Per un presunto scambio di provette avvenuto nel 2000, una coppia bianca si è ritrovata con due gemelli di carnagione scura. Un caso di fecondazione assistita, realizzato quattro anni fa, presso il Centro di riproduzione medicalmente assistita del Policlinico di Modena, ma giunto alla ribalta della cronaca solo in queste ore, allorquando la famiglia italiana si è decisa a presentare una richiesta di risarcimento all’azienda ospedaliera modenese.

I genitori, per realizzare il sogno di avere un figlio, si erano rivolti al centro pubblico di Modena, affrontando il “viaggio della speranza” da una regione del Sud. Uno scherzo del destino ha voluto che il giorno in cui i due coniugi si sono recati in ambulatorio per l’impianto, i loro embrioni, ottenuti utilizzando i gameti di entrambi (quindi una fecondazione omologa), sarebbero andati ad una coppia di colore con uguali problemi di sterilità. E viceversa.

I medici comunque non si erano accorti dell’errore e quando è arrivata la denuncia la Clinica ha avviato un’indagine interna. “Quando abbiamo saputo, ci siamo precipitati a recuperare le cartelle cliniche – spiega il responsabile del centro Annibale Volpe – ed è subito venuto fuori che quel giorno avevamo fatto tre interventi. Due su coppie italiane, il terzo su una coppia di nordafricani“. Una conferma per il professore, che già ora è convinto di aver capito qual è stato l’errore della sua equipe, tre medici, due biologi e un’ostetrica.

Normalmente trattiamo una sola coppia al giorno. Preleviamo l’ovulo giunto a maturazione, lo buchiamo e inseriamo lo spermatozoo. Tre giorni dopo trasferiamo l’embrione nell’utero della donna“. Ma a volte le procedure saltano perchè la natura fa di testa sua, spiega Volpe. “I tempi di maturazione degli ovuli femminili sono diversi. Quel giorno dall’ecografia si capì che erano pronte le uova delle donne di tre coppie. E così facemmo tre interventi. Usiamo procedure puntualissime, ma evidentemente una pipetta “sporca”, già usata una volta, non fu buttata via. L’abbiamo utilizzata una seconda volta e dentro dovevano essere rimasti alcuni spermatozoi della coppia precedente“.

Un’altra spiegazione, fa capire il professore, è praticamente impossibile. Le procedure d’intervento sono molto rigide, “una quindicina di pagine di regole“, spiega Volpe. Ciascuna provetta porta il nome dell’uomo e della donna che sono alla ricerca di un bambino, i tappi usati sono di un colore diverso per le coppie trattate. E in ogni fase del prelievo e del trasferimento del materiale genetico il medico interroga la coppia per farsi confermare l’identità corretta, anche quando la conosce personalmente da molto tempo.

Se confermato, l’episodio sarebbe il primo caso in Italia. Nel mondo sono noti due precedenti, sicuramente uno negli Usa e uno in Inghilterra. Nel 1998, nel New Jersey, una donna bianca partorisce un bimbo nero e uno bianco. Due anni fa è di nuovo il colore della pelle a far supporre, stavolta a Londra, uno scambio di provette. Una mamma bianca mette al mondo due gemellini neri.

I tecnici però invitano a non criminalizzare i centri della fecondazione artificiale, a non servirsi di questi incidenti per gettare fango sull’intero settore, perennemente sotto accusa. Da Bologna il professor Carlo Flamigni, presidente della Sifes, Società italiana fertilità e sterilità, difende i colleghi autori dell’eventuale svista: “L’errore è da mettere in conto, non griderei allo scandalo. Quando una tecnica, ormai perfezionata, diventa routinaria è logico aspettarsi un abbassamento di attenzione. È il rischio del lavoro quotidiano non solo dei medici, ma di ogni altro professionista. Il problema è mantenere molto bassa la percentuale di errore“.

Di parere opposto il ministro della Salute Sirchia, che sembra non concedere molte attenuanti ai responsabili del grave errore: “Gli errori si possono prevenire con programmi di assicurazione della qualità. Le Regioni dovranno averli pronti entro il 10 dicembre, con il supporto dei nostri tecnici. Ci sono state diverse riunioni. È evidente che non si può perdere tempo, nell’interesse di tutti“. Secondo Sirchia la nuova legge sulla fecondazione artificiale, in vigore da febbraio, garantirà comunque una maggiore sicurezza nei centri perchè le Regioni dovranno autorizzare e vigilare: “La mancanza di regole ha favorito incidenti di questo genere. C’è chi ha interesse che si torni allo stato precedente“.

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