Si chiama Progetto Pilota di screening neonatale il virtuoso programma che mira a integrare, negli esami di routine fatti ai neonati, quelli necessari a individuare precocemente l’atrofia muscolare spinale (SMA). La SMA è una malattia rara caratterizzata dalla perdita progressiva o dalla mancata acquisizione delle abilità motorie, che colpisce i muscoli volontari. Una semplice puntura sul tallone, effettuata tra le 48 e le 72 ore di vita del neonato, può cambiare il corso di molte vite: non solo quelle dei bambini malati di SMA, tra i 40 e i 50 ogni anno solo in Italia, ma anche quelle delle loro famiglie che si ritrovano ad affrontare quello che spesso viene definito “un naufragio” dalla portata emotiva implacabile. L’individuazione della SMA tramite diagnosi tempestiva aiuta i dottori a trovare le terapie giuste tra quelle oggi disponibili, per provare a cambiare le stime di mortalità ad essa legate: questa malattia rappresenta infatti la principale causa genetica di morte infantile in assenza di trattamento farmacologico adeguato.

Il progetto di Screening Neonatale, nato grazie all’impegno dell’associazione fondata da Anita Pallara Famiglie SMA e al supporto non condizionato di aziende private, è a tutti gli effetti, un programma massivo di medicina preventiva, che, con un semplice prelievo di sangue dal tallone e tramite consenso informato (in diverse lingue) per la partecipazione da parte dei genitori, si effettua sul neonato. Ad esso si associano programmi come NewBorn SMA, atti a supportare su più fronti (non ultimi, economici e psicologici) le famiglie coinvolte.

Insieme alla dottoressa Federica Ricci, che fa parte del team di Neuropsichiatria Infantile del Dipartimento di Scienza della Sanità Pubblica e Pediatriche all’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino e collabora con FamiglieSMA, approfondiremo l’importanza di questo screening, in un viaggio nella scienza che ha permesso, negli ultimi 20 anni, di integrare terapie di grande impatto sull’incidenza di mortalità, oggi supporto imprescindibile per garantire le migliori condizioni di vita possibili ai pazienti malati di SMA.

Cos’è la SMA

Dottoressa Ricci, proviamo a spiegare cos’è la SMA a chi non ne ha mai sentito parlare: ci aiuta a darne una definizione?

“L’atrofia muscolare spinale è una malattia genetica che è causata da alcune ‘istruzioni’ errate nei nostri geni. Queste istruzioni fanno sì che nel corpo non venga prodotta una proteina, SMN (Survival Motor Neuron). La SMN è particolarmente importante per alcune cellule all’interno del midollo spinale, chiamate motoneuroni alfa, deputate a trasmettere ai muscoli i comandi elettrici che arrivano dal nostro cervello. E creare così movimento”

“Con la SMA la proteina è assente o carente: dunque l’insieme dei motoneuroni nel feto o nel neonato non può svilupparsi correttamente. Le singole cellule, se esistenti, degenerano, fino a che smettono di funzionare e il numero di motoneuroni si riduce drasticamente”

Cosa succede all’atto pratico a un malato di SMA?

“I muscoli, non ricevendo il corretto segnale per muoversi, diventano più piccoli (‘atrofia’ vuol dire proprio ‘riduzione di volume e di peso’) e il bambino non può esercitare la sua forza. La prima conseguenza è una grave debolezza dell’apparato muscolare. Il difetto muscolare fa sì che questi bimbi abbiano una ridotta capacità motoria: ricordiamoci inoltre che i muscoli non ci servono solo per camminare o stare in piedi, ma anche, ad esempio, per respirare e deglutire”.

Quanti tipi di SMA esistono

Quando si parla di SMA si pensa di parlare di una malattia con sintomatologia e decorso univoco, mentre in realtà ogni paziente ha una storia a sé stante che deve essere studiata e valutata il prima possibile.

Dottoressa, quanti tipi di SMA esistono?

“Di SMA esistono diverse forme: la SMA1 è la forma più severa. I bambini non acquisiscono mai la capacità di stare seduti da soli e nel giro di circa 2 anni i pazienti perdono la capacità di respirare da soli. Tra le forme un po’ meno severe ma ugualmente gravi ci sono la SMA2 e la SMA3: nel primo caso i pazienti riescono a stare seduti ma non a camminare; nella terza riescono a camminare autonomamente anche se con debolezza. Le diverse forme in cui si manifesta la SMA dipendono da diversi fattori, tra cui il numero di copie del gene SMN2, molto simile a SMN1 ma che normalmente produce solo una piccola quantità di proteina”.

La SMA di ieri e oggi

Parliamo della SMA ieri e oggi. Cosa è cambiato nell’approccio scientifico verso la malattia nell’ultimo ventennio, secondo lei che lavora con pazienti affetti da atrofia muscolare spinale da molti anni?

“Un ventennio fa la SMA era considerata una malattia invariabilmente mortale nella forma 1, o disabilitante nelle altre due forme. C’erano solo tre parole per descriverla: grave, cronica peggiorativa e incurabile. Così ci si approcciava alle SMA prima dell’avvento delle terapie. Poi sono cambiate tre cose, in modo parallelo: la ricerca è avanzata fino alla scoperta delle attuali terapie anche grazie alla collaborazione con le famiglie per definire gli obiettivi di cura, e renderli omogenei con quelli dei medici. È stato un percorso graduale e innovativo da entrambi i punti di vista. Questo poi ha portato al fatto che si sono creati modelli di lavoro multidisciplinari con diversi specialisti di riferimento, neurologo e pneumologo in particolare. Al centro di questo approccio non c’è più solo la sopravvivenza, ma anche la qualità della vita del bambino e della sua famiglia. Infine si è arrivati a un’evoluzione degli interventi conservativi, quelli di supporto alla respirazione e alla mobilità”.

