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Il carcinoma cervicale è stato il primo cancro riconosciuto dall'OMS come riconducibile a un'infezione virale, quella da HPV (papilloma virus): è il terzo cancro più frequente nella popolazione mondiale femminile, il quarto per mortalità.
Il Papillomavirus umano (HPV) è responsabile della più comune infezione trasmessa sessualmente e ne esistono oltre 100 genotipi riconosciuti, classificati in base al tipo di tessuto che possono infettare.
Le conseguenze del contagio dal virus nella maggior parte dei casi non sono gravi e si manifestano ad esempio con verruche cutanee o con la formazione di tumori benigni come i condilomi, piccole escrescenze che possono comparire sugli organi genitali.
Ci sono però alcuni genotipi del papillomavirus particolarmente aggressivi, circa 40, che possono evolversi nella formazione di tumori maligni, su tutti il tumore al collo dell’utero, ma anche del retto, del cavo orale e di altre aree del corpo.
Se in molti casi l’infezione da papillomavirus non provoca danni irreversibili ed è asintomatica, oppure può provocare fastidio o dolore localizzato nel caso si sviluppino verruche o condilomi, che possono essere osservabili anche a occhio nudo.
Nel caso in cui il papillomavirus porti a sviluppare un carcinoma cervicale, il primo riconosciuto dall’OMS come ricondotto ad un’infezione di tipo virale, la diagnosi dev’essere tempestiva. Il tumore al collo dell’utero è infatti il terzo nel mondo con l’incidenza più alta tra le donne, dopo il tumore al seno e al colon retto. Si trova poi al quarto posto per mortalità (dopo il tumore al seno, al polmone e al colon retto).
In Italia la situazione è meno grave, e il tumore al collo dell’utero si trova al 16esimo posto per incidenza e per mortalità. Un abbassamento del rischio possibile grazie alle attività di screening e alla sensibilizzazione circa l’importanza della prevenzione dell’infezione del virus. Nel 95% dei casi il tumore al collo dell’utero è dato proprio dal contagio da HPV.
A definire i rischi dell’infezione da papillomavirus è anche il Ministero della Salute, che spiega:
L’infezione da papillomavirus (HPV – Human Papilloma Virus) è in assoluto la più frequente infezione sessualmente trasmessa; l’assenza di sintomi ne favorisce la diffusione poiché la maggior parte degli individui affetti non è a conoscenza del processo infettivo in corso. L’infezione da HPV è più frequente nella popolazione femminile. Esistono circa 100 tipi di papillomavirus differenziati in base al genoma. Alcuni sono responsabili di lesioni benigne come i condilomi (specie tipo 6 e 11), altri sono in grado di produrre lesioni pre-invasive (displasie) ed invasive, cioè il tumore della cervice uterina (specie tipo 16 e 18). Generalmente il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza delle lesioni precancerose è di circa 5 anni, mentre la latenza per l’insorgenza del carcinoma cervicale può essere di decenni. Il tumore della cervice uterina (collo dell’utero) è stata la prima neoplasia ad essere riconosciuta dall’Organizzazione mondiale della sanità come totalmente riconducibile ad una infezione: essa è infatti causata nel 95% dei casi da una infezione genitale da HPV. In Italia vengono diagnosticati ogni anno circa 3.500 nuovi casi di carcinoma della cervice uterina e oltre 1.500 donne muoiono a causa di questo tumore. Per questo è importante mettere in atto misure preventive, basate su programmi di screening, che consentano di identificare le lesioni precancerose e di intervenire prima che evolvano in carcinoma.
Come anticipato, il contagio da HPV è particolarmente diffuso: si stima che oltre il 10% della popolazione abbia contratto il virus nella propria vita. Quasi sempre l’infezione viene debellata in modo naturale dall’organismo, senza provocare danni e senza che la persona infetta si accorga di avere contratto il virus. In alcuni casi invece l’infezione può evolversi e diventare cronica: si stima avvenga in circa il 10% dei casi di contagio femminile, con una latenza che può durare da 5 a 15 anni prima di trasformarsi in una lesione tumorale.
I sintomi che possono rappresentare il segnale di un’infezione uterina in corso sono sanguinamento vaginale, dolore durante i rapporti sessuali, dolore lombare e dolore durante la minzione. Nel caso in cui si osservassero tali sintomi è bene informare il proprio medico.
Il papillomavirus viene diagnosticato tramite Pap-test e colposcopia, che consentono di individuare l’eventuale presenza di lesioni precancerose e quindi analizzarle. Il Pap-test consiste nell’osservazione della cervice uterina e nel prelievo di alcune cellule epiteliali: qualora l’esame riportasse esito positivo si può approfondire la situazione tramite una colposcopia, che può essere accompagnata da una biopsia.
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L’esecuzione del Pap-test (gratuito ogni tre anni per tutte le donne tra i 25 e i 65 anni) consente di abbattere l’incidenza e quindi la mortalità per il tumore al collo dell’utero.
Oltre ai programmi di screening fondamentali per individuare tempestivamente eventuali anomalie da alcuni anni è disponibile anche il vaccino per il papillomavirus, rivolto principalmente agli adolescenti.
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