
Ormoni in gravidanza: quali sono e come modificano il corpo (e non solo)
In gravidanza cambia la produzione di ormoni: alcuni vengono prodotti per la prima volta, altri ...
La prolattina è l'ormone responsabile della produzione di latte materno. Alti valori di prolattina non in gravidanza possono essere causa di infertilità.
La prolattina è uno degli ormoni fondamentali durante la gravidanza e soprattutto dopo il parto, ma non solo. La sua produzione segue i normali ritmi circadiani (diminuisce durante il risposo e il sonno e aumenta nelle ore di attività e veglia) ed è influenzata anche dallo stress. Vediamo insieme come funziona, quando si produce e a cosa serve.
La prolattina è un ormone che viene prodotto dalla ghiandola dell’ipofisi, che si trova alla base del cranio. È “tipico” delle donne ma si trova in piccole quantità anche nel corpo dell’uomo. L’ormone della prolattina, com’è facilmente intuibile, serve in primo luogo alla produzione del latte materno dopo il parto e a preparare il seno per l’allattamento.
La prolattina è quindi l’ormone responsabile del mantenimento della produzione di latte materno e viene stimolata dalla suzione del neonato.
Svolge però un ruolo anche nella regolarità del ciclo mestruale: per questo motivo se le mestruazioni risultano particolarmente irregolari fino quasi a scomparire (amenorrea) si consiglia di effettuare un esame che misura anche la presenza di prolattina.
L’esame che misura la prolattina viene eseguito tramite un normale prelievo di sangue, e viene prescritto insieme all’indagine su altri ormoni legati al ciclo mestruale, come LH e FSH, progesterone e estradiolo.
In gravidanza cambia la produzione di ormoni: alcuni vengono prodotti per la prima volta, altri ...
Per misurare la concentrazione di prolattina nel sangue in alcuni casi il prelievo viene ripetuto a distanza di 20-30 minuti, una volta o anche più (la cosiddetta “curva della proloattina”). Si consiglia di presentarsi all’esame circa 3 ore dopo il risveglio, e per quanto possibile in condizioni di rilassamento. Lo stress infatti incide sulla produzione di prolattina e può quindi alterare i risultati. Anche per questo motivo spesso il prelievo viene ripetuto a distanza di qualche minuto.
I risultati dell’esame di laboratorio possono evidenziare una concentrazione di prolattina nel sangue: in questo caso si iperprolattinemia, una condizione che, se non viene curata in tempo, può essere causa di infertilità.
Se la prolattina è troppo alta può provocare infatti una diminuzione degli ormoni LH e FSH, incidendo quindi sull’ovulazione fino a impedirla e provocando quindi l’impossibilità di rimanere incinta. Se una donna non in gravidanza ha elevati picchi di prolattina può osservare delle anomale secrezioni dal seno: è sempre opportuno fare delle indagini per individuare il disturbo.
In alcuni casi un aumento della prolattina nel sangue è dovuto all’azione di farmaci, per questo è sempre opportuno individuare tempestivamente la causa scatenante per poter intervenire.
Può capitare infatti che la causa dell’aumento della prolattina non in gravidanza sia la spia della presenza del prolattinoma, un tumore benigno che interessa l’ipofisi.
Riassumendo, tra i sintomi dell’aumento della prolattina si trovano:
Valori bassi di prolattina nel sangue sono molto rari e non sono associati a particolari disturbi. Nell’uomo un aumento della presenza di prolattina è associato a ipogonadismo, cioè malfunzionamento delle ghiandole sessuali. Può provocare difficoltà di erezione e calo del desiderio.
Durante la gravidanza la produzione di prolattina, come quella degli altri ormoni, aumenta: può arrivare fino a 250 mcg/l poco prima del parto, si normalizza nelle successive settimane se la neomamma non allatta al seno, o nei successivi mesi se allatta.
L’aumento di prolattina durante la gravidanza impedisce l’ovulazione e, quindi, inibisce il ciclo mestruale che risulta sospeso nei 9 mesi di gestazione.
Come detto, dopo l’avvio dell’allattamento i livelli di prolattina si stabilizzano, fino a tornare ai livelli pre-gravidanza. Questo succede intorno ai 3 mesi dopo il parto nel caso si allatti il bambino al seno, o un paio di settimane dopo il parto se la neomamma non allatta.
Articolo originale pubblicato il 19 aprile 2019
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