Tra gli argomenti sui quali si concentra l’attenzione e il dibattito (spesso feroce e poco attento alla realtà dei fatti e alle sensibilità dei soggetti coinvolti) degli ultimi anni c’è quello della maternità surrogata. Una realtà articolata e complessa non solo dal punto di vista medico, ma anche (e forse soprattutto) da quello etico e legale.

Per questo motivo intorno alla gestazione per altri ci sono numerose controversie che la rendono una pratica discussa e vietata in molti Paesi.

A questo proposito facciamo una panoramica il più possibile completa su quello che è lo stato della maternità surrogata nel nostro Paese, nell’Unione Europea e nel resto del mondo.

Maternità surrogata: cos’è e cosa significa?

Per comprendere meglio le ragioni del dibattito intorno alla maternità surrogata partiamo da una definizione di questa pratica. Per farlo utilizziamo quella impiegata nel documento della Direzione generale delle politiche interne del Parlamento Europeo dal titolo “Il regime di maternità surrogata negli Stati membri dell’URE”. Qui la maternità surrogata viene definita come la “pratica in cui una donna intraprende una gravidanza con l’intento di affidare il nascituro a terzi all’atto della nascita”.

L’attenzione verso la definizione è tale per evitare fraintendimenti, specialmente nella riduzione della maternità surrogata a un fenomeno di mercificazione o coercizione delle donne che a essa ricorrono. Per quanto il rischio, come vedremo, è esistente, non è questo l’obiettivo per cui si ricorre e richiede la legittimazione di questa pratica.

Inoltre è doveroso chiarire anche come parlando di maternità surrogata si faccia riferimento a diverse pratiche, tutte riconducibili a una gravidanza intrapresa da una donna con l’intento di affidare il nascituro, all’atto della nascita, a terzi.

Esistono forme tradizionali e gestazionali di maternità surrogata. Le forme tradizionali sono quelle che prevedono l’utilizzo dell’ovulo della madre surrogata per il concepimento (e sono le forme utilizzate anche nell’antichità). Le forme gestazionali, invece, sono quelle che si avvalgono delle tecniche di fecondazione assistita (come la FIVET) per cui i gameti che porteranno alla formazione dell’embrione possono essere di individui diversi della donna nella quale verranno trasferiti per la gravidanza.

Il dibattito sulla maternità surrogata

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Fonte iStock

Oltre agli aspetti etici ci sono importanti problemi giuridici e legali intorno alla maternità surrogata, questo perché tradizionalmente la giurisprudenza riconosce alla donna che ha partorito il bambino il ruolo (con le relative tutele e responsabilità) di madre naturale. Con la possibilità (e la diffusione del fenomeno) di svincolare il profilo biologico del nascituro da quello della donna che consente e porta avanti la gravidanza la questione si complica, motivo per cui oggi la maternità surrogata è un argomento di grande dibattito.

La Corte Europea dei diritti dell’uomo, in riferimento a un parere consultivo rilasciato nell’aprile del 2019, ha stabilito che gli Stati membri dell’Unione Europa, seppur su un principio di diritto non vincolante, offrano la possibilità di un “riconoscimento dello status del genitore meramente intenzionale, secondo modalità discrezionalmente determinate dall’ordinamento interessato, purché rispettose dei requisiti di tempestività e effettività”. Questo prevedendo di fatto una rinuncia alla responsabilità genitoriale che non è legalmente possibile. O, almeno, per renderla tale necessita di una serie di importanti e profondi cambiamenti dell’ordinamento giuridico.

Tra gli altri aspetti su cui si muove il dibattito sulla maternità surrogata ci sono gli aspetti economici, etici e biologici. Una procedura di questo tipo comporta inevitabilmente dei costi, anche “solo” quelli legati ai controlli medici e alle tecniche di PMA, per un totale di circa 20-30mila euro. C’è chi riconosce in questa pratica anche il rischio di mercificare la procreazione e, parallelamente, correre il rischio di rendere la gravidanza una fonte di ricchezza per alcune donne, specialmente quelle dei Paesi economicamente più poveri.

Senza ignorare la questione legata al rendere il nascituro oggetto di un contratto di cessione, qualificandolo al pari di un bene materiale. Vanno inoltre considerati gli aspetti legati ai casi (non ipotetici ma reali e spesso saliti agli onori delle cronache) di bambini nati con la maternità surrogata e rifiutati dai genitori intenzionali a seguito della nascita di bambini con malformazioni genetiche o per altre ragioni.

La maternità surrogata in Italia

Nel nostro Paese c’è un divieto generalizzato nei confronti della maternità surrogata, che è considerata un reato e come tale condannato e perseguito penalmente. A stabilirlo è la Legge 40/2004 che all’articolo 12 comma 6 capo V dichiara che “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.

Resta aperto l’aspetto legato alla tutela dei diritti dei bambini concepiti all’estero tramite maternità surrogata e non riconosciuti nel nostro Paese. La Corte di Cassazione – Prima Sezione Civile con Ordinanza n. 8325/2020 ha discusso la questione sollecitando il legislatore in un intervento finalizzato alla salvaguardia degli interessi e dei diritti fondamentali dei bambini valutando la “trascrizione dell’atto di nascita legalmente costituito all’estero di un bambino nato mediante gestazione per altri nella parte in cui esso attesta la filiazione del genitore intenzionale non biologico”.

