Il travaglio, il processo tramite il quale il feto e la placenta vengono espulsi dall’utero attraverso la vagina, è un’attività che viene comunemente suddivisa in tre fasi (stadi). Questa classificazione viene utilizzata per monitorare l’evoluzione del travaglio e individuare eventuali anomalie o complicazioni contro cui intervenire.

Conosciamo meglio i tre stadi del travaglio, in particolare la fase latente e la fase attiva, andando a individuare cosa accade in questi momenti e cosa aspettarsi durante ciascuno di essi.

Quali sono le fasi del travaglio e del parto?

Il Manuale MSD spiega come il primo stadio si ha dall’inizio del travaglio fino alla completa dilatazione cervicale (di circa 10 centimetri). Il secondo stadio è il periodo che va dalla completa dilatazione cervicale fino all’espulsione del feto, mentre il terzo stadio inizia con la nascita del bambino e termina con l’espulsione della placenta. A sua volta il primo stadio prevede due fasi: una fase latente del travaglio e una fase attiva.

Cosa succede nella fase latente del travaglio?

La fase latente del primo stadio del travaglio inizia, come riportato in questo studio, quando le contrazioni diventano forti e regolari (una ogni 3-5 minuti). Questa è una fase preparatoria nella quale avvengono grandi cambiamenti biochimici e strutturali durante la quale la dilatazione cervicale avviene molto lentamente.

La fase latente viene definita come quella nella quale la dilatazione cervicale va da 0 a 6 centimetri, mentre la fase attiva è quella che va da 6 a 10 centimetri circa. Durante la fase latente del travaglio inizia il processo di inserimento nella pelvi anche della parte fetale. Questa fase può durare diverse ore e mediamente si stima che la cervice si dilata a una velocità di 1.2-1.5 centimetri all’ora. v

Le donne che hanno avuto già una gravidanza tendono ad avere una dilatazione cervicale più rapida. In assenza di cambiamenti cervicali per più di 4 ore in presenza di contrazioni o per più di 6 ore senza contrazioni si valuta un intervento clinico per l’arresto del travaglio.

Il ricorso all’analgesia epidurale, come evidenziato da uno studio pubblicato dall’American Journal of Obstetrics & Gynecology (AJOG), potrebbe prolungare la durata della fase latente, motivo per cui spesso si tende a rimandarla fino all’inizio della fase attiva anche se la necessità di ottenere sollievo dal dolore della partoriente è un motivo sufficiente per procede con l’analgesia.

I sintomi della fase latente

Il periodo della fase latente del primo stadio del travaglio, riferisce l’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI), è caratterizzato da contrazioni uterine dolorose. Se non è già avvenuto in precedenza durante questa fase si può sperimentare la perdita del tappo mucoso e la rottura delle membrane.

Cosa fare in questa fase?

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Fonte: iStock

La durata della fase latente può risultare frustrante e scoraggiante, soprattutto per le donne al primo parto. Il consiglio è quello di arrivarvi preparate (e anche a questo servono i corsi preparto) sapendo applicare le diverse strategie di gestione del dolore, anche quelle come il camminare, l’idratarsi, il mangiare e il riposare che possono essere svolte a casa prima di recarsi in ospedale o nel centro nascita. Andare troppo tempestivamente in ospedale potrebbe avere l’effetto controproducente di aumentare l’ansia, la preoccupazione e la stanchezza.

A tale scopo si rivelano utili gli esercizi di respirazione, l’uso di acqua calda (bagno e doccia) e i metodi di distrazione (leggere, ascoltare musica, guardare la TV) che contribuiscono a ridurre la percezione del colore. Parallelamente il sostegno emotivo e psicologico e la vicinanza di una persona di fiducia sono tra i metodi più efficaci contro l’ansia tipica di questa fase.

Il National Health Service (NHS) raccomanda di avere a disposizione cibo e bevande per rimanere idratate e pronte per le fasi successive del travaglio. Se la fase latente si verifica di notte è consigliato, laddove possibile, di rilassarsi, mantenere una posizione comoda e dormire. Se avviene di giorno, invece, può essere utile stare in posizione eretta e muoversi in modo da favorire la discesa del feto e la dilatazione della cervice. La posizione eretta e la deambulazione, infatti, abbreviano il primo stadio del travaglio e riducono il tasso di ricorso al parto cesareo.

Come prepararsi per le fasi successive

Dopo la fase latente vi è la cosiddetta fase attiva, durante la quale la dilatazione è minore rispetto a quella verificatasi precedentemente ma più rapida, alla quale segue la seconda fase del travaglio con una fase di divisione pelvica. Terminata questa fase del primo stadio del travaglio, si può andare (senza fretta) in ospedale e qui, ogni 2-3 ore, viene eseguito un esame pelvico per valutare la progressione del travaglio.

Quindi, se non si sono rotte spontaneamente, il medico può praticare la rottura artificiale delle membrane (amnioressi) che può accelerare la progressione del travaglio. In questa fase le partorienti possono iniziare ad avvertire la sensazione di spingere, ma è consigliato attendere la completa dilatazione della cervice per non sprecare energie fondamentali nelle fasi successive.

La fase successiva, il secondo stadio del travaglio, dura generalmente un’ora (o di più se si è fatto ricorso all’analgesia) ed è questo il momento in cui parallelamente alle contrazioni uterine le donne sono invitate a spingere con forza verso il basso. In questa fase si rivelano utili il massaggio perineale e gli impacchi caldi che riducono il tasso di lacerazioni.

L’ultima fase dura generalmente pochi minuti (fino a un massimo di mezz’ora) e prevede la completa espulsione della placenta dopo la nascita del bambino.

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