Anonimo

chiede:

Gentili Dottori,
mi rivolgo a Voi perché trovandomi per ora a vivere in Germania, non
sempre sono sicura di una piena comunicazione coi medici tedeschi e che la
loro prassi sia la stessa di quella italiana.
Ho 38 anni (a ottobre 39) e da quest’anno io e mio marito abbiamo cercato
di aver un bambino (il mio gruppo sanguigno è A+ e il suo O+): invece, in
febbraio la mia prima gravidanza si é conclusa con un aborto spontaneo
alla sesta settimana (senza bisogno di raschiamento), e la seconda con un
aborto interno che ha richiesto il raschiamento pochi giorni fa. Era la
nona settimana: alla settima, il 22 agosto, eravamo andati
precipitosamente al controllo per una piccola emorragia dopo un rapporto
sessuale, e l’embrione misurava solo 2,2 mm. Io ero molto spaventata,
rendendomi conto che era molto piccolo, ma il ginecologo mi ha
rassicurata: infatti quattro giorni dopo era cresciuto a 3,3 mm. ed era
presente il battito cardiaco. La diagnosi è stata che fosse stato
concepito un paio di settimane dopo il previsto, fatto che – calendario
alla mano – pur non essendo impossibile, mi ha stupito. Invece, al
controllo successivo, il 5 settembre, l’embrione era 11 mm. ma il cuore
non batteva più, e il 7 settembre le sue misure erano anzi regredite a 7,4
mm., benché io non avessi avuto assolutamente alcun disturbo, né alcuna
variazione nei sintomi della gravidanza (nausea, turgore al seno), se non
un’infinitesimale perdita marroncina qualche giorno prima (veramente solo
una o due gocce). Qui non si usa abitudinariamente il controllo della
bhcg, di cui quindi non conosco i valori (nella prima gravidanza
risultarono molto bassi, ma furono verificati in ospedale proprio nei due
giorni dell’aborto).
Data la drammaticità psicologica per me dei due eventi, io e mio marito
non intendiamo ritentare senza aver fatto gli esami cromosomici di cui ci
hanno parlato qui i ginecologi senza molta convinzione, sostenendo che
nella maggior parte dei casi non si rileva niente di significativo, che se
fra noi ci fosse un’incompatibilità le gravidanze non avrebbero potuto
proseguire se non pochissimi giorni, e che due aborti consecutivi non sono
fuori della regola. L’atteggiamento dei medici qui mi pare improntato ad
estremo fatalismo e alla logica del “lasciamo fare alla natura”, senza
tener molto conto delle sofferenze che ciò può provocare nelle pazienti.
Le mie domande sono dunque:
1) davvero non è patologica la mia situazione?
2) quali esami occorre fare?
3) la mia nonna paterna e sua sorella ebbero un numero altissimo di aborti
(6 o 7 riconosciuti) prima di poter portare a termine una gravidanza, ma
ai primi del ‘900 non c’erano i mezzi per fare indagini. Nel mio caso, può
dunque essere un fattore ereditario?
Vi ringrazio infinitamente per la cortese attenzione.
saluti

Cara Maria,
è vero purtroppo che nel destino di ogni donna c’è un certo numero di aborti. Io però personalmente ritengo opportuno già dopo il primo aborto, di eseguire opportune indagini, proprio per evitare, per quanto possibile, ulteriori esperienze abortive.
In linea d massima deve eseguire: ecografia transvaginale di alto livello, colposcopia e tamponi vaginali completi, indagini microbiologiche, autoimmunitarie, emocoagulative, eventuale mappa cromosomica sua e di suo marito.
Un saluto

* Il consulto online è puramente orientativo e non sostituisce in alcun modo il parere del medico curante o dello specialista di riferimento

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