La maternità surrogata in Europa e nel mondo

Nel resto d’Europa la condanna della maternità surrogata è diffusa, ma non generalizzata, essendoci diversi Paesi che la prevedono e altri che hanno un approccio meno limitativo. La maternità surrogata è consentita in Albania (a pagamento e solamente per gli stranieri), in Georgia (a pagamento per le coppie eterosessuali, stranieri compresi), in Grecia (nella forma altruistica per le coppie eterosessuali e le madri singole, stranieri compresi), in Portogallo (nella forma altruistica a coppie eterosessuali con esigenze mediche), in Russia (a pagamento sia ai cittadini russi che agli stranieri), nel Regno Unito (nella forma altruistica ai cittadini britannici) e in Ucraina (a pagamento per le coppie eterosessuali sposate, stranieri compresi). Negli altri Paesi è vietata.

Discorso diverso nel resto del mondo dove, ovviamente, c’è una maggiore variabilità. La maternità surrogata è consentita in molti Stati degli Stati Uniti (sia nella forma altruistica che quella a pagamento), in Canada (la forma altruistica), in India (ma è vietata agli omosessuali, ai single stranieri e alle coppie provenienti da Paesi nei quali la pratica è proibita), in Sudafrica (a pagamento), in Brasile (solo se c’è un legame di parentela con uno dei membri della coppia), in Thailandia (solo per i cittadini), in Israele (anche per single, omosessuali e transessuali) e in Australia (solo nella forma altruistica).

Storie e testimonianze di madri surrogate

Sono diverse le storie e le testimonianze di madri surrogate che raccontano la loro esperienza aia favorevole che contraria. Qui non esprimiamo ovviamente giudizi e abbiamo deciso di riportare degli esempi per riferire le tante sfaccettature e gli aspetti di un fenomeno complesso che coinvolge elementi anche molto intimi e in alcuni casi imprevedibili.

La prima storia che vogliamo raccontare è quella di Kelly Martinez, madre di tre figli naturali e cinque tramite la maternità surrogata. Kelly Martinez riferisce che ogni gravidanza surrogata l’ha cambiata per sempre, ma non in meglio. Tra le vicissitudini più tristi e dolorose che l’hanno interessata c’è quella di una gravidanza surrogata offerta a una coppia spagnola. Tutto è andato bene, racconta la Martinez, fino al momento dell’ecografia morfologica. Quando la coppia ha scoperto che la gravidanza era di due maschi e non di un maschio e di una femmina come avevano voluto e per le quali avevano pagato, hanno iniziato a non farsi sentire più tanto che la madre surrogata si è sentita abbandonata e usata. Anche perché la coppia non avrebbe pagato completamente le spese mediche come previsto.

Di contro, invece, c’è la storia di Natasha, giovane donna ucraina sposata e madre di un figlio naturale e di diverse gravidanze surrogate. Dalle sue parole emerge un totale distacco e una completa serenità su quanto fatto, avendo vissuto l’esperienza della maternità surrogata come un aiuto verso coloro che altrimenti non avrebbero potuto avere figli. Non ricorda e non prova interesse né per il peso, il sesso o il nome dei bambini; quei figli non erano suoi e come tali non li considera. Sa di averlo fatto sia per aiutare gli altri che per il giusto contributo economico che riceverà, per il quale non pensa ci sia nulla di sbagliato o ragioni per cui vergognarsi.

Queste sono solo due storie, anche particolarmente opposte, che testimoniano come sia ampio il ventaglio di esperienze e vicissitudini che interessano le madri surrogate. Ci sono donne che fanno consapevolmente e liberamente questa scelta e altre che si ritrovano a nutrire legami e interessi per quei bambini che hanno cresciuto e partorito così come ci sono quelle che si ritrovano in criticità frutto di una realtà che vede coinvolte più persone e che spesso non ha un’uniformità internazionale di riconoscimento (o divieto) dal punto di vista legale.

Tra le storie più recenti (e che è stato anche uno dei motivi per cui è tornata l’attenzione sul tema della maternità surrogata) rientrano quelle delle madri surrogate che si trovano in Ucraina e che stanno affrontando tutte le criticità e le preoccupazioni legate alla guerra. Molti dei bambini nati durante le settimane del conflitto non riescono immediatamente a essere assegnati ai genitori intenzionali in quanto ci sono tutte le difficoltà logistiche nel raggiungere le cliniche. Inoltre, come raccontato da diversi quotidiani, molte madri surrogate si sono trovate (e si stanno trovando) di fronte al dilemma se rimanere nel loro Paese d’origine, dove magari si trova anche la propria famiglia, o fuggire anche con l’obiettivo di salvaguardare la gravidanza e assicurare ai genitori intenzionali di poter avere i figli che hanno richiesto, correndo però il rischio di non ottenere il riconoscimento perché questo dipende dal Paese nel quale avviene il parto.

Una realtà, quella della maternità surrogata, estremamente delicata e complessa che deve essere affrontata come tale superando le semplificazioni con le quali troppo spesso viene raccontata.

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