse ha un tracciato caratteristico del protidogramma ma per la conferma diagnostica è necessario effettuare un esame specifico per quella condizione.
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