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Come stanno vivendo le donne in gravidanza la pandemia da Coronavirus? Quali le loro maggiori ansie e preoccupazioni? Uno studio ha indagato questo fenomeno, individuando precise criticità.
L’emergenza coronavirus ha creato una contingenza sanitaria, nonché socio-economica, straordinaria.
In questo contesto sono venute meno certezze consolidate che hanno minato l’economia mondiale e gli stessi pilastri su cui si reggono la società, le famiglie e, va da sé, gli equilibri delle singole persone, con pesanti ripercussioni economiche ma anche, in maniera più o meno evidente, inerenti l’aspetto psicologico.
La salute mentale in tempi di coronavirus è fortemente a rischio e, a tal proposito, l’Associazione di Volontariato Mammachemamme, con il patrocinio del MIPPE (Movimento Italiano Psicologia Perinatale), ha condotto uno studio sulle emozioni (SEG-Covid19) e sullo stato mentale delle donne in gravidanza in questo periodo di diffusione del coronavirus, di cui di seguito riportiamo i risultati preliminari.
Lo studio dell’Associazione di Volontariato Mammachemamme parte dalla consapevolezza di come la gravidanza sia un periodo già di suo fonte di ansia e stress per alcune donne e, per tutte, un momento emotivamente intenso su più livelli. Queste condizioni solitamente sono influenzate dal livello sociale, le condizioni economiche, la presenza di altri figli e ora anche la percezione del pericolo sul Covid-19.
L’ansia in gravidanza, del resto, è un aspetto molto delicato in quanto incide non solo sulla serenità e stabilità della mamma, ma anche sulla crescita del bambino. Questi, già all’interno del grembo materno, percepisce le tensioni e viene costantemente influenzato da queste emozioni negative.
L’indagine (il primo studio italiano sulle conseguenze della diffusione del Coronavirus nelle donne in gravidanza) è stata condotta a partire dal 14 marzo scorso. Il campione che ha aderito, compilando il questionario, è costituito da più di 1200 donne equamente distribuite nelle regioni italiane e con un’età media di 32 anni. L’età media di gestazione è quella della ventiseiesima settimana e queste le caratteristiche emerse:
Come indicato sul sito stesso, il questionario sottoposto alle donne in dolce attesa e articolato in diverse sezioni, mira a “conoscere le emozioni, i pensieri e i comportamenti che stanno accompagnando la sua gravidanza in questo momento storico”.
Dopo le prime domande statistiche (età, titolo di studio, regione di provenienza, settimana di gravidanza, eccetera), il questionario chiede alla donna di indicare, su una scala likert, “l’intensità della loro preoccupazione riguardo l’impatto del Coronavirus sulla loro salute, sull’andamento della gravidanza, sui figli, i loro parenti, il lavoro e il futuro in generale della società”. Questo per valutare i livelli di ansia e depressione.
L’attaccamento prenatale, invece, “ovvero l’insieme di pensieri che la futura madre ha nei confronti del proprio feto e che aumentano di intensità con l’andamento della gravidanza” è stato misurato utilizzando la Prenatal Attachment Interview.
I dati raccolti sono stati poi inseriti in un modello di regressione che permette di misurare la loro incidenza su depressione, attaccamento prenatale e ansia.
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I primi risultati confermano come i livelli di ansia e di depressione siano ampiamente superiori a quelli abituali.
“I livelli di ansia di stato, depressione e l’attaccamento prenatale delle donne in gravidanza sono influenzati da tre variabili: la percezione di pericolo legato al Coronavirus, lo stato economico della famiglia e la presenza di altri figli. Nello specifico, l’alta percezione di pericolo per la diffusione del virus, le difficoltà economiche e la presenza di altri figli in famiglia, sono tutti fattori che aumentano lo stato di ansia e depressione delle gestanti, influenzando l’attaccamento prenatale”
L’attaccamento prenatale è quindi inversamente proporzionale alla crescita dell’ansia. L’attaccamento, infatti, “risultava più basso nelle donne con più alto stato di ansia”. Lo studio condotto corrobora le ricerche svolte negli ultimi anni sul legame tra l’ambiente e le modalità di sviluppo di un organismo. Le ricerche sulla placenta, il sangue materno e sul cordone ombelicale evidenziano come lo stress della mamma crea modificazioni biochimiche nelle cellule che alterano l’espressione di alcuni geni del bambino.
Questo dimostra, ancora una volta, l’importanza di supportare, assistere e sostenere, le donne che aspettano un bambino. Tale attenzione deve essere maggiore in questo periodo storico, dove la tensione per la diffusione della pandemia è ancora alto. L’attenzione dovrà rimanere costante anche quando si abbasseranno i livelli di guardia, per garantire sempre alle donne di vivere la gravidanza in maniera sana, stabile e rassicurante.
Oltre alle raccomandazioni per il parto è fondamentale un supporto psicologico tale da non far sentire sola e abbandonata la donna. Tale condizione mira a proteggere non solo il bambino, ma anche la mamma e l’intero nucleo familiare. La gravidanza, infatti, non è solo il momento del parto, ma anche e soprattutto i mesi che lo precedono. L’isolamento della quarantena, la riduzione (o l’annullamento) dei contatti fisici a seguito delle misure restrittive e il costante stato di tensione e incertezza che stiamo vivendo a causa del coronavirus ha un’incidenza maggiore sulla salute mentale delle donne che, quindi, necessitano di programmi di prevenzione e supporto adeguati.
Articolo originale pubblicato il 22 aprile 2020
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