Terapie per la SMA

Dottoressa Ricci, 20 anni fa le terapie per la SMA non esistevano e l’incidenza di mortalità dei piccoli pazienti era elevatissima. Oggi che diversi percorsi terapici sono possibili grazie alla ricerca, le stime sono cambiate in meglio. Ci spiega quali sono quelle a disposizione oggi?

“Al momento le terapie che abbiamo a disposizione sono tre. La prima  è una terapia di regolazione genetica, che lavora sull’mRNA e sul modo in cui arriva a produrre la proteina. Durante il trial, al confronto col placebo, si è vista una netta incidenza di sopravvivenza e possibilità motorie dei bambini malati. In Italia ora abbiamo alle spalle 7 anni di osservazione di questa terapia: sappiamo che i bambini, anche quelli affetti da SMA 1, hanno possibilità di sopravvivenza superiore, acquisiscono crescenti capacità motorie e, un piccolo gruppo, può anche camminare. Sui malati di SMA2 e 3 si è analizzato proporzionalmente lo stesso effetto. La terapia viene somministrata tramite puntura lombare con un protocollo di carico e poi ogni 4 mesi per tutta la vita”

“Dall’estate 2021 in Italia e poco prima negli Stati Uniti, è in uso anche la terapia genica. A differenza della prima non è disponibile per tutti i bambini, ma in Italia possono essere trattati con terapia genica solo i pazienti con alcune caratteristiche specifiche (sono pazienti con SMA 1 con peso inferiore ai 13,5 kg). Si inocula in un’unica somministrazione tramite vettore virale innocuo che va nei motoneuroni e ‘infetta’ le cellule correggendo il difetto genetico alla base delle SMA. Non va a modificare il genoma del paziente e neanche il suo DNA e può essere somministrato anche sotto i due mesi di vita”.

“Infine, la terapia orale: si tratta di un’altra terapia che modula l’mRNA e quindi la produzione di proteina. Si somministra sotto forma di sciroppo da assumere tutti i giorni. Disponibile per tutti, ma non sotto i due mesi di vita”.

Cos’è il Progetto Pilota di Screening Neonatale

Dottoressa, può spiegarci il valore della diagnosi neonatale su malattie come la SMA e come si effettua lo screening, all’atto pratico?

“Lo screening è importante proprio in relazione alla natura stessa malattia, essendo neurodegenerativa. Siamo davanti a un meccanismo per cui delle cellule che nascono funzionanti, poi, appunto, degenerano. Offrire tardi queste terapie vuol dire ottenere un risultato parziale, perché significa agire sui motoneuroni quando molti sono già stati persi. È dunque necessario partire il prima possibile individuando prima i pazienti affetti da SMA e poi partendo con la terapia adeguata”.

Le regioni italiane in cui lo screening neonatale è già attivo

Il progetto è partito inizialmente da Lazio e Toscana, regioni in cui sono presenti centri specializzati all’avanguardia per lo screening neonatale e si continuerà a somministrare il test grazie ai rispettivi Servizi Sanitari. Si è poi espanso nel 2021 anche in Liguria e Puglia, in Liguria col supporto non condizionato di Novartis Gene Therapies. In Europa progetti simili esistono solo in Germania e in Belgio: si auspica che, su base volontaria, sempre più ospedali in Italia e in Europa decidano di entrare a far parte del programma.

Screening Neonatale e SMA: un percorso che cammina in parallelo

Dottoressa Ricci, ci spiega in che modo la diagnosi neonatale può incidere sull’identificazione precoce dei pazienti?

“Parlando di SMA 1, quando ho iniziato a lavorare i bambini morivano entro i 3 anni di vita, e questa età media poteva solo essere allungata con supporti anche chirurgici per il respiro e la nutrizione. Adesso i bambini sottoposti alle terapie, anche quelli con SMA1, riescono nella maggior parte dei casi a sopravvivere. I decessi che ancora occorrono spesso avvengono per non corrette applicazioni degli standard di cura assistenziali da abbinare alle terapie esistenti”.

“Lo screening si applica su malattie testabili, per cui esistono delle terapie adeguate. Deve dare inoltre un vantaggio alle famiglie che sottopongono i loro bambini al test. La SMA risponde a questi requisiti, dunque lo screening per individuare la malattia è davvero fondamentale per avere un vantaggio e iniziare prima possibile terapie davvero efficaci”

Incidenza e possibilità di terapia SMA grazie allo screening neonatale

Come ha influito questa evoluzione scientifica e terapeutici che ci ha raccontato sul modo in cui la SMA viene trattata e anche comunicata oggi?

“Secondo la mia esperienza personale la comunicazione tra dottori e famiglie è radicalmente cambiata negli ultimi anni. Prima parlavamo di una malattia inevitabilmente grave e mortale mentre ora abbiamo delle terapie, dunque parliamo soprattutto di percorsi di cura”.

“Nella comunicazione mediatica invece è migliorata la divulgazione sulla malattia. Dal punto di vista scientifico è importante se i genitori sanno già di cosa si parla, hanno letto articoli sul tema. Vale anche se sono informazioni non proprio puntuali, perché si possono correggere grazie al confronto con il team che segue il bambino. Per non parlare dell’impatto di associazioni come Famiglie SMA, necessarie e importantissime per sensibilizzare e diffondere informazioni corrette”.

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