
Esami di screening e di diagnosi prenatale: le differenze e i risultati
Gli esami volti a controllare lo sviluppo del feto si dividono in due gruppi, a ...
Lo screening neonatale si effettua a partire da un prelievo di sangue dal tallone del neonato e consente di identificare precocemente alcune patologie.
Lo screening neonatale è un test biochimico (non invasivo) fondamentale per diagnosticare precocemente alcune patologie genetiche rare. Queste, senza un tempestivo intervento, possono causare al neonato ritardo mentale, disabilità gravi o, nel peggiore dei casi, morte precoce. Con qualche goccia di sangue prelevata dal tallone del piccolo e versata su un apposito cartoncino, invece, si può cambiare il corso degli eventi e impedire gli sviluppi peggiori.
Oltre a essere obbligatorio, è anche un diritto regolamentato per legge. Dal 1992 il test viene eseguito gratuitamente su tutti i neonati tra la 48esima e la 72esima ora di vita (Legge 104/1992, art.6).
Ma negli ultimi anni la medicina ha fatto notevoli passi avanti, fino alla messa a punto di un test esteso che permette l’identificazione di ben 40 malattie metaboliche congenite, quelle causate dall’assenza o dalla carenza di uno degli enzimi deputati alla produzione di energia nell’organismo. Per ciascuna di queste malattie esiste un trattamento terapeutico in grado di migliorare l’aspettativa e la qualità di vita. Tra queste c’è la galattosemia, l’aciduria malonica, il difetto di biotinidasi, il deficit del trasporto della carnitina.
Nel 2016 è entrata in vigore una legge che prevede che ogni neonato in Italia debba essere sottoposto gratuitamente a poche ore dalla nascita allo screening neonatale esteso (SNE) con lo stesso prelievo di sangue effettuato per lo screening neonatale classico. Oggi lo SNE non è disponibile in tutte le regioni, che però si stanno muovendo per adeguarsi alla normativa. Non è coperta l’intera penisola e ciò è senza dubbio un elemento di disparità. Ciò significa che non a tutte le mamme e tutti i neonati viene data la stessa possibilità di identificare certe malattie rare.
La prima regione a muoversi in questo senso è stata la Toscana. Abruzzo, Basilicata e Calabria mancano ancora all’appello.
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Con lo screening neonatale classico, disponibile in tutti gli ospedali d’Italia, si possono evidenziare in tempo la fenilchetonuria, l’ipotiroidismo congenito e la fibrosi cistica.
Come spiega l’Osservatorio Screening Neonatale qualora il test risultasse positivo i genitori verrebbero innanzitutto subito informati e invitati a procedere con ulteriori accertamenti, i cosiddetti test di conferma diagnostica. Si tratta di esami del sangue e delle urine o test genetici, utili a identificare, a seconda della patologia riscontrata, a quale Centro Clinico di Riferimento affidare il piccolo. Protocolli ancora più specifici si applicano in caso di neonati sottopeso o che necessitano di trasfusioni di sangue e altre terapie aggiuntive.
Sarà a quel punto che il Centro che si occuperà di trattare il neonato per la specifica patologia evidenziata dallo screening: potrebbe dunque iniziare una terapia farmacologica, enzimatica o vitaminica o un particolare trattamento dietetico.
Per esempio nel caso della fenilchetonuria, che come già ricordato comporta l’incapacità di metabolizzare l’amminoacido fenilalanina, si punta su una dieta povera di proteine e ricca di grassi insaturi e supplementi proteici.
Articolo originale pubblicato il 28 gennaio 2019
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