Durante la fase finale della gravidanza il corpo della donna e il bambino hanno bisogno di una preparazione graduale per quello che sarà il momento del parto. Le contrazioni uterine si fanno via via più intense e frequenti, per ammorbidire l’utero e preparare la donna alle spinte che consentiranno l’espulsione del bambino.

Tale preparazione non inizia nei momenti immediatamente precedenti il travaglio, ma prima: questa fase è comunemente nota come periodo prodromico o fase prodromica, cioè “di preparazione”.

Già nei mesi e nelle settimane che precedono la data del parto la donna avverte in diversi momenti la contrazione dell’utero, con le cosiddette contrazioni di Braxton-Hicks, che niente hanno a che fare con le contrazioni del parto. In questo periodo l’utero si rilassa e contrae sotto effetto degli ormoni, su tutti il progesterone, mentre il collo dell’utero si ammorbidisce per effetto delle prostaglandine, che lo preparano all’azione dell’ossitocina (l’ormone che invece regola il parto).

Con fase prodromica (o fase latente) si intende invece quell’insieme di situazioni e cambiamenti che annunciano l’inizio del travaglio e quindi l’imminenza del parto.

Come il corpo si prepara al travaglio e al parto

Durante la fase di transizione che precede l’arrivo del travaglio avvengono diversi cambiamenti nel corpo della donna: alcune settimane o giorni prima del parto si verifica innanzitutto la perdita del tappo mucoso, che aveva sino a quel momento sigillato l’utero. Nessuna paura: anche dopo la perdita del tappo (che alcune donne riconoscono, altre no) l’utero è ben protetto dagli agenti esterni.

Sempre nel periodo prodromico del parto il feto inizia a impegnare il canale del parto con la testa, ponendosi cioè in posizione cefalica, indispensabile per il parto naturale attraverso il canale vaginale. La fuoriuscita del bambino è più facilitata e molto meno rischiosa se si presenta in posizione cefalica.

Alcuni iniziano a “girarsi” già intorno al settimo o ottavo mese di gravidanza, altri invece sono un po’ più “pigri” e rimangono in posizione podalica fino all’ultimo momento, o quasi. Se il feto si trova ancora in posizione podalica al momento del parto è quasi sempre necessario effettuare un taglio cesareo per evitare complicazioni.

Durante il periodo prodromico, ma nella fase immediatamente precedente il travaglio vero e proprio, si verifica la rottura delle acque, che segnala il momento in cui recarsi in ospedale.

Cosa succede durante il periodo prodromico?

Il periodo prodromico in sé è quello che annuncia l’inizio del travaglio, e si conclude nel momento in cui la cervice risulta dilatata di almeno 3 centimetri: a quel punto la donna entra nella fase attiva del travaglio.

La fase prodromica non è uguale per tutte le donne, ovviamente: può essere più o meno lunga (in genere dura 8-12 ore) e dipende ad esempio dal fatto che la donna sia o meno alla sua prima gravidanza. Se la donna ha già avuto parti precedenti la durata media della fase prodromica risulta nettamente inferiore, ed è pari a 4-6 ore.

I sintomi del periodo prodromico

Durante la fase prodromica o latente si può verificare la rottura delle acque: a differenza della perdita del tappo mucoso la rottura delle acque si riconosce facilmente per la grande quantità di liquido che fuoriesce. Quando le acque si rompono è opportuno recarsi in ospedale, perché l’ambiente uterino non è più protetto ed è soggetto all’intrusione di microrganismi potenzialmente pericolosi.

Particolare attenzione va poi posta al colore del liquido: se è tinto, cioè di colore rossastro oppure striato di verde, bisogna immediatamente rivolgersi a un medico, poiché potrebbe essere il segnale di sofferenza fetale o di complicazioni in atto.

Durante il periodo prodromico si avvertono poi le prime vere contrazioni del travaglio: a differenza delle contrazioni preparatorie di Braxton-Hicks le contrazioni del parto sono molto dolorose, sono sempre più ravvicinate e regolari: in questo articolo abbiamo spiegato come distinguere le “false” contrazioni da quelle vere.

Se il periodo preparatorio alla fase attiva dura diverse ore (è il caso delle donne al primo figlio) si parla di fase latente prolungata: in questo caso il medico può suggerire la somministrazione di ossitocina per indurre il parto e evitare l’insorgere di complicazioni.

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