Anonimo

chiede:

Gentilissimo Dott.re,
scrivo perché io e mio marito ci troviamo in un brutto periodo della
nostra vita di coppia. Cinque anni fa abbiamo scoperto che lui è
azoospermico (secretivo). Nel 2009 mio marito si è sottoposto ad un
intervanto di TESE, dove sono stati prelevati e crioconservati degli
spermatozoi, che bastavano però a fare solo un tentativo di icsi, perché
il materiale trovato era veramente poco.
A giugno di quest’anno affronto l’iter per l’icsi. Però arrivo sino a
prelievo degli ovociti. Al momento dello scongelamento, gli spermatozoi
non sono sopravvissuti. alla notizia vengo assalita da una crisi di
disperazione profonda. È come se mi avessero strappato il cuore dal
petto. In quel momento mio marito mi ha aiutato a reagire, ma pochi giorni
dopo il verdetto è lui a cadere in depressione. Si sente un fallito. Mi ha
allontanato chiedendomi di lasciarlo solo ed io l’ho accontentato
trasferendomi per un po’ di tempo da mia madre. Dopo di che siamo tornati a
vivere insieme e lui mi ha richiesto del tempo per stare solo. Da giugno
si è comportato veramente male nei miei confronti. Stava il più lontano
possibile da me, era sempre al cellulare con amici e colleghi. Non stava
mai a casa. Tant’è che agli occhi dei parenti appariva come uno che avesse
l’amante! Anche dal lato sessuale non c’è alcun interesse da parte
sua… non mi cerca più. Non riesce ad affrontare la situazione nè con me
nè con l’aiuto di uno psicologo. È come se la sofferenza per questa
storia l’abbia vissuta solamente lui.
Siamo a novembre ed io sto iniziando a stancarmi. Non mi sento più moglie
nè donna. Mi sento veramente sola, perché lui non sta molto tempo con me.
Trascorre molto tempo in palestra. Come mi devo comportare??? Mi aiuti…

Carissima, comprendo il suo stato d’animo in questo difficilissimo passaggio
che lei sta affrontando sia individualmente che come componente della diade.
Certamente la sofferenza che sta provando non è paragonabile
qualitativamente a quella che sta vivendo il suo compagno. Ciò non vuol
significare che lei soffra meno di lui, ma soffre per altri aspetti. È importante che lei sappia cosa possa significare per l’autostima di un uomo
la “tara” (mi passi il termine) di non poter generare: si sovrappongono alla
infertilità altri significati molto legati alla sessualità, visto che si
passa di lì per il concepimento naturale. Può quindi immaginare quali
pensieri potrebbe “ruminare” suo marito nell’ipotetico atto sessuale con
lei. Detto questo e sottolineato il fatto che lei non è, come non lo è suo
marito, la causa di tali problemi ma ne siete la vittime, la invito a
considerare altri aspetti centrali nel vostro rapporto. Mi riferisco a cosa
vuol fare lei del suo matrimonio: accettare l’infertilità del suo coniuge ed
in seconda analisi l’impossibilità per la coppia di generare un figlio con
il vostro patrimonio genetico, tentare altri prelievi ammesso che sia ancora
possibile, tentare altre strade che la medicina offre per favorire il
concepimento, pensare all’adozione. Tutte queste alternative non sono mere
opportunità per avere un figlio, o meglio lo sono, ma sono scelte che vanno
fatte insieme dopo aver capito se la coppia ha forza sufficiente a
sostenere questo travaglio. Quello che le suggerisco è un confronto aperto
con se stessa per capire se è in grado sostenere la possibilità che non sia
possibile generare un figlio con il patrimonio genetico di suo marito e di
conseguenza utilizzarne altro, o adottare un bambino. Lo stesso ragionamento
vale anche per suo marito che non è uno spettatore ma insieme a lei attore
protagonista. Chiariti questi aspetti, dovreste confrontarvi e prendere una
decisione, la vostra, che sarà la più giusta.
Sarà pur vero che tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare, ma affrontata
la traversata nel mare dell’incertezza, l’approdo certamente sarà sicuro.
E sarà certamente più sicuro se vi farete sostenere da uno psicologo lungo
questa difficile traversata.
Rimango a sua disposizione! Cordialità.

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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